In molti lo considerano il nuovo Marat Safin. Con la non trascurabile differenza che Ernests Gulbis non ha mai vinto uno Slam. Però è riuscito a spaccare 70 racchette in un anno e a passare una notte nelle galere di Stoccolma per aver adescato una prostituta. Ecco perché dice che «Federer sarà pure un fenomeno. Ma diamine quanto è noioso!»
"Federer sarà pure un fenomeno, ma diamine quanto è noioso!"
INTERVISTA DI Lorenzo Cazzaniga – PHOTO BY Clive Brunskill / Getty Images
Ho conosciuto Ernests Gulbis per televisione. Commentavo per Eurosport la sua prima semifinale ATP da San Pietroburgo, persa contro Mario Ancic. Era il 2006. Lo ritrovo in un bar di Umago, dopo una bella nuotata in mare. Sei anni prima ero convinto d’aver scovato un fuoriclasse, ora mi ritrovo davanti il numero 152 della classifica mondiale, incapace di vincere qualcosa di importante, a parte due non indimenticabili tornei a Delray Beach nel 2010 e a Los Angeles nel 2011. Nei tornei dello Slam ha raggiunto un quarto di finale a Parigi, nel 2008, poi il vuoto. Tanto che cercando su Internet il suo nome, vi verranno proposte le immagini di Nathalie Gulbis, una procace golfista. Nel frattempo però è riuscito a salire alla ribalta della cronaca per comportamenti bizzarri, tipo spaccare 70 racchette in un anno o passare una notte in galera a Stoccolma per aver adescato una prostituta. «Ma si può? Non mi hanno trattato male, anzi è stato anche divertente. Però non ci torno più da quelle parti. È una cosa incivile: io se conosco una ragazza non le chiedo che lavoro fa. Mah…». Gulbis è un tipo affabile, cordiale, perfino affascinante, almeno per quella mezz’ora che abbiamo trascorso parlocchiando. E se gli chiedi di Federer e Nadal…
All’inizio dell’anno hai detto che se non avessi vinto qualcosa in sette mesi, ti saresti ritirato: come va?
«Beh, per un paio di mesi vado avanti di sicuro! Si ritirano tutti, qualcuno dovrà pur continuare. Qualche volta mi piace scherzare e altre volte ai giornalisti piace travisare quello che dico. Però adesso va meglio, non ho problemi, mi diverto pure a giocare a tennis».
Cosa è cambiato?
«Ho un nuovo coach, Gunter Bresnik, che mi ha aiutato a credere di più in me stesso. Sono tornato a giocare decentemente, colpisco la palla benissimo e sono convinto di rientrare presto nei top 30 e magari nei top 20. Ci credo davvero, eh!».
Quanto è difficile per te restare concentrato solo sul tennis?
Ho sempre sofferto di alti e bassi. Ma non è sempre stata colpa mia. Spesso la responsabilità principale è stata del mio staff, per il modo in cui mi allenavano. Cercavano anche di cambiare le mie abitudini, di farmi giocare in maniera più difensiva. Con Bresnik va meglio perché mi spiega perché devo fare questo o quest’altro, perché questo esercizio è utile e quest’altro meno. Così non mi pesa allenarmi sei ore al giorno e i risultati arriveranno».
Si è scritto molto delle tue bravate: hai mai letto qualcosa di falso su di te?
«Onestamente….
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