Abbiamo ricordato la storia a Gianni Clerici a Parigi, durante una delle tante interruzioni per pioggia dell’ultimo Roland Garros. Persino lo “scriba” ha dovuto fare uno sforzo mnemonico per ricordare la faccenda, riportata con dovizia di particolari nel suo monumentale “500 Anni di Tennis”. Durante le lunghe ricerche per scrivere uno dei più importanti libri dedicati al nostro sport, apprese la vicenda di Thomas Vere St. Lege Goold. Cronaca nera, solo accidentalmente legata al tennis, ma molto affascinante. Una storia che sarebbe spaventosa oggi, figurarsi nell’austerità di un secolo fa, quando non esistevano decine di trasmissioni TV dedicate a delitti, omicidi, misteri e sparizioni varie. Ma partiamo dall’inizio. Nel 1877, a seguito dell’entusiasmo per la nascita del Lawn Tennis, si giocò la prima edizione di Wimbledon, vinta da Spencer Gore. L’anno successivo il titolo sarebbe andato a Frank Hadow. In quegli anni vigeva ancora la norma del Challenge Round: il vincitore dell’anno precedente sarebbe partito direttamente dalla finale. Chissà, forse Hadow avrebbe vinto un titolo dopo l’altro come avrebbero fatto, pochi anni dopo, William Renshaw e i fratelli Reginald e Lawrence Doherty. Ma il tennis non era il suo sport. Per intenderci, partecipò a Wimbledon solo perché si trovava in vacanza dal suo impiego principale: le piantagioni di caffè in Ceylon. E così, quando gli chiesero se l’anno dopo sarebbe tornato a difendere il titolo, scoppiò a ridere. “Per carità. Il tennis è uno sport per femminucce”. E così, nella terza edizione, nel 1879, si fece strada un irlandese di 25 anni, Thomas Vere St. Leger Goold. Famoso per essere un pugile, si era laureato campione del suo paese e dunque fu ammesso al torneo. In assenza di Hadow, la “All’Comers Final” fu a tutti gli effetti la sfida per il titolo. Goold ci arrivò ma perse 6-2 6-4 6-2 contro John Hartley, chierico della chiesa anglicana. Sempre quell’anno avrebbe raggiunto la finale all’importante torneo di Cheltenham, perdendo da Renshaw in cinque set (peraltro dopo essere stato avanti 4-1 al quinto). La sua carriera sarebbe andata avanti, senza troppi squilli, fino al 1885.
Forse per questo, chissà, scivolò nei meandri di una vita dissoluta. Vizi, alcol, droghe. Nella Gran Bretagna di quegli anni, alcol e droghe erano già un problema molto serio. Per intenderci, qualche anno prima l’Impero Britannico aveva lottato contro la Cina per per portarle via le riserve di oppio…di quella guerra, terminata nel 1860, c’è una traccia ancora oggi: la banca HBSC fu creata proprio per amministrare i guadagni del traffico di oppio. Ma torniamo a Goold: nel 1885, reduce dal ritiro, conobbe Marie Giraudin, proprietaria di un negozio di moda. Non era bella, ma con il suo modo di fare sapeva essere irresistibile. La loro relazione sarebbe sfociata in un matrimonio, celebrato nel 1891. Si narra che la Giraudin, più che dall’amore verso Goold, fosse spinta dalle ricchezze familiari del futuro marito. Soltanto dopo il matrimonio si rese conto che Goold aveva accesso a una minima parte dell’immensa fortuna. Fu una grande delusione per una donna abituata a vivere nell’agio. La leggenda narra che prima di lui avesse avuto diversi mariti e amanti, e che il negozio di moda fosse una copertura per nascondere un traffico meno lecito ma certamente più redditizio. Nonostante le premesse, la storia tra i due andò avanti. Nel 1897 si sono trasferiti in Canada, salvo tornare in Europa nel 1903, dove aprirono una lavanderia a Liverpool. Ma le correnti del destino, o meglio la violenta ambizione della donna, li portarono nientemeno che in Costa Azzurra, dove iniziarono a frequentare ambienti altolocati. Su tutti, il famoso Casinò di Monte Carlo, dove si facevano chiamare Sir Vere Thomas e Lady Goold. Pare che la signora Marie avesse trovato un sistema per far saltare il banco. Il problema è che per accedere al gioco avevano bisogno di denaro. E loro, di denaro, non ne avevano. Così decisero di farselo prestare in modo più o meno fraudolento. La “prescelta” fu Emma Levin, una ricca vedova svedese. La circuirono e la convinsero della bontà del metodo escogitato dalla Giraudin. Tuttavia, la Levin aveva un’amica, Madame Castellazzi, che entrò ben presto in conflitto con i Goold. Nonostante i consigli dell’amica, la Levin prestò il denaro alla coppia. Inutile dire che persero tutto, fino all’ultimo centesimo.
Nel 1907, la Castellazzi affrontò pubblicamente i Goold nei saloni del Casinò, facendo scoppiare lo scandalo della truffa ai danni della povera Levin che, in preda alla vergogna, decise di abbandonare Monte Carlo. Anche i Goold volevano scappare: acquistarono un biglietto del treno da Marsiglia a Londra. Tuttavia, Madame Castellazzi denunciò la scomparsa dell’amica che non si era presentata a un appuntamento. Giunti nell’hotel dove risiedeva, gli inquirenti trovarono la stanza intrisa di sangue, nonché un martello e una sega. Proprio in quel momento, alla stazione di Marsiglia qualcuno si lamentava dell’odore di una valigia. Guarda un po’, era stata denunciata come bagaglio dai coniugi Goold. Uscivano gocce di sangue ed emanava un pessimo odore. Thomas e Marie dissero che c’era soltanto pollame macellato, ma ben presto si scoprì la verità: al suo interno c’era il cadavere della povera signora Levin, fatto letteralmente a pezzi. Goold accusò Madame Castellazzi dell’omicidio: la donna avrebbe fatto irruzione mentre la coppia stava chiedendo altro denaro alla signora, e che l’avrebbe uccisa in un impeto di gelosia. E loro avrebbero nascosto il cadavere soltanto per non essere coinvolti. Più tardi avrebbe cambiato versione, accusando la moglie. Le sue versioni non furono credute e la polizia stabilì che i colpevoli erano loro, gli stimati Sir Vere Thomas e Lady Goold. Forse la uccisero per non restituire un debito di 40 sterline, o semplicemente con lo scopo di rapinarla. Condannati all’ergastolo, evitarono la ghigliottina ma le pene furono ugualmente severe e portatrici di morte. Deportato in una colonia penale, nell’Isola del Diavolo, Goold si sarebbe suicidato due anni dopo, nel 1909. La moglie, inizialmente condannata a morte (durante il processo parve chiaro che fosse lei la mente criminale della coppia), fu “salvata” e le diedero l’ergastolo. Tuttavia, nel 1914 sarebbe morta di febbre tifoide nella sua cella nel carcere di Montpellier. Pochi mesi dopo, sarebbe iniziata la Grande Guerra e questa faccenda sarebbe finita nel dimenticatoio, se non nei ricordi di un’opera teatrale irlandese, “Love All”. Ci sarebbe rimasta senza l’occhio e l’orecchio di Gianni Clerici. Quanto a Thomas Vere St. Leger Goold, ci si domanda come sarebbe andata se avesse vinto quella finale di Wimbledon. O se avesse continuato a giocare a tennis anziché farsi abbagliare da un’arrampicatrice sociale.