37 anni dopo, l’Italia ritrova un giocatore al terzo turno di Parigi per quattro anni di fila. Ma Fabio non si accontenta: vuole entrare tra i top 10. E l’ultimo a riuscirci fu proprio Corrado.
Fabio Fognini è sicuro: "Sento di valere un posto tra i primi 10"
Di Riccardo Bisti – 31 maggio 2013
Fabio Fognini come Corrado Barazzutti. L’attuale capitano di Davis e Fed Cup raggiunse (almeno) il terzo turno al Roland Garros per quattro anni di fila. 37 anni dopo Fabio lo ha emulato, anche se la gioia è un po’ strozzata dal prossimo impegno. Salvo miracoli di Martin Klizan, Fabio sfiderà Rafael Nadal sul Campo Chatrier, lo stesso dove tre anni fece imbufalire i francesi nel match a intermittenza contro Gael Monfils. Affrontare Nadal al Roland Garros è peggio che scalare l’Everest senza bombole di ossigeno. Fabio dovrà travestirsi da Reinhold Messner e tentare la più impossibile delle imprese. Il record di Nadal a Parigi è il migliore di sempre, almeno nell’Era Open: 53 vittorie e una sola sconfitta, con una percentuale superiore al 98%. Ma anche Fabio gioca bene al Roland Garros, e lo ha dimostrato sul Campo 3 contro Lukas Rosol, avversario ostico perché imprevedibile e un po’ folle. Alla vigilia, avevamo parlato di una prova di maturità: vero, perché Rosol è attaccabile sul piano mentale ancor più che su quello tecnico. Fognini ha giocato un match maturo, sfruttando a suo favore gli alti e bassi di un pomeriggio vissuto in bilico, tra scrosci d’acqua e squarci di cielo grigio (l’azzurro è stato un’utopia). Dopo appena mezz'ora, sul 2-2 del primo set, il cielo di Parigi ha preso a piangere e ha spedito Fabio e Lukas negli spogliatoi. Al rientro, Fognini è (ri)scattato meglio dai blocchi e con quattro game consecutivi si è aggiudicato il primo set. L’azzurro è stato molto attento nel secondo set, vincendo con agio un tie-break che ha indirizzato la partita. Paradossalmente, Fabio è stato bravo anche nel terzo: ha lasciato che il ceco facesse una sfuriata, salvo poi punirlo nel quarto e chiudere con il punteggio di 6-2 7-6 2-6 6-1.
Barazzutti, dicevamo. Fognini lo ha imitato in un dato statistico, ma gli obiettivi sono ancora più alti. Il friulano, cresciuto ad Alessandria e trapiantato a Roma, è stato l’ultimo top 10 del nostro tennis. “Non mi importa se mi date del presuntuoso – ha detto Fabio alla vigilia del match contro Rosol – io credo di valere un posto tra i primi 10. Ce l’hanno fatta tennisti che valgono più o meno come me. Ma adesso è giunto il momento di trovare continuità, infilare quei 4-5 risultati che possano cambiare il mio status”. Dando un’occhiata a certi top 10, le parole di Fabio non suonano come un’eresia. Gente come Janko Tipsarevic o Juan Monaco non ha granchè più di lui. Su questo siamo d’accordo. Ma tra il dire e il fare ci sono risultati che Fognini ha soltanto annusato. Un quarto di finale Slam (Parigi 2011, ritiro contro Djokovic prima di scendere in campo) non è sufficiente. “Ma io valgo più di allora” rivendica con orgoglio il futuro Number One azzurro, ancora a secco di titoli ATP, forse il più forte ad avere ancora la casellina vuota. Insomma, ci vuole la svolta, il “turning point” che rovesci la trama del film. A 26 anni, raggiunta la stabilità a livello personale (è fidanzatissimo con Svetoslava e non si separa mai dalla collanina con la “S”) e di staff (Josè Perlas sta facendo un miracolo dopo l’altro), si può sperare. Magari a partire dalla sfida contro Nadal, in cui lo spagnolo arriverà con un giorno di riposo in meno (ammesso che batta Klizan, obviously). “Se ci arrivo, me la gioco. Questo è poco ma sicuro – dice con il suo slang così poco ligure e così tanto personale – a Roma ci ho perso di brutto, sono stato timido e lui ha una grande personalità. Però adesso so cosa fare e mi piacerebbe metterlo in pratica”.
Nei giorni in cui non si parla d’altro che della “noia” dei tennisti, Fognini soddisferebbe i requisiti richiesti da Ernests Gulbis, che vorrebbe più tennisti-pugili, un po’ spacconi. Fabio non dirà mai che la classifica rispecchia i valori dei giocatori. E’ convinto di valere di più. “Valgo più del mio ranking, ne sono convinto. Sono in ritardo, ma mi sento vicino a quello che mi sono messo in testa di diventare. Volete sapere cosa mi manca? Il fattore C. A Roma ho preso Nadal, a Nizza un Monfils in ripresa e adesso di nuovo Nadal. Un pizzico di fortuna in più non mi dispiacerebbe”. Adesso è giunto il momento di prendere a sprangate la sorte. Il braccio tremolante dovrebbe essere scomparso durante il match al Foro Italico, in cui non riusciva a tenere in campo la palla nemmeno durante il palleggio di riscaldamento. I grandi stadi lo esaltano, poi potrebbe arrivare l’inatteso sostegno del pubblico. Tre anni fa lo fischiarono senza pietà, ma i parigini sono un po’ stufi di Nadal, non riescono ad amarlo. E allora potrebbero apprezzare il funambolico chico di Arma di Taggia. Hai visto mai.
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