Lo svizzero ha concesso un’interessante intervista a GQ Australia, in cui ha detto che a volte i giornalisti di tennis sono un po’ disfattisti. “Nel golf sono sempre positivi”.
Federer ride insieme a Nadal: "Sono più vicino a lui che a Djokovic e Murray"
TennisBest – 4 marzo 2014
La versione australian di GQ ha pubblicato un'interessante intervista a Roger Federer. Ormai dello svizzero si sa già tutto. Lui è stra-abituato alla presenza dei giornalisti e alle loro domande, ma hanno ugualmente provato a tirargli fuori qualcosa di interessante. Qualcosa è emerso, come il bel rapporto con Rafael Nadal (“Sicuramente più stretto rispetto a quello con Djokovic e Murray”), il rispetto con i colleghi, che valuterà se definire amicizia solo dopo il ritiro, e una tiratina d’orecchie ai giornalisti di tennis, un po’ troppo disfattisti. “Guardate quelli del golf…”. L'intervista esce oggi, ma è stata effettuata lo scorso agosto, in occasione delle celebrazioni per i 270 anni di Moet & Chandon, uno dei suoi sponsor.
E’ vero che il corteggiamento a Mirka Vavrinec risale alle Olimpiadi di Sydney 2000?
Si, l’ho incontrata proprio allora. E’ stato lì che ci siamo baciati per la prima volta. Ad oggi, sono le mie Olimpiadi preferite. C’era grande energia, i volontari…tutti volevano fare le cose per bene. Mi è piaciuto molto, ognuno era molto coinvolto. Fu molto divertente.
Hai sempre avuto un rapporto speciale con l’Australia e sei un fan dei nostri giocatori, giusto?
Si, soprattutto Lleyton Hewitt. Amo il suo spirito combattivo. Ieri ci siamo allenati per quattro ore e ho avuto una sensazione…non che i giocatori di oggi siano troppo morbidi, ma a volte siamo troppo amichevoli gli uni con gli altri. E’ bello quando i giocatori si scontrano un po’.
Davvero? Noi ti riteniamo così gentile…
Finchè si rimane nel rispetto delle regole, è giusto. Devi essere un po’ duro, e voi australiani sapete come fare.
Ma è possibile essere amici con i rivali? Si può fraternizzare con i nemici?
Non sono sicuro di quanto siamo vicini come amici. Sarà interessante vedere in che misura resteremo in contatto quando tutto sarà stato detto e fatto, e saremo fuori dal circuito. Mentre stiamo giocando, mi considero vicino a tutti perché ci conosciamo l’uno con l’altro. Ci piacciamo reciprocamente e ci piacciono le rivalità. Sappiamo che ci vedremo ogni settimana, quindi non dobbiamo restare in contatto. Diciamo: “Ehi, è bello rivederti, come va?’. A parte questo, non andiamo a cena insieme, se capisci cosa intendo.
E’ più difficile essere amici oggi rispetto al passato, quando la posta in palio non era così alta?
Non so come andavano le cose ai tempi di Jimmy Connors, o ancora prima. Oggi ognuno ha un team numeroso alle spalle, me compreso, e ti limiti a uscire con loro.
Su Youtube c’è un video in cui te e Rafa ridete come pazzi mentre cercavate di girare un filmato promozionale. Sembra che ci sia un vero e proprio legame.
La maggior parte delle cose le ho fatte e vissute insieme a lui. Dalle battaglie di cinque set alla promozione di un torneo in Qatar, fino al lavoro insieme per un match benefico in favore dell’Africa. E sono andato anche a cena con lui. Ha un’ottima famiglia: conosco madre, padre e sorella. Si, il nostro legame è più profondo rispetto a quello che ho con Novak o con Andy. Per questo motivo mi sento più vicino a Rafa.
Perché hai detto si a Moet & Chandon?
Mi sono sentito a mio agio perché non mi limito a bere un bicchiere di Moet dopo aver vinto una partita o un torneo. Lo faccio per ringraziare tutto il mio team per il fatto di starmi accanto, per avermi supportato. Quando il marchio mi ha fatto una proposta, con tutta la sua storia, sono stato onorato di farne parte.
Cosa pensi del contrasto tra sport e alcol?
Ci ho pensato un po’, ma alla fine non vedo il problema. Quando consumo bevande alcoliche, lo faccio con moderazione. Sono un’atleta professionista. Mi posso controllare. Probabilmente non sarei stato in grado di farlo – e non mi avrebbero contattato – quando avevo 22 anni, ma adesso ne ho 32.
In futuro, quando penserai al Federer tennista, quali elementi del tuo gioco resisteranno alla prova del tempo?
E’ sempre difficile parlare di se stessi senza rischiare di sembrare troppo presuntuosi, o magari di sottovalutarsi.
Fai un tentativo.
Forse è solo una mia sensazione, ma mi sento di essere il ponte tra i giocatori dallo stile classico e gli atleti moderni di oggi. Gioco un tennis moderno con uno stile classico. Sono uno dei pochi tennisti rimasti a giocare il rovescio a una mano.
Ad Amburgo c’è stata una partita in cui hai fracassato la racchetta. Fino ad allora, avevi un certo temperamento in campo, ma dopo quel momento sei cambiato completamente.
Era il 2001 e avevo appena 20 anni. Ricordo quell’episodio. Ho osservato il posto e ho detto: ‘Questo è il luogo dove ho rotto la racchetta. Bene, non posso mantenere questo atteggiamento. E’ troppo esplosivo’. Da allora ho deciso di stare più tranquillo, di rimanere zitto in campo. Questo processo è durato circa due anni, poi mi sono sentito a mio agio sia dentro che fuori dal campo. Sapevo di dover cambiare e di farlo in fretta, ma a volte il cambiamento non arriva così velocemente. Devi prendere il tuo tempo.
In questi giorni, stai ancora godendo del tuo tennis?
Il piacere sparisce ogni volta che gioco male. E’ una sensazione terribile. Nel 2013 non avrei dovuto giocare diversi tornei, perché non mi sentivo bene. Il problema è quando scendi in campo e non ti senti bene. Io non ho nessuna intenziona di mollare. Mi sono ritirato un paio di volte, ma mai durante un match in corso. Lleyton è ancora più duro di me. E’ incredibile come riesca ad andare fino in fondo. Lo ammiro anche per questo.
Hai sempre avuto un buon trattamento da parte della stampa sportiva. Pensi che continueranno così anche se scenderai in classifica?
Il tennis è fatto per le belle storie. Penso solo che la stampa non debba essere troppo negativa. Non voglio attaccare i giornalisti, ma a volte hanno la tendenza ad essere troppo trancianti nei giudizi. A volte dicono ‘Oddio, è sceso al numero 7’, oppure ‘Oh, non ha vinto’. Nel golf fanno un buon lavoro di promozione del loro sport, pur restando positivi. L’altro lato della medaglia è che le classifiche cambiano ogni settimana, c’è sempre la possibilità di giocare un altro torneo. E’ molto esaltante.
La classifica è sempre nella tua mente?
No, non è tra i pensieri principali. Se non posso essere numero 1, per me la classifica diventa secondaria. E’ più un obiettivo a lungo termine, del tipo: voglio diventare numero 1 dopo il prossimo torneo del Grande Slam.
Con il tempo, hai aumentato le tue apparizioni pubbliche. E’ stato un passaggio naturale per te, chiacchierare durante tanti eventi?
All’inizio è stato un po’ difficile. Non era semplice intavolare discussioni con persone che non conosci. Era strano, imbarazzante. Mi sentivo sotto pressione anche perché ero in giacca e cravatta. Mi dicevo: ‘Oddio, non riesco a respirare, sto sudando. Come appaio? Ho i brufoli e i capelli lunghi'. Potevo essere cool, ma potevo anche essere pessimo. Adesso, dopo tanto tempo che indosso questo ruolo, mi sento più a mio agio. Sono davvero felice di incontrare nuove persone, quindi non la vedo più come una pressione. In questo momento, sono sinceramente interessato alla vita delle persone. E’ divertente, è anche un modo per allontanarsi dal tennis.
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