Chi va sostenendo che il futuro del tennis viaggi verso una maggiore ricerca dello spettacolo, con match più corti e più frizzanti, ha il primo buon motivo per ricredersi. L’International Premier Tennis League, nata nel 2014 da un’idea dell’ex tennista indiano Mahesh Bhupathi e capace inizialmente di attirare tutti i top player, si ritrova a pezzi dopo sole due edizioni. Si pensava che la scelta di giocare in Asia, dove di fondi per il tennis ce ne sono eccome, unita alla presenza di alcuni sponsor di spessore potesse rendere la manifestazione qualcosa di veramente importante, che esulasse dal concetto di esibizione, offrendo nuovi orizzonti al mondo del tennis, grazie all’aiuto di lauti contratti ai giocatori. Invece l’esperimento pare fallito abbastanza rapidamente. Qualcuno spiffera che numerosi giocatori stiano attendendo ancora il saldo degli ingaggi delle stagioni precedenti, e l’ufficialità dello svolgimento della manifestazione 2016, arrivato ad appena otto giorni dal via, la dice lunga sullo stato di incertezza che regna nella stanza dei bottoni. La speranza era di salvare l’edizione con la presenza di Roger Federer e Serena Williams, resa ancor più interessante dal fatto che i due non si vedano da un pezzo. Invece, oggi è arrivata l’ufficialità che non ci sarà nessuno dei due. Lo svizzero, ai box dal torneo di Wimbledon, sarebbe dovuto scendere in campo con gli Indian Aces dal 9 all’11 dicembre, per il gran finale di Hyderabad (India), ma a quanto pare gli è stato comunicato che il contratto iniziale sarebbe stato impossibile da rispettare, e dopo aver visto calare le garanzie ha preferito annullare la sua partecipazione. Così per rivederlo in azione i suoi tifosi dovranno aspettare la Hopman Cup di gennaio. Stesso discorso per Serena Williams: avrebbe dovuto giocare da oggi a giovedì la tappa di Singapore, con gli “Slammers” padroni di casa, invece farà il suo ritorno nel circuito solo ad Auckland, nella prima settimana del 2017.
FRA LE DONNE C’È UNA SOLA TOP-50
“Quest’anno abbiamo avuto tante sfide – si legge nel brevissimo comunicato di Bhupathi – e speravamo di riuscire a superarle. Vista l’attuale situazione in India, e la mancata certezza di poter investire quei soldi, ho spiegato la situazione sia a Roger sia a Serena. Nelle prime due edizioni sono stati grandi sostenitori dell’IPTL, e speriamo di poterli avere di nuovo in futuro”. Parlando col New York Times, Tony Godsick – manager dello svizzero – ha detto che Roger spera di poter tornare all’IPTL, sempre “se l’evento andrà avanti”. Una precisazione che la dice lunga sullo stato della competizione. Le squadre, che secondo i progetti degli organizzatori dovevano diventare otto entro il 2020, sono state ridotte da cinque a quattro, con l’uscita di scena dei Philippines Mavericks, ma soprattutto è calata tantissimo la qualità dei partecipanti. Nel 2014 erano al via tutti i Fab Four più Serena Williams, quest’anno ci sono appena due top-10 fra maschile e femminile: Kei Nishikori e Tomas Berdych. E fra le donne, doppiste a parte, l’unica giocatrice in gara fra le prime 50 del mondo è Kiki Bertens. La prima tappa di Tokio è stata un mezzo flop, tanto che numerosi spettatori hanno già chiesto il rimborso dei biglietti (acquistati sperando nella presenza di qualche campione in più), e la seconda a Singapore offre ancora meno, con Berdych a far da miglior giocatore del lotto. Un po’ poco per una Premier League del tennis, partita con l’intenzione di coinvolgere tutti i campioni del presente e del passato, e che invece, una volta svanita la curiosità iniziale, si ritrova con appena due ex numero uno del mondo (Safin e Moya) sulle sette “leggende” in gara.
ANCHE LA LAVER CUP RISCHIA IL FLOP?
Oltre alle squadre, per tagliare i costi sono diminuite anche le sedi di gioco, scese da cinque a tre, e di conseguenza la durata della manifestazione, passata da 15 a 9 giorni. Niente più Manila, che dopo aver perso la squadra non aveva interesse a rimanere nella competizione, e niente più Dubai, la sede che nelle prime due edizioni ha fatto la maggior fatica ad appassionare il pubblico al format. Abituati ai tornei ATP e WTA di altissimo livello in scena in città (e assenti nelle altre quattro location dell’ultima edizione, eccezion fatta per Singapore e le WTA Finals), gli appassionati degli Emirati hanno disertato in massa nel 2014 anche a causa della collocazione al remoto Hamdan Sports Complex, e la crescita dello scorso anno dopo il trasferimento all’Aviation Club non è stata reputata soddisfacente. “Il team di Dubai – ha detto Benito Perez-Bardabillo, manager di Nadal ma anche responsabile della comunicazione dell’evento – non è stato in grado di ottenere negli anni scorsi i risultati sperati, e per questo ha deciso di saltare questa edizione dell’IPTL, con l’obiettivo di tornare più forte in futuro”. Un futuro che però, aggiungiamo noi, sembra decisamente grigio. Unito alla cancellazione della Champions Tennis League, evento simile ma in tono minore disputato nel 2014 e 2015 in India, il crollo dell’IPTL apre scenari preoccupanti anche per la Laver Cup, la Ryder Cup in salsa tennistica lanciata da Federer e dalla sua agenzia di management Team8, in programma a Praga dal 22 al 24 settembre 2017. O sapranno coinvolgere e pagare profumatamente tutti i migliori (sei per l’Europa o sei per il Resto del Mondo), o c’è il rischio di un altro flop. La buona notizia è che rappresenterebbe una conferma: il futuro del tennis non è questo. Per fortuna.