COPPA DAVIS – L’Italia volerà a Buenos Aires e sfiderà l’Argentina meno forte degli ultimi 10 anni e con il dubbio Del Potro. Barazzutti sogna di fare come Bearzot nel 1978… 
Quest'anno Juan Martin Del Potro non ha giocato in Davis. Che farà nel 2014?

Di Riccardo Bisti – 18 settembre 2013

 
“Adriano, mi regali una racchetta?”
“No. Te le regalo tutte. Non mi servono più. Smetto”.

Questo scambio di battute tra Adriano Panatta e un piccolo fan è l’ultimo ricordo, già a colori ma ormai sbiadito, dell'unica sfida di Coppa Davis tra Italia e Argentina. Correva l’anno 1983, era una delle estati più calde del 20esimo secolo e la Grande Italia degli anni 70 era giunta al capolinea. Vilas e Clerc furono più che sufficienti a siglare un pesante 5-0 al Foro Italico. Per Panatta fu un’onta troppo grande. Su quello stesso campo, sette anni prima, aveva vinto il torneo battendo proprio Guillermo Vilas. Stavolta aveva raccolto appena cinque giochi. Basta, meglio mollare. E lo fece a modo suo, di puro istinto, come il suo tennis inimitabile. Da allora, le strade di Italia e Argentina si sono separate. Negli anni 90, il tennis argentino ha vissuto una crisi impressionante ed erano troppo deboli per affrontarci. Poi, all’improvviso, con l’arrivo della “Generacion Legionaria” sono diventati troppo forti. E l’Italia nuotava a fatica in Serie B. Sono passati 30 anni da quel weekend di luglio, ma il rapporto tra Italia e Argentina è sempre stato speciale. C’è un legame culturale e genetico che si spegnerà col tempo, ma è ancora molto vivo. Si dice che il 60% degli argentini abbia origini italiane. Forse esagerano, ma non c’è dubbio che i cognomi italiani siano molto frequenti, da Cordoba a Ushuaia. Quando sali su un taxi argentino e dici che sei italiano, l’autista si affretta a raccontarti le sue origini. La scena più frequente parla di nonni e bisnonni che un secolo fa hanno preso la nave in cerca di fortuna. Sono partiti soprattutto da Abruzzo e Calabria, ma un po’ da tutte le parti. Come quei genovesi che nel 1905 fondarono una squadra di calcio che poi è diventata una delle più famose al mondo: il Boca Juniors. O i bisnonni di David Nalbandian, partiti addirittura da Strambino, minuscolo paese in provincia di Torino che ha avuto il suo momento di notorietà dopo l’alluvione del 2000. Crollarono ponti su ponti, e la linea ferroviaria Torino-Aosta fu interrotta. Chi voleva viaggiare, doveva fermarsi a Strambino e poi organizzarsi diversamente. L’anno dopo, Nalbandian prese il passaporto italiano proprio in virtù di questi avi. Qualcuno pensò che avrebbe potuto giocare per l’Italia, ma lui ci rise sopra. Quel passaporto gli serviva ad avere meno noie alla dogana, anche perché l’Argentina aveva appena vissuto la tremenda crisi del 2001.
 
Raccontare i mille legami tra Italia ed Argentina richiederebbe un’enciclopedia. Qui interessa parlare di una sfida di Coppa Davis che giocheremo in trasferta. Non c’è dubbio che l’urna abbia fatto i dispetti all’Italia: delle nove opzioni (col Kazakistan avevamo due opportunità), sette ci avrebbero visto giocare in casa. Invece gli azzurri prenderanno il volo AZ 680, che ti fa addormentare a Roma e risvegliare all’aeroporto intitolato a Juan Pistarini, ex vicepresidente della Repubblica Argentina. Ovviamente, anche lui aveva origini italiane. Qualche anno fa, Argentina-Italia sarebbe stata una sfida proibitiva, impossibile. Stavolta non è così, tanto che l’avevamo messa al quarto posto in una lista delle possibili preferenze. L’Argentina, oggi più che mai, dipende maledettamente da Juan Martin Del Potro. Anni fa, quando era un giovane, disse che aveva tre sogni: “Vincere lo Us Open, diventare numero 1 e trionfare in Coppa Davis”. Ha realizzato il primo, per il secondo è in stand-by mentre il terzo sembra non interessargli più. L’anno scorso ha deciso che non avrebbe giocato la Davis per tutto il 2013. “Sarà una stagione importante per me e voglio concentrarmi sull’attività individuale”. Dicono tutti così, ma probabilmente c’è dell’altro. E’ quello che vorrebbe sapere Hector Romani, vicepresidente AAT (la federtennis argentina). “Vedo Del Potro tutti i giorni perché si allena nel mio stesso club. Capita di incrociarci in palestra, ma non abbiamo un vero dialogo. Vorrei capire perché non gioca: lui dice che è per l’attività individuale, ma è come se Usain Bolt non corresse la staffetta. Non capisco se ce l’ha con Jaite, Nalbandian o la federazione”. Dei rapporti con l’AAT non sappiamo. Di sicuro Del Potro e Nalbandian non si amano, Le ruggini risalgono al 2008, quando Nalbandian si infuriò perché Del Potro andò a giocare il Masters di Shanghai subito prima della finale contro la Spagna. E in effetti si fece male durante il match contro Feliciano Lopez. Non giocò nella terza giornata e la Spagna trionfò. Pare che negli spogliatoi ci sia stato un litigio epocale. All’epoca, l’allenatore di Nalbandian era Martin Jaite, il capitano di oggi. Ovviamente è gradito a Nalbandian, meno a Del Potro. Anche se lui ripete sempre: “Per Juan Martin la porta sarà sempre aperta. Ma non c’è molto da negoziare. Chi vuole giocare gioca, chi non vuole non gioca”. Da allora, va detto che Del Potro e Nalbandian hanno giocato insieme qualche volta. Ma la ruggine non si scrosta. E quest’anno, dopo la vittoria sulla Germania, Horacio Zeballos disse: “Del Potro chi?” a chi chiedeva del tandilense. Si scusò subito, e nei giorni scorsi è stato il primo a dire che Palito è l’unica speranza che hanno per vincere la Davis.
 
Perché il resto della squadra non è competitivo, e si è visto a Praga. Juan Monaco non è più giovanissimo (l’anno prossimo compirà 30 anni), ed è forte soprattutto sulla terra rossa. Carlos Berlocq ha un anno più di lui ma gioca bene solo sulla terra. Certo, quest’anno ha fatto un paio di imprese su Kohlschreiber e Simon, ma con lui non si vince la Coppa. Ancor meno con Leonardo Mayer e Horacio Zeballos. E i migliori giovani (Guido Pella, Agustin Velotti e Federico Delbonis) non hanno la stessa qualità della Legiòn di qualche anno fa. Si sono ritirati tutti tranne Nalbandian, che prosegue nel suo sogno (utopico?) di alzare finalmente l’Insalatiera. Per continuare a crederci, si è operato ad anca e spalla a inizio maggio. A metà agosto ha ripreso ad allenarsi nel tentativo di recuperare per Praga. Non ce l’ha fatta perché la spalla gli crea ancora qualche problema al momento di servire. Adesso giocherà un paio di esibizioni, poi si vedrà. “Perché chi vuole essere convocato in Davis deve giocare anche nel circuito” ha detto Jaite, alludendo al suo ex allievo. L’impressione è che Nalbandian voglia darsi un’altra possibilità e probabilmente il 31 gennaio 2014 lo vedremo a Parque Roca. Più complicata la vicenda relativa a Del Potro. Lì c’è in mezzo la politica. Dopo le dichiarazioni fumantine di Romani, è intervenuto il presidente Arturo Grimaldi, un tipo elegante e diplomatico. Lo vedi e penseresti che sia britannico. “Voglio parlare con Juan Martin e fargli capire che la sua presenza sarebbe il meglio per noi – ha detto – lui ha rappresentato l’Argentina tante volte e non è giusto mettergli così tanta pressione. E comunque rappresenta il nostro paese ogni volta che gioca”. Frasi morbide, che profumano di tentativo di riavvicinamento. Per la gloria sportiva, ma anche per quella economica. Il bilancio della AAT dipende moltissimo dalle sfide interne di Davis. Quest’anno hanno affrontato Germania e Francia a Parque Roca e sono andati in pari. Un mezzo disastro. Chissà se l’Italia riuscirà a portare il tutto esaurito. Dove non arriverà l’appeal di Fognini e Seppi, potrebbe esserci il fascino di giocare contro i propri avi. Per certi versi, gli argentini ci devono molto. Ma non aspettiamoci compassione. Piuttosto, attendiamoci bandiere, striscioni, ombrelli e un tifo da stadio, Perché il pubblico argentino è sempre lo stesso, non importa se in campo ci sarà Del Potro o Zeballos. L’importante è difendere la bandiera. Noi speriamo di fare una magistrale azione di contropiede come fece l’Italia di Bearzot al Monumental nel 1978. In fondo Barazzutti è friulano proprio come il “vecio”: Seppi proverà a rifinire come Pablito Rossi, Fognini a finalizzare come fece Roberto Bettega. Argentina-Italia è anche questo.
 
COPPA DAVIS 2014 – IL TABELLONE PRINCIPALE
 
Repubblica Ceca – Olanda
Giappone – Canada
Germania – Spagna
Francia – Australia
Stati Unti – Gran Bretagna
Argentina – Italia
Kazakistan – Belgio
Serbia – Svizzera