Il ventenne francese sfida Alcaraz sullo slancio di un inizio di stagione travolgente. Dai campi con le erbacce alle ambizioni da Slam, la storia di un talento e di un progetto famigliare

foto Brigitte Grassotti
Da Monfils a Fils. Da un talento all’altro, dalla banlieu parigina a Bondoufle, meno di 10 mila abitanti nel sud dell’Ile de France. Dall’elasticità circense di Gael alla potenza verde di Arthur, che ieri, demolendo in due set Andrey Rublev, ha dimostrato plasticamente di essere già pronto per un posto di prima fila. Numero 13 del mondo, con vista sui primi 10, ad appena 20 anni: la Francia spera finalmente di aver trovato ‘quello giusto’.
Oggi a Monte-Carlo sfida un Alcaraz che come un serpente sta cambiando pelle, che può mordere o rintanarsi nei dubbi di un periodo difficile da decifrare. Fils è al terzo quarto di finale consecutivo in un 1000 – nessuno ci era mai riuscito alla sua età nei primi tre appuntamenti dell’anno – il Country Club può diventare la placenta di una nuova stella
«Arthur è stato mostruoso in termini di potenza e fisicità», ha spiegato Paul-Henri Mathieu a L’Equipe. «Ha fatto sembrare Rublev un ragazzino, è pazzesco. Non capita spesso di vedere il russo superato in termini di ritmo. Con le sue traiettorie e il suo top riesce a spingere indietro l’avversario, ha una palla super pesante e profonda, molto difficile da controllare. Non gli ha dato il tempo di giocare. Poi emana una grande potenza. Fisicamente si muove molto bene e in risposta rende persino meglio sulle prime palle che sulle seconde».
Rublev, frastornato, concorda: «Arthur ha tutto: lo ha dimostrato contro di me».
A cinque anni Arthur già sognava di vincere uno Slam, a 18 anni e 11 mesi ha vinto il suo primo titolo Atp, a Lione, il più giovane a riuscirci dai tempi di Monfils a Sopot nel 2005, e lo ha fatto alla vigilia dei 40 anni dal trionfo di Noah al Roland Garros. L’anno scorso poi sono arrivati altri due centri nei ‘500’ di Tokyo e Amburgo.
Noah, Monfils, Tsonga, una filiera che porta diritto a lui. «Jo Wilfried è quello con cui mi identifico di più», dice il fenomeno, leader della nouvelle vague di talenti francesi che comprende anche Van Assche e Mpetshi Perricard, che Oltralpe già sperano di trasformare in nuovi moschettieri. Papà Fils, Jean-Philippe, aveva una passione per una palla più grande, Arthur ha capito presto che la sua strada era diversa sui campi malmessi del tennis club di Saint-Michel-sur-Orge.
«Sì, mio padre ha giocato a di basket fino all’età di 18 anni. Quando poi ha smesso, abbiamo iniziato a giocare assieme a tennis, a volte giocavamo su campi che a ripensarci oggi erano veramente terribili, ci spuntavano l’erbacce, con la rete sfrangiata. Ma proprio quei campi, così inadeguati, mi hanno reso ciò che sono ora». In breve il sogno di Arthur è diventato un progetto famigliare. Ha frequentato il centro tecnico di Poitiers, poi il CNE (Centro di formazione nazionale). Ha cambiato veri tecnici, da Laurent Raymond a Sergi Bruguera, da Sebastien Grosjean, da cui si è separato alla vigilia di Miami, a Ivan Cinkus. «Arthur ha il fisico di un demolitore e qualità enormi», ha raccontato, ai tempi dei primi successi di Fils, Sébastien Poublet, allenatore del CNE. «Ha una forte personalità, emana grande autostima. Ha le qualità del leader».
Da giovanissimo, fino ai 13 anni, ha pensato più a divertirsi, senza troppe preoccupazioni: «Era più mio padre che credeva che sarei diventato forte, io non pensavo al tennis come una carriera». Poi i risultati sono arrivati, molto in fretta. E Arthur ha capito di avere una marcia in più soprattutto quando incontra i più forti: «Certi match mi spingono a dare il meglio. Mi piacciono le grandi sfide nei grandi stadi. Quell’adrenalina unica che ti senti addosso».
Oggi contro Alcaraz ne avrà bisogno. «Dovrà usare la stessa tattica che ha usato contro Rublev per prendere in mano il gioco», ha detto ancora Mathieu a L’Equipe. «Deve essere solido di testa. Alcaraz ha più varietà: ma avrà il tempo di variare? E se lo farà, Arthur non sarà in grado di adattarsi? Penso di sì. E se c’è uno scontro fisico, Arthur diventa il favorito… Emana una tale sicurezza, che diventa davvero difficile batterlo».