A quasi 33 anni, lo spagnolo punta a una grande stagione. Il nuovo coach gli ha restituito grandi sensazioni e ha cambiato incordatura. Il grosso della preparazione si è svolto…in spiaggia.

Di Riccardo Bisti – 29 dicembre 2014

 
L’esempio più splendente ce l’ha davanti agli occhi, otto gradini più in alto. Nell’anno in cui ha compiuto 33 anni, Roger Federer ha giocato una stagione straordinaria. Se avesse vinto Wimbledon sarebbe stata leggendaria, magari con il numero 1 ATP in tasca. Ma anche così va bene. Nell’anno in cui compirà 33 anni, David Ferrer progetta di rinascere. Reduce da due stagioni straordinarie, nel 2014 è rimasto per un soffio tra i top-10 ma ha perso il lucido cinismo che lo aveva reso il più forte tra gli umani. Per lui, che aveva lo stesso coach da una dozzina d’anni, è stato un trauma cambiarne un paio nella stessa stagione. E ha perso partite che qualche mese prima vinceva fischiettando. Ma adesso, un po’ come Federer, ha deciso di reinventarsi e riprendersi un ruolo da protagonista. Sarà sempre il meno intervistato, il meno seguito e il meno amato dei top-10. Ma lui, lassù, ci vuole restare. In una bella intervista con El Pais, realizzata da Juan Josè Mateo (uno dei più importanti cronisti in lingua spagnola, anni fa vincitore di un premio ATP), abbiamo scoperto i meandri del nuovo Ferrer. Perchè, come scrivono nei libri, se hai più di 30 anni ma meno di 40, sei ancora in tempo per ricominciare da zero. Ecco i passaggi più importanti di una chiacchierata da cui emerge un Ferrer quasi inedito.
 
“Ho perso alcune partite molto combattute perchè ero influenzato dall’aspetto mentale. Ero ansioso, volevo qualificarmi per il Masters. In certi momenti dell’anno ho notato di essere un tantino ansioso, avevo più paura. Tutto questo toglie fiducia. E perdi i punti di riferimento. Non hai tranquillità nei momenti importanti. Conosco solo un modo per risolvere il problema: lavoro, lavoro e ancora lavoro. Lo puoi fare con un team verso cui nutri grande fiducia. Quello che fai deve avere un senso, non devi lavorare tanto per farlo. Ho grandi speranze, ancor più che nel passato. Ci sono tante pressioni, ma ho anche una certa esperienza. Voglio restare tra i top-10 e raggiungere il Masters. Non è stata una brutta stagione, ma mi ha infastidito non chiudere tra i primi otto".
 
Dopo la parentesi sfortunata con Josè Altur, adesso ripartirà da Francisco Fogues. Per lui, abituato a Javier Piles, non sono stati passaggi indolori.
 
"Io e Javier lavoravamo insieme da molti anni, ci eravamo consumati. Tutto quello che ho ottenuto lo devo in gran parte a lui. E’ stato il primo ad avere fiducia in me, il primo a sacrificarsi per me. Avrà sempre il mio rispetto. Ho molta fiducia in Fogues. E’ molto onesto e chiaro in quello che mi dice. Voglio qualcuno che mi dia una mano sul piano tennistico, ma anche personale. Giorno dopo giorno c’è una routine da costruire, che ti dà fiducia al momento di lavorare. Per me è fondamentale allenarmi e giocare sapendo di poter discutere di certe cose con l’allenatore. Con Altur non c’erano problemi, però vedevamo il tennis in modo differente. E’ un grandissimo tecnico, ma il suo modo di lavorare e intendere il tennis è diverso dal mio. Devi avere fiducia in quello che fai, e a metà anno abbiamo capito di non avere il giusto feeling tennistico. Per questo ha viaggiato per 11 settimane, non ha fatto di più ed è terminata la nostra relazione professionale. Al contrario, Paco mi conosce molto bene sul piano personale e professionale”.
 
Quando mostra la sua modestia, mischiata a umiltà, David Ferrer non indossa una maschera. Però ha anche ambizioni importanti. Non potrebbe essere altrimenti per il terzo tennista spagnolo più titolato di sempre alle spalle di Rafael Nadal e Manuel Orantes. Però non ha mai vinto uno Slam, pur avendo giocato una finale e diverse semifinali. Che ci si può attendere dalla sua nuova partnership?
 
"Ho 32 anni, ma nella preparazione invernale ho migliorato cose che non avrei mai pensato di poter migliorare. E’ la mia evoluzione per poter giocare contro i migliori. Ci sono giovani tennisti che sono molto forti sul piano fisico, e hanno portato il tennis a un altro livello. Oggi si pensa meno e si tira più forte. Anche se le superfici non sono veloci come un tempo, ci sono pochi tennisti alti 1.75 come me. Con la mia altezza è complicato avere un buon servizio. Per questo devo evolvere il mio gioco. Sono sempre stato abbastanza coordinato, ma durante la preparazione ho lavorato duro per migliorare la coordinazione in modo da non correre troppo. Poi ho cambiato un po’ il servizio e vario più spesso il ritmo. Per riuscirci, mi sono allenato molto in spiaggia. Con o senza racchetta, mi muovevo sulla sabbia come se fossi stato sul campo. Ho fatto movimenti laterali, volèe, cambi di direzione. Non so se funzionerà, ma ogni volta che torno a casa ho la sensazione di essere migliorato. Ho cambiato anche gli allenamenti, curo molto la tecnica".
 
Oltre a questo, Ferrer ha fatto un passo in più anche sul piano dell’attrezzatura. Fedele testimonial Prince, ha cambiato incordatura. E l’ha testata per la prima volta al Masters, dove era riserva e ha potuto giocare l’ultimo match del girone.
 
“Non cercavo potenza, ma profondità. Nel 2014 ho notato che in alcuni momenti non dominavo tanto il punto, che andavo sempre a rimorchio e che contro alcuni giocatori ero costantemente in difesa. Avevo bisogno di una corda che mi facesse giocare più profondo per avere più campo a disposizione. Sono passato a un ibrido: verticali di un tipo, orizzontali di un altro. La palla viaggia un po’ di più”
 
Mateo lo ha provocato. “Proviamo a fare un po’ di fantatennis. Se avessi aviuto un migliore rovescio lungolinea?”
 
"E se avessi servito meglio? Se fossi stato 2-3 centimetri più alto? Forse non mi sarebbe servito di più…però mi sono adattato e sono salito al numero 3. Ho quello che c’è. Ogni anno ho provato a migliorare. Forse il 2014 è stato l’anno in cui sono migliorato di meno sul piano tennistico".
 
Immancabile una domanda sulla Coppa Davis e la polemica dell’arrivo di Gala Leòn nel ruolo di capitano. A 32 anni e con tanti match sulle gambe, Ferrer tornerà a giocare per l’Insalatiera?
 
“La mia presenza non dipende dalla polemica, da Gala o da chiunque sia il capitano. E non posso nemmeno dire che ho scelto di lasciare la Davis. Sono numero 10 del mondo. Stando bene sul piano tennistico non voglio ritirarmi senza aver più giocato. Tornerò in Davis. Il format deve cambiare, ogni anno è sempre più complicato inserirla nel calendario. E’ molto duro e qualcosa va sacrificato. Quando mi renderò conto che non servirò più, sarò il primo a dire che non tornerò a giocare”.