di Enzo Anderloni
Erano anni che non si vedeva un Roger Federer così combattivo. All’indomani di quella che secondo me è stata una delle più belle finali Slam degli ultimi anni, è facile rimettere Andy Murray nel ruolo del perdente e Roger Federer in quello del fenomeno imbattibile.
In realtà, anche se Roger è oggi, più indiscutibilmente che mai , il più forte di sempre, ieri ha rischiato come non mai di perdere. Perché il Murray circondato da un’intera nazione orfana di vincitori da 78 anni, è stato uno dei migliori Murray mai visti, sfortunato a trovarsi dall’altra parte della rete uno dei Federer meno malleabili che ricordiamo. Se lo svizzero, inarrivabile come sempre per classe e repertorio tecnico, ha tirato fuori anche una dose insolita di spirito guerriero è stato però proprio… per colpa di Murray. E di tutti gli inglesi al seguito.
La tattica dello scozzese di Dunblane e il suo atteggiamento in campo erano perfetti per lo scopo di questa storica domenica di luglio 2012: lasciare che Federer si facesse battere dai suoi soliti fantasmi, da quelle piccole ma letali incertezze che più di una volta gli sono costate un titolo.
Murray infatti teneva il ritmo da fondo campo senza accelerare, non subiva il back di rovescio tagliente di Federer e lasciava che i rischi fossero tutti di Roger. Un muro di gomma impenetrabile che si trasformava in una macchina da ace e servizi vincenti nei turni di battuta.Risultato: Murray conduceva il match, Federer commetteva molti errori alla ricerca del colpo vincente. E si innervosiva.
Ulteriore tensione gli derivava dal fatto che, come raramente era capitato di vedere, i giudici di linea (inglesi) sbagliavano nel valutare le sue giocate rischiate ai limiti delle righe. Federer è noto per chiedere il controllo dell’”Occhio di falco” a sproposito. Nel primo set di ieri, ha avuto quasi sempre ragione e si è trovato anche a dover rigiocare punti importanti.
Già dunque era molto teso, in più non trovava la chiave della partita. Era Murray, inavvertitamente a fornirgliela. Sul 4-4, 15 pari, di quella prima partita, trovandosi una palla facile con Federer a rete da passare senza difficoltà, Andy sicuro in quel momento di sé fino alla spavalderia, decideva di tirare proprio addosso all’avversario. Uno sfregio. Lo svizzero faceva appena in tempo ad abbassarsi: la palla lo avrebbe colpito in pieno volto.
A chi lo conosce non può essere sfuggito lo sguardo furibondo e lo sfogo rabbioso dei servizi successivi: Federer l’elegantissimo aveva perso le staffe. Si era sentito accerchiato dagli inglesi e poi, perfino, sfrontatamente quasi abbattuto. Per la rabbia ha perso game e set.
Da lì in poi però si è visto uno dei Roger più determinati a vincere di sempre. Niente passaggi a vuoto, niente occasioni facili per l’avversario, niente distrazioni. Addirittura, al contrario, quelle due giocate da cineteca con cui, sul 6-5 a suo favore, 40-40, ha strappato servizio e seconda partita a Murray.
Pochi minuti prima, sul 4-4 si era salvato da 15 -40, due palle break che valevano il set e, probabilmente, il match. Non con il Federer di ieri, non con il fuoriclasse assoluto che tanti hanno dato per finito un paio di stagioni fa e che invece lunedì prossimo taglierà il traguardo delle 287 settimane da n.1 del mondo, record assoluto che cancella definitivamente quello di Pete Sampras.