Il Presidente FIT sulla vicenda che ha riguardato Camila e papà Sergio. “Le abbiamo dato tutta l’assistenza possibile, adesso ci deve circa 160.000 euro”. Capiamo perché la FIT siglò l’accordo, “pur sapendo chi avevano di fronte”.

C’è da scommettere che i giornali daranno un grande spazio alle dichiarazioni di Angelo Binaghi sul Caso Giorgi: per la prima volta, il Presidente FIT ha parlato pubblicamente dopo il “gran rifiuto” dell’italoargentina a giocare in Fed Cup. L’ingegnere sardo ha affrontato l’argomento a margine della presentazione degli Internazionali BNL d’Italia, in cui è tornato – parole sue – a proporre dati e cifre dopo un paio d’anni di “astensione volontaria”. Però le dichiarazioni più rilevanti le ha fatte proprio sul caso Giorgi. Parlando di un caso da “Telefono Azzurro”, Binaghi ha dato l’assist per molti dei titoli che leggeremo. A precisa richiesta sui margini per un ritorno in nazionale, ha fatto il parallelo con il caso di Bolelli del 2008, affermando che il rifiuto del bolognese sarebbe arrivato sotto spinta del coach di allora, Claudio Pistolesi, perché lo stesso coach romano aveva ricevuto un rifiuto a entrare nelle nello staff FIT. Da parte sua, Pistolesi ha sempre raccontato un’altra versione (in breve, tecnicamente preferiva che Bolelli giocasse sul veloce saltando Italia-Lettonia ma che la scelta finale è stata del giocatore, con lo stesso Pistolesi che aveva progettato la partecipazione al torneo ATP di Bucarest, sulla terra, se Bolelli avesse accettato la convocazione). Qui si tratta di una parola contro l’altra e non possiamo che riferirle entrambe. Parlando della Giorgi, il Presidente FIT ha raccontato i vecchi approcci col clan Giorgi, quando papà Sergio chiese un prestito di 300.000 euro. “Abbiamo capito sin da subito di che persona si trattasse”.

2013, IL “RISCHIO CALCOLATO” DELLA FIT
Binaghi ha spiegato che, al momento di siglare l’accordo del 2013, la FIT si era tutelata e aveva messo in conto che la spaccatura avrebbe potuto esserci. Lasciando perdere il sostegno tecnico e logistico FIT, la cifra che i Giorgi sarebbero tenuti a restituire è di circa 160.000 euro ed è frutto di “4-5 contratti” che lo stesso Binaghi ha detto essere a disposizione. Ci si potrebbe domandare perché la FIT abbia raggiunto un accordo con i Giorgi pur conoscendo il soggetto. Volendo essere maligni, si può pensare che l’interesse di avere una giocatrice di alto livello fosse prioritario rispetto a qualsiasi altra considerazione, tenendo conto dei rischi di ricaduta che potremmo avere con le nostre Under 25, pacificamente non all’altezza di Schiavone e company. La necessità di avere la Giorgi ha fatto correre il rischio (calcolato) alla FIT. E’ andata male, tanto che proprio lunedì è stata inviata una lettera che chiede alla Giorgi il rispetto dei vincoli contrattuali. In caso contrario (“Non credo che ce li restituirà” ha detto Binaghi), è da escludere la partecipazione di Camila alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, unica (mini)sanzione possibile, visto che la Giorgi non è nemmeno tesserata FIT. Sul caso Giorgi il Presidente FIT ha ragione, anche perché i contratti – se firmati – si rispettano. Il resto sono chiacchiere. Magari utili, magari sensate, ma pur sempre chiacchiere. Fossimo stati in Binaghi, avremmo evitato la battuta sul passato di Sergio Giorgi come soldato nella Guerra delle Malvinas-Falkland. “E l’ha persa, mentre noi abbiamo fatto tante battaglie negli ultimi 15 anni, a partire da quella per il rispetto della maglia azzurra, e le abbiamo vinte tutte”. Il paragone è almeno forzato, se non fuori luogo, visto che nella folle guerra voluta dal generale Leopoldo Galtieri ci furono anche perdite umane.