L’osservatore meno attento potrebbe catalogarla come l’ennesima sconfitta azzurra al primo turno degli Internazionali d’Italia, ma ogni match ha storia a sé, servono pesi e misure diverse. La prestazione di Filippo Volandri pesa eccome, anche se il risultato finale ha premiato l’insaziabile David Ferrer, capace di tirarsi fuori dai guai come solo i campioni sanno fare, fino a spuntarla per 4-6 7-5 6-1. Un minuto dopo le due ore. Per il Volandri attuale – non va dimenticato che è fuori dai primi 200, e non vince un match ATP dal 2014 – tenere in campo così a lungo lo spagnolo è un mezzo successo, farlo come l’ha fatto lui è una vittoria quasi piena. Sul Centrale sembrava di essere tornati indietro fino al 2007, anno della storica semifinale con Federer, Berdych e Gasquet crollati ai suoi piedi insieme al pubblico. Filippo è stato splendido finché ne ha avuto, spinto da un mix di adrenalina, emozioni e – anche – gran bel tennis. Nei suoi anni migliori, si raccontava spesso che uno col suo gioco potesse arrivare molto più su della famosa 25esima posizione, se solo avesse puntato un po’ di più sui campi veloci e fosse stato capace di costruirsi un servizio all’altezza. Si è sempre lodato il suo rovescio, meno un diritto non così bello ma ugualmente efficace, e poi la smorzata, il gioco di volo, testa e fisico. Ecco, oggi per tre quarti di match ha funzionato tutto, anche contro uno dei migliori pedalatori del circuito, di quelli che non mollano un punto nemmeno a sparargli in fronte.
IL MIGLIORE DEGLI AZZURRI, A 34 ANNI
Ferrer ha commesso qualche errore più del solito, è vero, ma è più onesto segnalare i meriti del Filippo 2.0, che normalmente un match sul Centrale l’avrebbe commentato ai microfoni di Sky, invece l’ha giocato alla grande, davanti a un pubblico via via più numeroso e incredulo di trovarlo avanti di un set contro un top-10, come non accadeva dal 2007, quando a Vienna (sul veloce indoor!) strappò il primo a Gonzalez. Pochi giorni dopo a Bercy avrebbe sfidato un top-10 per la (pen)ultima volta, poi otto anni e mezzo di vuoto, con tanti Challenger e poca gloria. Fino a un pomeriggio romano che gli resterà nel cuore, specialmente se – come ha detto nella conferenza stampa di domenica – questa dovesse veramente diventare la sua ultima stagione. A sostenerlo c’era pure Francesco Totti, un altro a cui davano del giocatore finito, prima che zittisse tutti mostrandosi ancora (molto) competitivo. Con le dovute proporzioni si può fare un discorso simile per Volandri, capace di far vedere, lui che coi 35 anni in arrivo è il più anziano del gruppo, ciò che a tutti gli azzurri sin qui in gara al Foro (e non erano pochi) è mancato. L’esperienza l’ha aiutato a scendere in campo senza pressioni, con l’atteggiamento di chi non ha nulla da perdere, e ne è uscito un primo set da top player. Ha corso come un dannato, ha sparato un vincente via l’altro e – soprattutto – ha ceduto solo quattro punti 5 turni di battuta, prendendosi di forza il break decisivo sul 4-4. E nel secondo ha continuato con la stessa marcia: subito una palla-break in apertura, poi altre due sul 3-3 15-40, ma in nessuna delle tre è riuscito a rispondere (pesa soprattutto l’ultima: rovescio lungo su una seconda di servizio), e alla fine è stato lui a perdere la battuta sul 6-5 per il rivale, bravo ad alzare il livello appena ha notato mezza possibilità di girare il match.
“10 E LODE ALL’IMPEGNO, 9 E MEZZO AL TENNIS”
Ferrer ha iniziato l’opera in quel game e l’ha conclusa all’inizio del terzo. Ci ha provato invano nel secondo game, ma Volandri l’ha frenato con servizio e rovescio, mentre ce l’ha fatta sul 2-1, finendo per non cedere più neanche un game. “Non ho molto da recriminarmi, ho solo in testa il tie-break del secondo set. Magari l’avrei perso, ma mi sarebbe piaciuto arrivarci. Come impegno mi do dieci e lode, come tennis giocato nove e mezzo, mi sono divertito. Nelle fasi finali ho iniziato a far fatica quando ero controvento, non avevo più la forza e lui è stato più bravo di me”. A differenza di tutti gli altri italiani, Volandri non ha accusato affatto il fattore casa, anzi. “Questo è un campo che dà o toglie molto, dipende da persona a persona. Io mi ci sono innamorato una vita fa, quando all’esordio in Davis vinsi con Ivanisevic. Ero un ragazzino. Per me oggi è stato come giocare nel giardino di casa. E poi l’aiuto della gente, le buone sensazioni dell’ultimo periodo. Un insieme di cose ha fatto sì che rendessi alla grande”. Scontata la domanda se un match come questo possa spronarlo ad andare avanti ancora un po’, ma Filippo non si è sbottonato. “Quando giochi partite di questo livello, la voglia di andare avanti viene eccome. Però dipende da un sacco di cose. A ottobre faremo i conti e poi deciderò”. Ma c’è da scommettere che, in fase di scelta, emozioni come quelle di oggi peseranno eccome. Più di anni di viaggi, allenamenti, fatiche e problemi. È il bello del tennis.
MASTERS 1000 ROMA – Primo turno
David Ferrer (ESP) b. Filippo Volandri (ITA) 4-6 7-5 6-1
Filippo, è stato bello sognare
Un Volandri “on fire” ferma il tempo al Foro Italico, arrivando ad assaporare l’impresa contro David Ferrer, ma si arrende 4-6 7-5 6-1. Per un set e tre quarti ha funzionato tutto come negli anni migliori: diritto, rovescio, gambe, persino il servizio, poi è emerso il peso del top-10. E pensare che l’azzurro non ne affrontava uno addirittura dal 2007…