Lo spettacolo pirotecnico dell’Australia Day condiziona i match di tennis: in corso trattative per trovare una soluzione. E la coppa non ha più spazio per incidere i nomi dei vincitori!
I fuochi d’artificio dell’Australia Day visti dalla Rod Laver Arena
 
Di Riccardo Bisti – 30 gennaio 2013

 
Quando il capitano Arthur Phillip ha issato la bandiera britannica a Sydney Cove, non avrebbe mai immaginato che quel gesto sarebbe passato alla storia. Era il 26 gennaio 1788 e l’Australia assumeva per la prima volta un’identità nazionale. Sono passati 215 anni e il 26 gennaio è la data più importante per il popolo australiano. Non solo feste, cerimonie, iniziative: ogni cittadino espone la bandiera nazionale e assume un ruolo attivo nella comunità. Si festeggia anche a Melbourne, con tanto di spettacolo pirotecnico, Alle 21.40, inevitabilmente, il cielo già buio si illumina. Ma c’è un problema: a quell’ora si sta giocando la sessione serale dell’Australian Open. Il baccano dei fuochi d’artificio ha bloccato la finale tra Victoria Azarenka e Na Li. Nel 2014, l’Australia Day capiterà in corrispondenza della finale maschile. Quest’anno, l’interruzione pirotecnica è arrivata dopo il terzo gioco del terzo set. Sarà un caso, ma al rientro in campo Na Li si è storta nuovamente la caviglia e ha virtualmente perso la partita. Anche negli anni passati, i fuochi d’artificio hanno condizionato i match. Lo scorso anno sono stati sparati durante la semifinale tra Roger Federer e Rafael Nadal, sul 5-2 nel secondo per Rafa. Al rientro, lo spagnolo si aggiudicò 11 punti consecutivi. Non esiste una regola che obblighi a stoppare gli incontri in corrispondenza dei fuochi. La scelta è lasciata ai giocatori: se uno dei due vuole fermarsi, ci si ferma. Per andare avanti devono essere entrambi d’accordo. Lo spettacolo pirotecnico dura circa 9 minuti: Na Li e Victoria Azarenka hanno scelto di fermarsi, così la gente di Melbourne ha potuto mettere i nasi all’insù.
 
Ma c’è una novità: Craig Tiley, direttore del torneo, sempre attento alle esigenze dei giocatori, ha detto di aver già iniziato i colloqui con il Governo del Victoria per trovare una soluzione accettabile, magari già a partire dalla prossima edizione. Con i match maschili al meglio dei cinque set, è scontato che i fuochi partiranno con la finale ancora in corso. L’interruzione dei match è imbarazzante per lo spettacolo televisivo, ma soprattutto può condizionare lo svolgimento della partita. Non è certo un fattore decisivo, ma può influire. “Stiamo lavorando con il governo per capire quali possibilità esistono – ha detto Tiley – stiamo discutendo su cosa è meglio, perché noi vogliamo tutelare la continuità del gioco ma allo stesso tempo vogliamo riconoscere e celebrare l’Australia Day. Insomma, ci troviamo un po’ tra l’incudine e il martello. Se fossimo in grado di trovare una soluzione soddisfacente per entrambi, sarebbe l'ideale. La nostra preferenza sarebbe che i fuochi d’artificio non interrompano la partita”. Gli organizzatori dell’Australian Open vogliono tutelare il diritto ai fuochi d’artificio, ma un eventuale accordo porterebbe inevitabilmente a un cambiamento. “Sinceramente non so chi sarebbe coinvolto” ha concluso Tiley. A naso, l’unica soluzione per tutelare il tennis sarebbe lo spostamento dei fuochi d’artificio subito dopo il matchpoint. L’effetto scenico sarebbe eccezionale, con i fuochi che avrebbero una doppia valenza: la celebrazione del vincitore e la festa per l’Australia Day. Tuttavia, chi non ama il tennis sarebbe (giustamente) innervosito dal dover aspettare anche fino a mezzanotte per godersi lo spettacolo, lasciando perdere i casi limite come la finale maschile dello scorso anno, terminata quasi alle 2. Non sarebbe la prima volta che il tennis modifica le abitudini di una comunità: qualche anno fa, il sindaco di New York David Dinkins firmò un’ordinanza che ordinava gli aerei in partenza e in arrivo dall’aeroporto newyorkese di La Guardia di fare un percorso alternativo che non disturbasse il gioco durante lo Us Open. Vedremo se in Australia avranno il coraggio di fare altrettanto.
 
Quello dei fuochi d’artificio non sarà l’unico problema per Tiley e il suo staff: sulla storica Norman Brookes Challenge Cup, trofeo destinato al vincitore e intitolato al leggendario campione di un secolo fa, vengono incisi i nomi dei vincitori. Tuttavia, non c’è più spazio: sotto al nome di Novak Djokovic, campione 2013, potrà esserne inserito soltanto un altro. La coppa si trova su un basamento di 15,5 centimetri, ma ormai non c’è più spazio. E ora? “Domanda interessante. Il nostro incisore ha detto che l’anno prossimo dovremmo riuscire a farci stare un altro nome – dice Tiley – sapevamo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto, e stiamo discutendo con alcuni curatori. Abbiamo qualche opzione, di sicuro ci siamo impegnati a non cambiare il trofeo. Dobbiamo trovare più spazio”. Attualmente il problema non si pone per il Daphne Akhurst Trophy, destinato alla vincitrice, ma tra qualche anno si esaurirà anche quello. “Ma entrambi i trofei sono un patrimonio del nostro tennis. Dobbiamo trovare un modo per mantenerli così come sono”.