dal nostro inviato a Mosca Enzo AnderloniSe
Woody Allen cercava una conferma sul campo della sua trovata cinematografica
nel film “Match Point”, l’immagine-metafora di come una palla
che rocambolescamente
decide di cadere da una parte o dall’altra del nastro possa innescare
destini opposti, l’ha trovata a Mosca, nella finale di Fed Cup
dal nostro inviato a Mosca Enzo Anderloni
Se
Woody Allen cercava una conferma sul campo della sua trovata cinematografica
nel film “Match Point”, l’immagine-metafora di come una palla
che rocambolescamente
decide di cadere da una parte o dall’altra del nastro possa innescare
destini opposti, l’ha trovata a Mosca, nella finale di Fed Cup. La
sequenza
è stata registrata quando Francesca Schiavone, n. 25
del mondo conduceva
3-1 (e servizio a disposizione ) nel terzo set contro Anna
Chakvetadze,
n.5 della classifica Wta. Sul punteggio di 30-40, quindi palla break per
la russa, Francesca giocava un poderoso passante di diritto lungolinea,
carico di rotazione. La Chakvetadze era superata, ma nel suo estremo allungarsi
a metà campo, con la punta della racchetta intercettava la palla di
controbalzo.
Un gesto disperato. La sfera di feltro giallo targata Wilson si impennava
girando su se stessa come una trottola e ricadeva beffarda un dito dopo
la rete, con la Schiavone in arrivo, pronta a chiudere con un banale tocco
di racchetta. Ma l’effetto era maligno e dopo il rimbalzo la palla tornava
indietro. L’azzurra preoccupata di assestare il suo colpetto senza toccare
la rete (cosa che le avrebbe fatto perdere il punto) “spadella”
goffamente.
La palla le ricade in rete, in mezzo ai piedi. E il destino che pareva
a lei favorevole, le volta le spalle.
Era il punto del 3-2, del contro break
per la russa, dell’inversione di tendenza di una partita che
l’azzurra
numero 25 del mondo stava portando via alla russa n.5. Una partita che
Francesca Schiavone aveva affrontato con la necessaria aggressività,
picchiando
forte sin dal primo 15 quasi a voler far vedere alla quotatissima avversaria,
semifinalista ai recenti Us Open, che non aveva paura di lei nemmeno a
scambio aperto, in quelle battaglie di “catenate” che alla bionda
Anna
piace molto ingaggiare.
Subito 2-0 per l’azzurra, con l’avversaria
che riapparigliava grazie a 3 doppi falli in un solo game della nostra
(ma Francesca spingeva con decisione prima e seconda palla, rischiando)
e set che rimaneva in equilibrio fino a un combattutissimo ottavo gioco
che consentiva alla Chakvetadze di salire 5-3, prima di chiudere 6-4 in
39’.
Ma lo sforzo di Francesca aveva dato i
suoi frutti. La n.5 del mondo era agganciata nel gioco e nel combattimento
psicologico. Il secondo set era infatti un capolavoro italiano. Leonessa
Schiavone prevaleva in ogni zona del campo. Autoritaria quando la si metteva
sul braccio di ferro da fondo campo, deliziosa in più di una palla corta,
capace di variare profondità, angoli e rotazioni meglio e più
efficacemente
dell’avversaria. Così la “Chakve” perdeva sicurezza e
Francesca filava
5-2.
Momenti bellissimi che scaldavano il cuore
anche nel frigorifero della Luznihi Small Arena di Mosca, dove
il
manipolo di tifosi azzurri, che si univa al tifo della nostra lunghissima
panchina, veniva supportato anche da un colorito trombettiere, Emanuele
Bisceglie, trentenne ex bersagliere di Garavina nelle Puglie che ha improvvisato
con raro tempismo, squilli d’incitamento, sull’aria di “Dove
sta Zazà”,
(oppure di Rocky, o persino di O’Sole Mio”), “che a un certo
punto sembrava
portasse pure fortuna” ci ha spiegato.
Nonostante una fiammata di ritorno della
russa, che recuperava sino a 5-4, il set andava all’Italia e di slancio
anche i primi tre game della partita decisiva che sembravano così
concretizzare
il sogno della vigilia. La piccola ma agile, grintosissima Italia che partiva
sgommando davanti al naso della Grande Russia corazzata.
Poi
un attimo di rilassamento e quella maledetta palla “arrotolata” sul
naso
del nastro. La perdita del punto (e del game) che se non era determinante
nel punteggio (la Schiavone era ancora avanti 3-2) significava moltissimo
in termini di energie nervose. “Non ero riuscita a fare quello che volevo
nel primo set- avrebbe poi spiegato l’azzurra- ce l’ho fatta nel
secondo
ma ho speso tantissimo, tantissimo. Alla fine ho pagato. Lei ne aveva di
più”. Infatti purtroppo Anna Chakvetadze ritornava sul 3-3.
Trovava l’azzurra
orgogliosa a difendere un turno di servizio ma poi si vedeva la strada
spianata da una Leonessa incapace di un’estrema reazione.
Peccato. Una grande partita, una grande
prestazione che ha confermato che la n.1 azzurra può giocare
tranquillamente
alla pari con le prime dieci del mondo, avendo tra l’altro a disposizione
una varietà di bagaglio tecnico che anche splendide picchiatrici come la
“Chakve” si sognano. “Dovrò lavorare ancora molto sul
servizio – ha
dichiarato, dopo aver definito il proprio rendimento sulla prima palla
con un secco “Shit”, metafora preferita dal generale francese
Cambronne.
Curiosa un’ammissione: dovendo giocare
quella strana e decisiva palla a fil di nastro, non sapeva che avrebbe
potuto anche toccarla oltre il nastro. Il regolamento infatti non consente
di toccare il nastro, o di oltrepassarlo giocando al volo ma di superarlo
con la racchetta sì, a patto che la palla abbia già rimbalzato
nella propria
metà campo. “L’ho imparato adesso, a 27 anni”, ha
sorriso autoironica.
Poco
da dire sulla seconda partita, quella di Mara Santagelo contro
la
n. 2 del mondo Svetlana Kuznetsova. L’azzurra ha cercato
di andare
all’attacco sistematicamente come è nelle sue corde, ma la
solidità del
carro armato russo da fondocampo non le ha lasciato scampo. Troppo potente
e troppo in forma la ragazzona finalista a New York, che si allena in Spagna
all’Accademia di Emilio Sanchez, per darle l’occasione di entrare
nel
match. E’ finita 6-1 6-2 in un’oretta di bordate. Domani (ore 13
locali,
11.00 italiane) toccherà alla Schiavone provare a disinnescare le
cannonate
della russa più forte.
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