Il difensore del Cagliari, in prestito dall’Atalanta, era anche un’ex promessa del tennis. La decisione di puntare tutto sul calcio a 13 anni. Coach Ivano Pieri testimonia: “Ha raggiunto la semifinale alla Lambertenghi facendo un ventesimo rispetto ai vari Napolitano, Quinzi e Donati”.
Dalla vittoria al Lemon Bowl alla semi alla Lambertenghi
Federico Mattiello, una delle migliori promesse italiane del tennis che esordisce a 19 anni con la Juventus in Serie A. Una storia di un talento naturale, col pallone e con la racchetta, accantonata per vestirsi bianconero. Il ventiquattrenne di Barga è ormai da parecchie stagioni nel massimo campionato italiano con 56 apparizioni e numerose esperienze. Ora veste la maglia del Cagliari, in prestito dall’Atalanta, dopo essere stato un punto fermo del Bologna di Inzaghi la scorsa stagione.
Nel passato del classe 1995 toscano ci sono però anche successi di rilievo nel mondo del tennis, a partire dal Lemon Bowl in cui ammette di aver “giocato sempre benissimo” sino alla semifinale alla Coppa Lambertenghi. In esclusiva ai nostri microfoni, Federico riparte dal momento che ha cambiato la sua vita, ovvero la chiamata della Juventus: “È stata una scelta naturale – rivela a distanza di anni -. Non avevo troppi dubbi: arrivò quella chiamata da Torino, non dovevo pensare a null’altro. Il tennis era più impegnativo, anche se mi sarebbe piaciuto continuare per vedere dove sarei potuto arrivare. Ho preso la decisione più logica, sarei dovuto andare in giro da solo a quell’età…In Italia è più semplice giocare a calcio che a tennis. E poi, difficile rifiutare un’offerta del genere, l’offerta della vita”.
A testimoniare quegli anni chi meglio di Ivano Pieri, padre delle figlie professioniste Jessica e Tatiana ed ex coach di Federico. Il rapporto tra i due rimane intatto, si sentono più volte al giorno. Un rapporto che, nonostante la popolarità di Mattiello, non si è mai interrotto: “Suo padre un giorno mi chiamò – racconta Pieri, maestro del Circolo Tennis Lucca – e mi disse: ‘Abbiamo ricevuto una chiamata dalla Juventus, cosa faresti? Mi devi rispondere come se fosse tuo figlio’. Io non ebbi alcun dubbio: ‘Se fosse mio figlio andrei alla Juve’. Il motivo è semplice. Se fai una buona trafila in Primavera e ti gira bene sei sistemato per tutta la vita. Lui è stato bravissimo, si è creato con l’impegno e la bravura il contratto professionistico”. Praticare due sport ad alto livello non è mai stato un problema per Federico: “Si è allenato pochissimo e ha raggiunto grandi risultati, come la semifinale alla Lambertenghi, facendo un ventesimo rispetto ai vari Napolitano, Quinzi e Donati”, conclude.
Mi allenavo solo 2-3 volte a settimana
Mattiello ricorda con piacere il proprio passato tennistico, senza troppi rimpianti e rimorsi. Del resto, difficile parlare di scelta sbagliata quando arrivi a giocare stabilmente in Serie A. “Mi è dispiaciuto separarmi da Ivano – prosegue – quando posso lo vado a trovare. Ripeto, non è stata una scelta facile, ma quasi obbligata. Devo ammettere che è stata una grande fortuna fare tutte e due gli sport, è stato importante per molte cose. Ero sempre impegnato, c’erano weekend in cui il sabato giocavo a tennis e la domenica facevo la partita di calcio: tutto ciò mi ha aiutato molto nello sviluppo fisico e mentale. Gli altri si allenavano più di me perché facevano solo quello, a tennis giocavo due-tre volte a settimana”. Sul rapporto con i pari età come Donati e Napolitano: “Non li ho più sentiti, eravamo molto piccoli – conclude – ma i ricordi di quegli anni sono tutti bellissimi”.