US OPEN – Altra dura sconfitta per Roger Federer. Lo svizzero cede in tre set a Tommy Robredo. Il suo fisico ha patito l’umidità. La vetta non la prende più: ad oggi, è difficile pensare anche a un happy ending.
Roger Federer fallisce l'accesso ai quarti di finale dello Us Open
Di Riccardo Bisti – 3 settembre 2013
Gli amanti di Roger Federer si sono già divisi in due fazioni. C'è chi è convinto che possa tornare a splendere, magari vincere un altro grande torneo (possibilmente uno Slam, ma quale?). E chi crede che l’epopea di Federer sia irrimediabilmente terminata, a 32 anni, mille acciacchi e un corpo che non risponde più come prima. Nella conferenza stampa post-sconfitta contro Tommy Robredo, vincitore con il punteggio di 7-6 6-3 6-4, lo svizzero ha dichiarato che è stata soprattutto colpa sua. “Mi sono autodistrutto, questo è molto deludente. E stata una prestazione frustrante. Robredo non ha fatto nulla di diverso rispetto agli altri precedenti: non ha fatto serve and volley, non ha preso la rete in risposta. Ha servito in kick come sempre”. Federer non ha cercato scuse. Da gran signore, ha evitato di appigliarsi allo spostamento di campo. Il match avrebbe dovuto giocarsi sull’Arthur Ashe, ma il lungo stop per pioggia lo ha declassato sul Louis Armstrong, dove non giocava da sette anni. Federer ha perso solo perchè ha giocato male. Quello che non dice (o non spiega), è il perchè. Com’è possibile giocare così male contro un avversario che aveva battuto 10 volte su 10, con un terrificante parziale di 27 set a 3? Robredo non ha nulla (ma proprio nulla) per metterlo in difficoltà. Lo ha indirettamente ammesso lo stesso Roger parlando della sconfitta contro Stakhovsky a Wimbledon: "Lì sapevo che avrebbe potuto mettermi in crisi con il suo sistematico serve and volley". Stavolta le colpe sono sue. Insistiamo: perchè? La realtà, triste da ammettere, perchè non prevede soluzione, risiede nel logorio. Roger non è più brillante come qualche anno fa. Le gambe sono meno esplosive, il serbatoio tiene meno benzina e il suo tennis ha bisogno di continui rifornimenti. In una serata umida, dove il fisico era messo a dura prova, Roger ha messo in mostra tutte le difficoltà di un atleta in calo (decadimento?) fisico. Nello scambio da fondo ha sbagliato una miriade di colpi, anche di metri. Faticava a colpire bene. Se ne rendeva conto, allora cercava disperatamente la via della rete. Ma le condizioni di gioco, rallentate dall’umidità, hanno reso vita facile ai passanti di Tommy Robredo, l’uomo che sa sempre cosa fare. Se glielo consenti.
In 10 precedenti, Federer gli aveva lasciato le briciole. Eppure Tommy è tutt’altro che uno sconosciuto. Numero 5 ATP nel 2006, anno in cui ha vinto il Masters 1000 di Amburgo, godrebbe di ben altra considerazione se avesse il passaporto norvegese o paraguaiano. Essendo spagnolo, ha vissuto all’ombra dei vari Moya, Costa e Corretja (prima) nonchè Nadal e Ferrer (dopo). Persino i vari Lopez, Almagro e Verdasco sono più popolari di lui. Eppure ha vissuto una carriera eccezionale, che sembrava finita quando si è fermato per otto mesi tra il 2011 e il 2012 per un problema alla coscia sinistra. E’ tornato al challenger di Caltanissetta, vincendo il torneo. Quel risultato gli ha fatto capire che poteva riprovarci, anche se fino ad aprile di quest’anno ha avuto mille dubbi. “Poi la vittoria a Casablanca mi ha fatto capire che potevo ancora farcela”. E così è arrivata la grande impresa di Parigi, quando ha vinto tre match di fila rimontando due set di svantaggio. Non succedeva da 86 anni. L’ultimo a riuscirci era stato un certo Henri Cochet. Adesso arriva un'altra soddisfazione, anche se Federer gli ha dato una grossa mano. E’ vero che Robredo ha cancellato 12 palle break su 12 tra secondo e terzo set, manco fosse un bombardiere. Tuttavia, buona parte se le è auto-annullate Federer con giocate inspiegabili, almeno in apparenza. Spesso gli errori nascevano da una cattiva posizione con i piedi. E quella è più spiegabile. Le ultime chance sono arrivate nel quarto game del terzo set, quando Roger si è trovato 0-40 sul servizio di Robredo, ma ha sciupato un totale di cinque palle break. Troppe. Specie se sul 3-3 perdi a zero il servizio infilando un errore dopo l’altro. Robredo non ha ecceduto nell’esultanza, sapeva che questa vittoria ha molto più prestigio che sostanza. Ma intanto nei quarti ci va lui, per l’immensa gioia di Rafael Nadal, che sull’Arthur Ashe ha impiegato oltre tre ore per sbarazzarsi di un buonissimo Kohlschreiber, bravo a scippargli il primo set salvo poi spegnersi, lentamente, game dopo game. Anche contro Nadal ha sempre perso (sei volte su sei), ma l’impressione è che anche stavolta non ce la farà.
E Federer? “Voglio dimenticare in fretta questa sconfitta, tornare ad allenarmi bene e giocare meglio. So che posso farlo”. La programmazione non cambierà per cercare di azzannare un Masters che potrebbe anche essere a rischio, ma non è questo il punto. Federer ci crede ancora. Pensa e ragiona come qualche anno fa, come se la testa non sia andata di pari passo con il corpo. In verità, sta provando ad assecondarlo. Quest’anno si è preso quasi 50 giorni di pausa tra Indian Wells e Madrid, proprio per allenarsi a dovere. Ha testato la racchetta nuova per ingrandire lo sweet-spot, consapevole che non sempre riuscirà ad arrivare bene sulla palla. Ma certi processi sono irreversibili. Difficile entrare nella sua testa: non deve essere semplice abituarsi a certe sconfitte quando hai conosciuto la vera gloria e ancora oggi ti trattano come un Dio (ricordate le esibizioni in Sud America? Ebbe un’accoglienza da fare invidia a un Papa!). Possiamo muovere una critica? A volte si ha la sensazione che Federer ascolti più gli stimoli esterni (la popolarità, chi lo asseconda su tutto, alimenta il suo mito) piuttosto che quelli interni (un corpo che paga 15 anni ad altissimi livelli, senza pause). Nulla gli potrà togliere quello che ha conquistato in carriera. E nell’eterno dibattito sul GOAT sarà sempre uno dei primi nomi a venire in mente. Ma abbiamo un sospetto: la sua vita tennistica potrebbe sgonfiarsi lentamente, senza alcun happy-ending. Più Borg che Sampras, più McEnroe che Agassi. Forse per lui non è un grosso problema.
FERRER-GASQUET NEI QUARTI
La pioggia ha costretto a far giocare quasi in contemporanea tutti gli ottavi in programma. Dalle 17 locali in poi, il tempo è stato clemente e ha consentito di ultimare il programma, con la sola cancellazione di Azarenka-Ivanovic, programmato come primo match di martedì. Detto della vittoria di Nadal, che conferma qualche difficoltà tecnica contro Kohlschreiber (ma non tanto da perderci), conquista i quarti anche David Ferrer. Lo spagnolo ha vinto una maratona contro Janko Tipsarevic, battuto 7-6 3-6 7-5 7-6 in quasi quattro ore. “Ferru” ha rischiato grosso nel terzo set, quando è stato sotto di un break e Tipsarevic ha servito sul 5-4 e si è trovato avanti 40-15. Ferrer è rimasto miracolosamente in piedi ed ha chiuso in quattro set, sia pure tra inenarrabili fatiche. Ancora più dura la vittoria di Richard Gasquet, bravo a battere in rimonta Milos Raonic in cinque set. Il francese ha annullato un matchpoint nel tie-break del quarto, poi ha fatto valere quel briciolo di energia in più che gli era rimasto nel quinto. E Ferrer sarà ben felice di affrontare lui piuttosto che l'imprevedibile Raonic. Anche perchè lo ha battuto otto volte su nove.
US OPEN UOMINI – OTTAVI DI FINALE
Parte bassa
Richard Gasquet (FRA) b. Milos Raonic 7-6 6-7 2-6 7-6 7-5
David Ferrer (SPA) b. Janko Tipsarevic (SRB) 7-6 3-6 7-5 7-6
Tommy Robredo (SPA) b. Roger Federer (SUI) 7-6 6-3 6-4
Rafael Nadal (SPA) b. Philipp Kohlschreiber (GER) 6-7 6-4 6-3 6-1
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