Ottavo titolo a Wimbledon, diciannovesimo Slam: in una finale dai toni agonistici quasi inesistenti, Federer maltratta Cilic (acciaccato) e aggiunge un altro tassello a una carriera da leggenda. “Se credi davvero di poter andare lontano, lo puoi fare. E io ci ho creduto”. Per la prima volta, i quattro figli hanno assistito a un trionfo Slam di papà.

Alla fine piangevano tutti. Roger Federer perché ha vinto il suo ottavo titolo a Wimbledon, e soltanto lui sa quanta sofferenza ci sia dietro. Marin Cilic perché, poveretto, non ha potuto difendersi al meglio in una giornata che è parsa più celebrazione che agonismo. Basta questo per sintetizzare il 6-3 6-1 6-4 con cui lo svizzero ha cucito l'ennesima giornata di un viaggio iniziato 19 anni fa, proprio di questi tempi, quando perdeva da Lucas Arnold al primo turno del torneo ATP di Gstaad. Doveva essere un pomeriggio complicato, invece è stata la partita perfetta per Federer. Attenzione: “per” Federer e non “di” Federer, perché non ha avuto bisogno di fare chissà cosa nei 101 minuti che gli hanno spalancato i rituali post-vittoria: la stretta di mano col Duca di Kent, il trofeo al cielo, l'intervista con Sue Barker, il giro di campo e il saluto dal balcone per tutti quelli che non avevano avuto l'accesso al Centre Court. Lo ha fatto per l'ottava volta, come mai nessuno nella storia. Grazie alla norma del challenge round, William Renshaw aveva vinto per sette volte prima ancora che fosse inventata la radio. C'era già internet quando Pete Sampras lo aveva imitato, imponendosi per sette volte tra il 1993 e il 2000. L'anno dopo, avrebbe perso contro un giovanissimo Federer: ma non avrebbe mai immaginato, Pistol Pete, che sarebbero bastati sedici anni per vedersi privare anche di questo record.

CONTINUARE A CREDERCI
La finale di Wimbledon 2017 ha coronato un inseguimento iniziato dodici mesi fa, quando lo svizzero finì a pancia in giù durante la semifinale persa contro Milos Raonic. Quella caduta, che aggravò la bua al ginocchio, sembrava simboleggiare la fine di un'epoca. Le due finali perse al fotofinish nel 2014 e nel 2015 parevano una sentenza. Nel punto più basso, Roger ha preso la decisione più coraggiosa: fermarsi, dare tregua al suo corpo. Ha avuto ragione. “Forse dovrei prendermi un'altra pausa di 6 mesi! – ha scherzato durante l'intervista sul campo – ma non sono sicuro che un altro ritorno sarebbe altrettanto fantastico. E' un sollievo, quasi non credo di aver raggiunto certe altezze dopo l'anno scorso. Era difficile pensare di giocare un'altra finale in questo torneo, ma se credi di andare davvero lontano, lo puoi fare. E io ho continuato a crederci”. E giù tanta commozione: per la prima volta, i quattro figli erano tutti insieme a festeggiare uno Slam di papà: ma se Charlene Riva e Myla Rose sono ormai due dame del players box, per Leo e Lenny era una novità assoluta. “Probabilmente non si rendono conto, per loro è un bel parco giochi. Spero che con il tempo prendano coscienza di questi momenti. Le gemelle si divertono un po' di più”.

IL PROBLEMA DI CILIC
Come detto, è stata una giornata di pura celebrazione. Difficile pensare a un'altra partita anche se Marin Cilic avesse trasformato la palla break avuta sul 2-1, l'unica del suo match. Ha messo in rete la risposta, dando in là a un parziale di 17 punti consecutivi di Federer nei propri turni di battuta. Il primo strappo arrivava nel game successivo (3-2 e servizio), poi il primo set terminava con un doppio fallo. Al cambio di campo, il croato ha sbattuto la racchetta contro la sua sedia, si è seduto e si è coperto il visto sotto l'asciugamano. E' iniziato un calvario, diventato dramma sportivo al cambio di campo sul 3-0, quando ha chiesto l'intervento del fisioterapista ed è scoppiato a piangere. Si era reso conto che non avrebbe potuto più difendersi. Non si capiva che tipo di infortunio avesse, poi l'ennesima fasciatura al piede sinistro ha evidenziato quale fosse il problema. Mostrando un vivo senso di sportività, è rimasto in campo e ha dato tutto quello che aveva. Nel terzo set ha espresso il suo miglior tennis di giornata, arrivando a 40 in un turno di risposta, ma un break al settimo game spianava – spalancava! – la strada a Federer.

NON E' FINITA QUI
​L'ace numero 8 azzerava una tensione agonistica già bassa, al punto che l'esultanza è stata più commossa che vibrante
. Più che la gioia di aver vinto questa partita, Federer si è goduto il contesto. “Sollievo” è il termine giusto per descrivere le immagini regalate dallo svizzero. Un po' di numeri: è la prima volta che vince Wimbledon senza lasciare per strada neanche un set. Nell'Era Open, ce l'aveva fatta soltanto Bjorn Borg. Nei 18 Slam precedenti, aveva fatto strike soltanto all'Australian Open 2007. Gli Slam saranno pure faticosi, ma Roger ha reso tutto molto semplice: per sollevare il trofeo, ha dovuto battagliare per “appena” 11 ore e 37 minuti. Un'ora e mezza di media a partita. Con le premesse attuali, sembra molto difficile che qualcuno possa insidiare il suo primato di 19 Slam. Nadal avrebbe bisogno di un paio di miracoli fuori dal fortino di Parigi, mentre Djokovic sembra definitivamente staccato. Non è divertente tirare fuori la perniciosa questione sul più grande di tutti i tempi, ma per dirla con Rino Tommasi, Federer rientra nella ristretta cerchia di coloro che “hanno diritto ad essere presi in considerazione”. Con 19 Slam in bacheca, ha ottime argomentazioni nella chiacchiera da bar. Ma ciò che conta di più, oggi, è che la favola non è ancora finita.

WIMBLEDON UOMINI – Finale
Roger Federer (SUI) b. Marin Cilic (CRO) 6-3 6-1 6-4

GRANDE SLAM – I PLURIVINCITORI
Roger Federer – 19
Rafael Nadal – 15
Pete Sampras – 14
Novak Djokovic – 12
Roy Emerson – 12
Bjorn Borg – 11
Rod Laver – 11
Bill Tilden – 10
Fred Perry – 8
Ken Rosewall – 8
Jimmy Connors – 8
Ivan Lendl – 8
Andre Agassi – 8