Uno di quegli incontri che non ti aspetti abbiano un senso. Una storia. Un motivo per essere messi in discussione. Troppa la differenza di categorie, tra Roger Federer e Diego Schwartzman, che farà capolino nei primi 60 ATP proprio domani, per la seconda volta in carriera. Ed invece ecco ad una delle prestazioni più sofferte, se non inquietanti, dello svizzero. Che sì, ottiene la sua terza finale in stagione. Ma soffre. E s'offre al suo avversario, altresì incredulo, in più di un occasione. Nel primo set, all'argentino, non serve nemmeno essere impeccabile. Non funziona nulla nel gioco dello svizzero. Non si intravede l'ombra di un vincente. Tanti, troppi gli errori. Emblematico il rovescio che regala il secondo break all’avversario. A Schwartzman non par vero, dopo nemmeno mezz'ora, di chiudere il primo set per 6-2. Non par vero nemmeno al pubblico della Garanti Koza Arena. Pubblico ammutolito e deluso. Non par vero nemmeno a Federer che ritorna tra noi nel secondo set. Ha bisogno di un warning per destarsi dal letargo. Warning dopo aver scagliato la palla al di là delle tribune, dopo l'ennesimo, frustrante, scambio vinto dall'avversario. Proprio sulla prima palla break dell'incontro. Ma passano pochi istanti e ne arriva una seconda. E questa volta Roger allunga. E si palesa, per la gioia degli astanti, in tutta la sua classe. Lo svizzero sale in cattedra. Ottiene un altro break, nell'ottavo gioco. E restituisce il 6-2. A quel punto, la finale sembrava poco più che una formalità. Ma anche nel terzo set, Roger fa di tutto per complicarsi la vita. Due palle del 2-0 fallite miseramente nel secondo game. Una sanguinosa palla break sventata nel quinto, con un rovescio di antico splendore. Passano i game e Schwartzman ha un solo obiettivo: acciuffare il tie-break. Ma il capolinea è vicino. Nel decimo game concede e annulla il primo match point. Sul 5 a 6 nulla può. Nemmeno la sua generosità. Arrivano altri due match point e quindi la finale numero 128 per Federer.
NIENTE FINALE OLD STYLE
Potrebbe essere la prima in carriera, contro il suo idolo, per Grigor Dimitrov. Ma Pablo Cuevas non è avversario malleabile. Numero tre di questo torneo, l'uruguaiano nato in Argentina non ha intenzione di accontentare la platea. E nel primo set non ha nemmeno bisogno di gettare la racchetta oltre l'ostacolo. Dimitrov gioca forse il peggior set della sua carriera. Perde quattro volte su quattro il servizio, con percentuali raccapriccianti: 35 sulla prima, 28 sulla seconda. Cuevas non riesce nemmeno ad infierire, concede anche lui due break. Ma al momento di servire per il set, seppur tra qualche sussulto, chiude alla prima opportunità, concretizzata con un'altra risposta scaraventata sui teloni da Grigor. L'incontro è oramai andato. Il secondo set è un copione già scritto. Sino al due pari c'è ancora una semifinale. Poi il break dell'uruguagio, sul due pari. E quindi la racchetta disintegrata al suolo, dal bulgaro, nel game successivo. Quando Cuevas concretizza il vantaggio e si porta sul 4 a 2 . A un passo dalla finale. Passano pochi game. Un “C'mon Federer” distrae Cuevas quando serve sul primo match point. Sul secondo, non c'è disturbo che tenga . Dritto in contropiede e, dopo un'ora quindici minuti, ottiene la finale. La quarta in carriera. La seconda in stagione. Ma la prima contro Roger Federer. E non sarà una passeggiata di salute per lo svizzero. Per questo svizzero.
ATP ISTANBUL – Semifinali
Roger Federer (SUI) b. Diego Schwartzman (ARG) 2-6 6-2 7-5
Pablo Cuevas (URU) b. Grigor Dimitrov (BUL) 6-2 6-4