Ferrer supera Haas e vola in finale a Miami. Ne ha fatta di strada da quando voleva smettere a 17 anni. Oggi è un esempio e non smetterebbe mai di correre. Senza dimenticare quello che gli succede intorno.
Pilar Ern è nata a Javea nel 1952. La ragazza è cresciuta, ha studiato e poi si è sposata con Jaime Ferrer, commercialista appassionato di calcio e tennis. La frizzante Pilar, maestra presso la scuola elementare "Trenc d’Alba", voleva che i suoi due figli (Javier e David) andassero all’Università. Il più piccolo, David, ha preso la racchetta in mano all’età di 8 anni. Sembrava una passione come tante, poi però è successo qualcosa: dopo la vittoria in un torneo nazionale under 15, lo chiamarono a Barcellona. La federtennis catalana gli aveva trovato una borsa di studio. Poteva entrare nell’Università del tennis. Non era quella che Pilar sognava, ma si è dovuta rassegnare. “Fai quello che ti senti, l’importante è che tu sia felice”. Non aveva certezze. Per la verità, non le aveva nemmeno David. Nell’estate del 1999, depresso per qualche sconfitta di troppo, si è preso una pausa dal tennis. Qui la storia diventa nota. Andò a fare l’assistente muratore. “Un giorno mi disse che non voleva più giocare a tennis, aveva smesso con gli studi e tornò a casa. Suo padre gli trovò questo lavoro. Ha passato una settimana a sollevare i mattoni. Ma si è pentito subito”. Parola di Javier Piles, l’uomo più importante della sua carriera, quello che gli sta ancora dietro, anche in questo torneo di Miami dove Ferrer ha conquistato la finale battendo Tommy Haas, battuto con il punteggio di 4-6 6-2 6-3. Dopo un inizio disastroso, Ferrer ha pazientemente aspettato che il tedesco si spegnesse. E’ accaduto nel secondo set, poi dopo un sussulto d’orgoglio di Haas in avvio di terzo, il buon David si è aggiudicato cinque giochi consecutivi e si è preso la quinta finale in carriera in un Masters 1000. Un risultato eccezionale. 15 anni fa non ci avrebbe mai sperato.
Ridiamo la parola a Piles. “Dopo la sua telefonata gli ho detto: Va bene, ti aspetto. Lunedì mattina alle 9 devi essere in campo”. E’ normale. Un ragazzo di 16-17 anni ha voglia di uscire, farsi i fatti suoi. Uno sport complicato come il tennis richiede impegno. Ma Ferrer ha trovato la forza per metterci tutto se stesso. E adesso è il numero 5 del mondo, il primo degli umani, con qualche punta tra gli extraterrestri. Comunque vada la finale, supererà di nuovo Nadal. Sa bene che Rafa è più forte, ma intanto il ranking lo premia. Difficile trovare un aggettivo per descrivere Ferrer. Iperattivo, disciplinato, esplosivo, corretto, timido, coraggioso. Tutti lusinghieri. L’anno scorso, a 30 anni, ha infilato la miglior stagione in carriera. Ha giocato più partite di tutti (91), vincendone 76. Si è aggiudicato sette titoli, ma non gli basta mai. E' drogato di risultati. Quest’anno ne ha già vinti un paio, Auckland e Buenos Aires. Senza contare la semifinale in Australia. “Ho avuto una carriera lunga e regolare, mi sento ancora bene. Non ho avuto gravi infortuni, il che mi ha permesso di essere ancora qui. Quando percorri più volte la stessa strada, cerchi di non inciampare. E’ un po’ come nella vita". Oggi è più tranquillo, anche se ogni tanto ha degli scatti di nervi e delle improvvise pause mentali. “Ho rotto tante racchette, ma devi passare anche da lì per imparare”. Lo sottovalutano perchè non è appariscente come gli altri top 10, ma anche lui ha qualità importanti. “La principale? Porto gli avversari alla disperazione. E’ il mio gioco”. Radek Stepanek gli ha fatto un gran complimento. “E’ un pitbull”. Ti morde alle caviglie e non ti molla più.
Come ogni spagnolo, Ferrer è appassionato di calcio. Tifa per il Valencia ma ammira il Barcellona. Oltre alle sedute sul campo, effettua allenamenti particolari come il TRX, un allenamento di forza che si esegue in sospensione, utilizzato addirittura dall’esercito americano. Ama il ciclismo, spesso va in bicicletta. Salita o pianura non importa, ciò che conta è pedalare. Il suo fisioterapista gli ha trasmesso la passione per il paddle, altro sport molto diffuso in Spagna. Un modo come un altro per evitare la consueta routine, che impone al tennista 8-10 ore al giorno tra campo e palestra. “La bicicletta è ottima per le ginocchia, visto che non le stimola più di tanto. Mi rilassa, è buono fare sempre cose diverse. Quando ero piccolo guardavo spesso il Tour de France, seguivo prima Indurain e poi Contador. Mi piace molto”. Piles lo descrive come un ragazzo ansioso, nervoso e molto esigente con se stesso. Ha talmente tanta voglia di competere che ha bisogno di sottoporsi a tecniche di rilassamento per darsi una calmata. Dopo l’Australian Open è rimasto a casa per tre settimane. Soffriva all’idea di non poter gareggiare. Fosse per lui, non si fermerebbe mai. Allora cerca di dare un senso sportivo anche alle pause. Come l’anno scorso, dopo la delusione olimpica. E’ andato a visitare le rovine Maya a Tulum, dove ha sperimentato la discesa attaccato a una corda. Come ogni essere umano, ha bisogno di una certa stabilità emotiva per rendere. Adesso l’ha trovata grazie alla relazione con Marta Tornel, ragazza che gli è stata presentata dalla moglie di Piles. Ma è anche riflessivo e adora leggere. Va pazzo per i romanzi di Ken Follet, ma non disdegna i libri sportivi come la biografia di Nadal (ecco perchè poi ci perde…) o “Mourinho vs. Guardiola”. La lettura è una passione talmente grande che sul suo sito informa sempre sul libro che ha sotto mano. “Questa passione me l’ha trasmessa mia madre. Mi piacciono i romanzi, le biografie, i libri di auto-aiuto. Le lettura mi rilassa, mi dà pace…mi trasmette tranquillità. Quando sono in giro mi porto sempre 3-4 libri, ma adesso carico tutto sull’e-book. E’ molto più comodo”.
Nonostante abbia intascato 18 milioni di dollari in soli montepremi, non ha mai perso l’umiltà. Non dimentica da dove viene. Il suo segreto, in fondo, è tutto qui. “I miei genitori mi hanno fornito una buona educazione. Mi hanno insegnato l’importanza del lavoro, della costanza e dell’umiltà. Ho sempre presente il loro esempio e i sacrifici che hanno fatto per me e per mio fratello. Adesso sto bene, alloggio negli hotel più belli e non mi manca niente. Ma non mi dimentico quello che mi succede intorno. La Spagna sta vivendo un momento difficile, ho tanti amici che soffrono e fanno fatica ad andare avanti. Come fai a rimanere indifferente a tutto questo?”. Ferrer ha vinto 20 titoli. Non sogna uno Slam, ma una vittoria a Barcellona, laddove hanno creduto in lui e lo hanno fatto crescere come uomo e come giocatore. “Tuttavia non chiedo nulla di più di quello che ho ottenuto. Sono orgoglioso. McEnroe ha detto che il tennis è uno sport per perdenti. E’ vero, perchè la sconfitta arriva sempre. Sono felice di fare questo lavoro, ma non penso sia giusto darci troppa importanza. Provo a essere un esempio: quando mi capita di parlare con i giovani, dico sempre che non devono smettere di crederci”. Lo dice uno che ha superato i suoi limiti: vale la pena dargli retta.
ATP MASTERS 1000 MIAMI – SEMIFINALI
David Ferrer b. Tommy Haas 4-6 6-2 6-3
Andy Murray vs. Richard Gasquet
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