Indian Wells segnerà il rientro di Mardy Fish, fermo da sei mesi per i problemi cardiaci. Non dice cosa ha avuto esattamente, ma confida le sue paure. “Ho paura dell'ignoto”. 
Mardy Fish durante Svizzera-Usa di Coppa Davis:
i problemi di aritmia si sono manifestati in quel weekend

 
Di Riccardo Bisti – 6 marzo 2013

 
Indian Wells è un luogo speciale per Mardy Fish. Al Tennis Garden, cinque anni fa, ha vissuto la sua migliore settimana. Battè Mayer, Andreev, Davydenko, Hewitt, Nalbandian e Federer prima di cedere a Djokovic, peraltro strappandogli un set. Dopo lo straordinario trionfo su Federer (solo dopo lo svizzero scoprì che in quel periodo aveva la mononucleosi, ma chi se ne ricorda?) mandò un abbraccio virtuale al pubblico dello stadio più capiente del circuito, secondo soltanto all’Arthur Ashe Stadium di New York. Era numero 98 del mondo: fu quel torneo a regalarci il Fish che nel 2011 si è issato tra i primi 10, fino a qualificarsi per le ATP World Tour Finals. Ma è probabile che il buon Mardy ricordi con ancora più affetto l’edizione del 2013, a prescinedere dei risultati. Fermo da sei mesi per i problemi al cuore, ha scelto il BNP Paribas Open per tornare. L’ultima apparizione risale allo scorso Us Open, quando si è ritirato prima di giocare gli ottavi contro Federer. “Ci sono voluti mesi per tornare alla normalità – ha detto Fish, 31 anni di sensibilità – bere un bicchiere di vino a cena, andare al cinema con mia moglie. Sono cose semplici che di solito diamo per scontate e che non sono stato in grado di fare per molto tempo”. Prima del ritiro contro Federer, aveva già saltato due mesi e mezzo in primavera a causa di un battito cardiaco accelerato che lo aveva spaventato a morte. I primi sintomi erano arrivati in Coppa Davis, poi l’episodio più violento si è verificato a Miami, subito dopo la sconfitta contro Juan Monaco. Fish si svegliò nel cuore della notte col battito accelerato. Non riusciva a bloccarlo, credeva di avere un attacco di cuore. “Ero totalmente nel panico. Ho creduto di morire”.
 
Lo scorso 23 maggio si è sottoposto a una procedura di ablazione con catetere cardiaco per eliminare una forma di aritmia. Clinicamente era guarito, ma dal punto di vista psicologico era ancora condizionato. Non voleva viaggiare, non voleva dormire da solo. E si portava sempre dietro un piccolo elettrocardiogramma. Lo indossava durante gli allenamenti e di notte. Non c’erano ragioni per portarlo. Semplicemente, lo faceva sentire più sicuro. Poi allo Us Open c’è stata la ricaduta. Non ha mai rivelato se è stato un episodio fisico o psicologico: la verità è che si è fermato per sei mesi, ritardando continuamente la data del rientro. A margine del’evento di Los Angeles, ha raccontato di aver trascorso questo periodo a casa, consultandosi con psicologici dello sport e psichiatri, meditando con attenzione sul futuro. Da aprile, non ha trascorso una sola notte senza la moglie (la bellissima Stacey Gardner) al suo fianco. “Nella mia testa mi sarò ritirato almeno 15 volte – ha detto Fish – nei primi 3-4 mesi dopo lo Us Open, era come se lo fossi”. Poi la fiducia è lentamente tornata, anche se vive ancora tra alti e bassi. Ci sono settimane buone e altre meno buone, con una certezza: gli mancavano il cameratismo tipico del tour e la competizione. Per questo ha deciso di darsi un’altra chance.
 
“Non credo di avere nulla da dimostrare – ha detto – ma sento di avere un po’ di anni davanti a me”. La classifica è ancora buona (oggi è n. 32) e gli permetterà di giocare tutti i grandi tornei, anche se a Miami avrà un’importante cambiale da difendere. A Los Angeles ha giocato un set contro Djokovic: a parte il risultato, si è detto molto soddisfatto della sua prova. “Perdonatemi, ma non mi sento ancora pronto per parlare dei dettagli dei miei problemi. Posso anticiparvi che sono stati un po’ fisici e un po’ psicologici. Di sicuro è stata la prova più dura che ho dovuto affrontare in tutta la mia vita”. In questi mesi, ha condotto un regime di vita molto controllato: non solo ha controllato la salute, ma si è sottoposto a una dieta ferrea. Per lui non era una novità, giacchè qualche anno fa fu proprio una dieta (e oltre 10 kg persi) a fargli fare il definitivo salto di qualità. “Per un mese intero, credo di non aver mai visto le 22”. Anche per questo, il ritorno alle gare gli creerà qualche problema: lo attendono viaggi, sessioni serali e fusi orari. “Sarà la parte più difficile. Non posso sapere come andrà fino a quando non vivrò sul serio queste situazioni”. Fish ha spesso cambiato idea sulla data del rientro. Prima voleva giocare a San Josè, poi a Memphis, adesso ha scelto Indian Wells. “Non mi sentivo così bene da mesi, ma non si può dare nulla per scontato. La paura dell’ignoto è stato uno dei miei problemi, è qualcosa che dovrò combattere. E’ brutto vivere con il disagio che possa succedere qualcosa”. La vicenda è delicata. I prossimi due tornei faranno capire quale può essere il futuro di Fish. Se continuerà ad avere paura, il ritiro può essere preso in considerazione. Mollare a 31 anni, con una moglie bellissima e oltre 7 milioni di dollari nel conto in banca, non sarebbe disonorevole. Roddick, che scoppia di salute, lo ha fatto. Fish, al contrario, vede ancora il tennis come una missione. In bocca al lupo.