Juan Monaco festeggia alla grande il 28esimo compleanno. Batte Fish e vola in "semi" contro Djokovic (62 76 a Ferrer). Ecco come, da terraiolo, è diventato un tennista completo.
Juan Monaco ha ottenuto la 14esima vittoria in carriera contro un top 10
Di Riccardo Bisti – 30 marzo 2012
Festeggiare il 28esimo compleanno sul centrale di Miami, dopo aver ottenuto uno dei migliori risultati in carriera. Juan Monaco non sarebbe arrivato a tanto nemmeno nei sogni più arditi. Invece è tutto vero. Battendo Mardy Fish con un netto 6-1 6-3 ha conquistato la seconda semifinale in un Masters 1000. Aveva fatto altrettanto a Shanghai nel 2010, ma questa vale di più. Allora battè il solo Jurgen Melzer come giocatore di livello, mentre stavolta si è infilato nella zona lasciata scoperta da Roger Federer. Uno dopo l’altro, ha superato Andy Roddick e Mardy Fish. Lo ha fatto nettamente, senza incertezze, riprendendosi un posto tra i primi 20 nel Masters 1000 più “sudamericano” del circuito. Miami (o meglio, l’isolotto di Key Biscayne) si trova negli Stati Uniti, ma c’è una vasta comunità ispanica. Il tifo è caldo, colorato, come piace a lui. Da buon argentino, il “Pico” è appassionato di calcio ed è un grande tifoso dell’Estudiantes. E devono essergli venuti i brividi quando la gente ha ha fatto partire il coro “Olè olè olè olèèèèè Picooo…Picooo…”. Che il match contro Fish fosse alla sua portata era un segreto di pulcinella. Bastava dare un’occhiata ai precedenti. Ma nessuno, nemmeno lui, pensava a un match così facile. Monaco ha dominato dalla prima all’ultima palla, tenendo un’altissima percentuale di prime palle. L’unico momento di incertezza è arrivato nel cuore del secondo set, quando Fish ha trovato uno scatto d’orgoglio e si è portato sul 3-3. Il match avrebbe potuto girare, ma Monaco ha infilato uno spettacolare break al settimo game, suggellato da uno splendido lob di dritto. Pochi minuti dopo gli stringeva la mano, da vincitore, ebbro di gioia.
Juan Monaco fa parte della (lunga) lista di giocatori che se fosse stato italiano sarebbe stato il più forte degli ultimi 30 anni. Ha vinto quattro titoli ATP, vanta due ottavi nei tornei del Grand Slam (entrambi allo Us Open) e una notevole continuità. Non ha la potenza di Del Potro, il talento di Nalbandian o i muscoli di Willy Canas (ultimo argentino in finale a Miami, nel 2007), ma sa costruirsi il punto ed ha una pazienza olimpica. Se c’è bisogno, può correre anche tutto il giorno. “E’ stato incredibile festeggiare il mio compleanno in questo modo – ha detto durante l’intervista sul campo con Brad Gilbert – oggi mi riusciva qualsiasi cosa, è stata la partita perfetta”. Si è persino concesso il lusso di chiudere con una splendida demi volèe, colpo che di solito non fa parte del suo repertorio. Miami è il torneo dove otto anni fa si rivelò al mondo. Passò le qualificazioni, poi battè Joachim Johansson e Guga Kuerten prima di cedere in tre set a Paradorn Srichaphan, allora n. 10 ATP. Fu grazie a lui, anello di congiunzione tra Perez Roldan-Zabaleta e Del Potro, che gli addetti ai lavori iniziarono a capire che a Tandil c’era qualcosa di speciale. La sua crescita è stata lenta, poi nel 2007 c’è stata l’esplosione ad altissimi livelli. Dopo un 2008 di assestamento, si è stabilizzato a livello di top 30. A Miami è accompagnato dalla splendida fidanzata Zaira Nara (ex dell’attaccante dell’Inter Diego Forlan), dal fratello Andres e da coach Gustavo Marcaccio, ex giocatore da challenger. “Adesso non ho più paura di giocare sui campi veloci – dice il “Pico”, che sul "rapido" ha conquistato il 64% dei suoi punti ATP – i risultati mi hanno dato la fiducia di provarci. Ho migliorato il servizio, mi capita di andare a rete senza pensare che posso perdere il punto…insomma, c’era un progetto e alla lunga i risultati si vedono”. Marcaccio, con grande umiltà, non si prende troppi meriti. “Gli allenatori che si sono susseguiti in questi anni ha detto le stesse cose a Juan. Doveva essere più aggressivo, cercare la rete, anche perché sa aprirsi il campo come pochi. E sui campi veloci è una dote non indifferente”.
I meriti della crescita del “Pico”, dunque, sono da suddividere tra Luis Lobo (che lo ha preso a 19 anni), Pepo Clavet e lo stesso Marcaccio, che però si affretta a sottolineare. “Tutto questo non deve snaturare la sua tempra di lottatore. Lui è uno che si esalta in difesa. Più lo scambio si allunga e più diventa forte”. E poi ci sono due gambe da maratoneta, rapide ed esplosive, forgiate grazie al lavoro del preparatore atletico Ignacio Menchon. Marcaccio osserva le partite e prende appunti su un quaderno, come un Van Gaal qualsiasi. “Mi serve per analizzare le partite a freddo. Possono esserci dei dettagli importanti. E poi non mi fido dei supporti elettronici, meglio la vecchia carta. Gli obiettivi? Terminare il Roland Garros tra i primi 20 e l’anno tra i primi 15. E speriamo che faccia bene a Parigi. Ogni volta che arriva questo torneo si spera che sia la volta buona, ma non deve mettersi troppa pressione. Quest’anno non giocherà la World Team Cup di Dusseldorf e andrà a Parigi qualche giorno prima. Prepararlo in modo diverso mi sembra una buona idea”.
Intanto c’è da giocare una semifinale a Miami. L'avversario sembra una montagna insormontabile: Monaco se la vedrà con il numero 1 Novak Djokovic, che nel match serale ha superato 6-2 7-6 un generoso David Ferrer. Dopo aver vinti facilmente il primo set, "Nole" ha dovuto lottare duramente nel secondo. Per due volte di un break (1-0 e 5-4), si è sempre fatto riprendere nello spagnolo che per lunghi tratti ha dato l'impressione di giocare meglio. Sotto 5-6 e annusato il pericolo, Djokovic ha dato il meglio di sè e ha dominato il tie-break con il punteggio di 7-1. Qualche rimpianto per Ferrer, che sul 3-1 ha interrotto il gioco perchè aveva valutato fuori un colpo di Djokovic. La verifica elettronica gli ha dato torto, sfaldando ogni speranza. I precedenti tra Monaco e Djokovic dicono 4-0 per il serbo, con l'unico set vinto da Monaco nel bel match giocato negli ottavi allo Us Open 2007. Diciamo che "Nole" non poteva chiedere di meglio, però il "Pico" non è mai stato così bene. E si è pure mangiato la torta…
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