La belga era nota solo per essere connazionale di Henin e Clijsters. Oggi, dopo aver rischiato la carriera e rotto con la federazione, si è scoperta campionessa grazie all’aiuto…di un’acciaieria.
A 27 anni, Kirsten Flipkens è per la prima volta a ridosso delle top 20
Di Riccardo Bisti – 1 aprile 2013
Il Belgio è un paese senza tradizioni tennistiche. Poi, all'improvviso, sono arrivate Justine Henin e Kim Clijsters. Per un decennio hanno avuto gloria e pettegolezzi (ritiri, ritorni, matrimoni, divorzi, figli). Di solito, dopo queste ciclicità compare il buio cosmico. Il rischio c’era, specie se si tratta di un paese poco più grande di Sicilia e Piemonte, con un bacino umano di 10 milioni di persone. Pensavano di aver trovato una degna erede in Yanina Wickmayer, figlia di un fanatico di Maradona. La migliore giocatrice del momento, invece, è Kirsten Flipkens. La ricordate? Nel 2006 fu nostra avversaria nella finale di Fed Cup. La Clijsters era infortunata e toccò a lei raccogliere figuracce contro Schiavone e Santangelo. La sfida giunse al doppio decisivo: Vinci e Schiavone puntarono il mirino contro di lei avrebbero vinto, ma non ce ne fu bisogno: la Henin alzò bandiera bianca e l’Italia vinse la sua prima Fed Cup. Era una ragazzina spaurita, magra, senza nulla che colpisse. La sua unica (s)fortuna – si pensava – era avere il passaporto belga. Dopo quell’avventura tornò nell’anonimato, sgomitando nel circuito ITF. Poi è successo qualcosa. Negli ultimi 10 mesi, la Flipkens è una delle migliori giocatrici del circuito. Era precipitata oltre la 200esima posizione, poi ha registrato un bilancio di 44 vittorie e 15 sconfitte. Si è aggiudicata il primo titolo WTA (Quebec City), è entrata tra le prime 50, ha raggiunto per la prima volta la seconda settimana in uno Slam, e ha proseguito nel gran momento di forma a Indian Wells e Miami. In California ha strappato un set a Vika Azarenka (nel 2013 ci sono riuscite solo in quattro), mentre in Florida ha fatto ancora meglio. Ha battuto Petra Kvitova, è giunta nei quarti e per poco non batteva la Radwanska, campionessa in carica. Con questi risultati, è piombata al numero 22 WTA.
La Flipkens piace perché ha un tennis originale. Non ha il talento della Henin o la potenza della Clijsters, però ama venire a rete, sa usare lo slice e si trova a suo agio un po’ dappertutto. E’ altra appena 165 centimetri, meno della Henin. Un po’ alla lontana, ricorda Francesca Schiavone. “Mi sto godendo questo momento – ha raccontato – perché so che le cose potrebbero girare in fretta”. Un anno fa era franata al numero 262 WTA a causa di problemi fisici e psicologici. Ai coaguli di sangue nel polpaccio si era aggiunta una polemica con la sua federazione. Con una classifica da tornei ITF di terza fascia, non potè nemmeno andare a Wimbledon, dove nove anni prima aveva vinto la prova junior. “Quello che ha fatto è notevole, ed è solo merito suo – racconta Ann Devries, sua ex allenatrice e attuale capitana di Fed Cup – ha rotto ogni legame con la federazione e ha viaggiato per 5-6 mesi completamente da sola”. In passato aveva già avuto problemi fisici: operazione al polso a fine 2010, infortunio al ginocchio nel 2011. Ma i coaguli di sangue erano ben più pericolosi. Al ritorno da un paio di tornei a Phuket, in Thailandia, si accorse di avere le gambe pesanti e si rivolse al suo medico. La diagnosi è arrivata appena in tempo, perché da lì a poco avrebbe effettuato un altro viaggio verso il Giappone. E la situazione avrebbe potuto sfociare in un’embolia, come accaduto a Serena Williams. Ancora oggi, quando prende un aereo, deve indossare calze particolari e prendere un anticoagulante. “Sono stata fortunata, perché se avessi preso un volo in più, le cose sarebbero potute peggiorare. A quel punto rivaluti tutto e capisci che vincere o perdere una partita di tennis non è così importante”.
Risolti i problemi fisici, ne sono arrivati altri. Aveva bisogno di un sostegno economico dopo aver rotto con la federazione, da cui provenivano buona parte dei finanziamenti. Qui le versioni sono un po’ differenti: Kirsten sostiene che le abbiano tagliato i fondi, mentre la Devries dice che ha rifiutato un sostegno inferiore rispetto al passato. “La federtennis voleva ancora darle una mano, ma non poteva permettersi di fornirle un coach privato per ogni viaggio. Lei non ha gradito”. A quel punto, nella vicenda, si è inserito un certo Jean Pierre Heynderick, titolare di un'acciaieria che in passato aveva organizzato un torneo ITF in Belgio. Un pomeriggio, il suo telefono ha squillato. Era la Flipkens, bisognosa di fondi. "Ho deciso di aiutarla, con affetto paterno, perché conoscevo il suo potenziale. Sapevo che i problemi fisici erano alle spalle, così pensavo che meritasse un sostegno”. E così la Koddaert, la sua azienda, ha deciso di aiutare la Flipkens e l’ha fatta entrare nell’orbita della Clijsters, anche se non c’è un vero rapporto di coaching. Semplicemente, si allena nella sua stessa accademia. “Non ha più dovuto preoccuparsi delle cose concrete – dice Heynderick – penso che sia stato un elemento fondamentale. Il successo è merito suo, ma noi abbiamo fatto la nostra piccola parte”. E così il tennis ha trovato una protagonista, non più giovanissima (ha compiuto 27 anni a gennaio) ma pronta ad azzeccare un exploit. Non sarà mai come Kim e Justine, ma quel che ha fatto (risorgere dalle proprie ceneri) è stato straordinario. Quest’anno ha già intascato 270.000 dollari, ma non ha fatto follie. Ha giusto offerto una cena a chi le sta vicino. “Non sono il tipo che butta via i soldi – racconta – c’è una vita da affrontare dopo il tennis”. E’ la saggezza di chi non ha avuto una carriera facile.
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