La strada intrapresa è quella giusta, ma non è semplice trovare all’improvviso saggezza e maturità: Fabio lo ha dimostrato nel 6-1 7-5 patito a Miami da David Ferrer.
David Ferrer ha avuto qualche incertezza, ma Fognini non ne ha approfittato
Di Riccardo Bisti – 24 marzo 2013
La maturazione è un processo che richiede tempo. Fabio Fognini ha intrapreso la strada giusta, ma non è come spegnere e accendere l’interruttore. Diciamo che sta togliendo i cavi danneggiati e ne sta inserendo di nuovi, in modo da ottenere la luce con continuità. Questa chiave di lettura serve a interpretare il 6-1 7-5 con cui si è arreso a David Ferrer a Miami. Sebbene affrontasse il numero 5 ATP, e i precedenti vedevano Ferrer avanti 5-0, c’era un pizzico di speranza. Non gli si chiedeva di vincere, ma di giocare una partita “ordinata”, di fare le cose giuste. Non è andata proprio così, anche se ci sono un paio di alibi. Ma valgono poco, perché il forte vento c’era anche per Ferrer, così come l’orario di inizio (giocare un match così importante alle 11 del mattino non aiuta). Lo spagnolo ha gestito meglio di Fabio le problematiche e si è aggiudicato il primo set in un battito di ciglia. Fognini era nervoso, ma era frustrazione più che immaturità. Probabilmente era convinto di farcela, e non accettava i fattori esterni come elemento di disturbo. Lo stato di forma resta buono. Si è visto anche nel disastroso primo set, così come nel secondo. Sotto 6-1 3-2 (e servizio), Fabio sembrava pronto per la doccia. Invece ha trovato il controbreak ed è stato bravo a restare in partita fino al 5-5. Ma non si è scrollato di dosso un nervosismo che gli è stato fatale nell’undicesimo game, quando ha perso il servizio per la quarta volta e ha regalato a Ferrer il break decisivo. Il match ha ricordato vagamente quello di Acapulco e quello di Indian Wells contro Djokovic: dopo un pessimo primo set, si è ripreso nel secondo. Il passo indietro sta nel fatto che non è riuscito ad aggiudicarselo. Dovrà rifletterci su, magari aggiungendo un altro cavo al groviglio di fili che gli permetteranno di accendere la luce. Il cavo che non lo fa innervosire se un fattore esterno condiziona la partita.
L’ottimismo rimane, perché anche stavolta ha effettuato ottime giocate: discese a rete in controtempo, ottimi rovesci d’anticipo…il problema è che non puoi permetterti di commettere 33 errori gratuiti contro Ferrer. Lo spagnolo trova linfa vitale dagli errori altrui, e ne ha tratto energia in un secondo set in cui sembrava stanco, quasi in affanno. A fine partita avrà commesso 21 errori, tantini per uno che sbaglia un rovescio ogni due settimane. Avrà bisogno di migliorare il rendimento negli ottavi contro Kei Nishikori, da cui ha già perso a una vecchia edizione dello Us Open. Sembra un paradosso, ma anche Ferrer gioca su equilibri molto sottili. Nel suo caso non è la profondità del dritto o l’incisività del dritto, quando un perfetto equilibrio psicofisico. Nel secondo set stava venendo meno: la colpa di Fognini è di non averne approfittato. Adesso Fabio si metterà agli ordini di Corrado Barazzutti in vista della trasferta canadese, dove potrebbe essere orfano di Simone Bolelli per il doppio. In caso di forfait del bolognese, Barazzutti dovrà inventarsi un altro doppio e magari richiamare il 35enne Daniele Bracciali. Ma questa è un’altra storia. Fognini tornerà dall’america con un buon bottino, ma non basta. Monte Carlo, Barcellona, Madrid, Roma, Parigi…è lì che dovrà dimostrare di essere un buon elettricista. Quando la luce sarà accesa, non più a intermittenza, l’Italia avrà trovato un giocatore che può sorprendere anche i più fervidi detrattori.
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