A 30 anni e con un figlio, Paul Henri Mathieu si toglie l’etichetta del perdente e vince la maratona contro Isner. Ma non è il match con più game nella storia del Roland Garros.
La stretta di mano tra Paul Henri Mathieu e John Isner
Di Riccardo Bisti – 1 giugno 2012
Si dice che i figli cambino la vita. Probabilmente è vero. Sicuramente lo è per Paul Henri Mathieu. Nonostante un’ottima carriera, è sempre stato ricordato per le sconfitte. Su tutte, il match decisivo nella finale di Coppa Davis 2002 contro Youzhny. Avanti di due set si fece rimontare e consegnò l’Insalatiera alla Russia. Ma anche un match contro Agassi allo Us Open, quando bruciò due set di vantaggio. Una volta ha tenuto in campo Nadal per quasi cinque ore su questo stesso campo, ma è uscito sconfitto. Ma l’11 marzo scorso la sua vita è cambiata: Quiterie, la sua ragazza, ha messo al mondo il piccolo Gabriel, 52 centimetri di vivacità pesanti 3 chili e 400 grammi. Dicono che un figlio fa vedere le cose nella giusta prospettiva. Non sappiamo se aiuta a leggere meglio i servizi-bomba di John Isner: di sicuro, “Paulo” ha firmato una delle sue più belle vittorie in una maratona lunga cinque ore e quarantuno minuti e terminata con un punteggio che stanca anche solo a pronunciarlo: 6-7 6-4 6-4 3-6 18-16. E’ stata dura per il fragile Mathieu, franato al numero 261 ATP a causa di un anno di inattività per un grave infortunio al ginocchio. Ha avuto bisogno di sette matchpoint per mandare al tappeto un Isner che non ne poteva più, sfiancato dai pesanti topspin del francese e da un pubblico indemoniato e sciovinista. Un pubblico che ama le belle storie come quella di Virginie Razzano, capace di battere Serena Williams a un anno dalla morte del compagno. E pazienza se la favola di Virginie si è esaurita proprio mentre giocavano Isner e Mahut. L’olandese Arantxa Rus l’ha battuta 6-3 7-6.
Ma i francesi non hanno avuto il tempo di disperarsi. Gioiscono per un uomo di 30 anni la cui carriera è piena di “se”. Se avesse vinto quella partita, se avesse avuto meno infortuni…eppure è stato numero 12 del mondo, ha vinto quattro titoli ATP (su otto finali) e vanta anche una semifinale Masters 1000 (Montreal 2005). Insomma, un signor giocatore. Ma il destino è crudele, e di lui si ricordavano soprattutto le lacrime sulla panchina di Bercy, consolato da capitan Forget e dai compagni dopo il capitombolo contro Youzhny. Invece adesso verrà ricordato per una vittoria che vale doppio. Intanto per il valore tecnico: Isner era addirittura additato come possibile outsider. E poi l’anno scorso era stato l’unico a forzare Nadal al quinto set. Mathieu ha fatto di più: ha scalfito l’aura di imbattibilità dell’americano nei match-maratona. Due anni fa, Isner ha vinto a Wimbledon il match più lungo nella storia del tennis. 11 ore e 5 minuti spalmate su tre giorni contro un altro francese il cui cognome inizia con la “M”, quel Nicolas Mahut che oggi verrà battuto da Federer. Ma l’erba affatica di meno. Sulla terra i calzini si sporcano, i polmoni si gonfiano d’ossigeno, il cuore batte più forte. E’ un altro sport. E il match è finito diversamente, con un dritto di Isner in corridoio. Ed è iniziata la festa di Mathieu, le cui prospettive non sono affatto male: al terzo turno se la vedrà con il vincente di Granollers-Jaziri, match sospeso per oscurità al termine del quarto set. Oggi conoscerà il nome del suo avversario.
Quando si giocano partite di questo tipo si scatenano gli statistici. Isner e Mathieu hanno battuto un solo record, quello del quinto set più lungo in termini di game. Il precedente apparteneva a Fabrice Santoro e Arnaud Clement, il cui match del 2004 finì 16-14 al quinto ma durò 50 minuti di più (seppure spalmati su due giornate). Non c’è stato il record per numero di game. Secondo molti è stato eguagliato, poiché nel 1951 Eric Sturgess e Ken McGregor giocarono 76 game nella loro semifinale (vinse il sudafricano Sturgess con il punteggio di 10-8 7-9 8-6 5-7 9-7). Ma non tutti sanno che a Parigi si è giocato un match ancora più lungo. Era il 1957 e l’australiano Robert “Bob” Mark battè l’ungherese (che all’epoca era apolide) Antal Jancso con il punteggio di 13-15 6-3 6-8 8-6 10-8 per un totale di 83 giochi. Storie di un tennis che non c’è più. Francesco De Gregori avrebbe cantato “storie di prima del motore”. Noi, più umilmente, diciamo “storie di prima del tie-break”.
L’exploit di Mathieu è l’unica sorpresa di una giornata in cui i due campioni in carica, Rafael Nadal e Na Li, hanno perso sei giochi in cinque set. Un dominio devastante: Rafa ha superato 6-2 6-2 6-0 l’uzbeko Istomin, mentre la cinese ha stritolato 6-0 6-2 la povera Stephanie Foretz Gacon. Qualche sorpresa minore nel tabellone maschile: gli argentini Leonardo Mayer ed Eduardo Schwank hanno battuto i tedeschi Philipp Kohlschreiber e Florian Mayer (n. 24 e 32 del tabellone). La delusione si chiama Bernard Tomic, battuto nettamente dal colombiano Santiago Giraldo e decisamente bocciato sulla terra rossa. Avrà modo di riprendersi sull’erba, dove dovrà difendere i quarti a Wimbledon. In campo femminile si registra la sconfitta di Jelena Jankovic. E’ un risultato che interessa molto alla Schiavone, che anziché la serba troverà l’americana di origine uzbeka Varvara Lepchenko (nata a Tashkent, risiede negli Stati Uniti dal 2001, li rappresenta dal 2007 e ha ottenuto la cittadinanza lo scorso anno). Mancina, ha battuto la Schiavone al recente torneo di Madrid: “Dovrò fare come Federer contro Nadal” ha detto l’azzurra. Speriamo che faccia come quando Federer ha vinto, però…
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