Vincendo il suo quarto titolo ATP, Fognini diventa l’azzurro più titolato degli ultimi 35 anni. Dopo il muro del numero 18 ATP, ha abbattuto anche quello dei tre titoli. Aiutato da una tabellone così così (la media-ranking degli avversari battuti è 96,5), a Umago è rimasto in campo la metà di quanto aveva giocato in Davis. I giochi di classifica dovrebbero consentire il sorpasso a Lorenzi, ma il numero 1 azzurro resta lui. Senza discussioni.

Le fortune vanno meritate. Fabio Fognini ha seminato lo scorso weekend, nelle 9 (sfortunate) ore contro gli argentini. Gli è andata male ma aveva dato tutto, senza risparmiarsi. E così il destino gli ha dato una mano subito dopo, al torneo ATP di Umago. Battendo Andrej Martin, si è aggiudicato il quarto titolo ATP in carriera. Un successo storico perché lo rende l’italiano più titolato degli ultimi 36 anni, da quando Adriano Panatta e Corrado Barazzutti hanno smesso di vincere tornei. Era già il più bravo come ranking, adesso lo è anche come numero di titoli. Staccati Paolo Canè, Andrea Gaudenzi e Andreas Seppi. Se a Pesaro è andato tutto male, a Umago ha vissuto una settimana da sogno. La riforma dei tornei ATP, che ha ridotto a 28 giocatori diversi tabelloni, gli ha consentito di giocare appena quattro partite. E per sollevare la coppona blu di Umago non ha certo dovuto battere fenomeni: Renzo Olivo (n. 109 ATP), Damir Dzumhur (n. 81), Gastao Elias (n. 72) e Andrej Martin (n. 124). La media-ranking degli avversari battuti è 96.5, non esattamente straordinaria. Onestà intellettuale impone di ricordare questo dato, ma sul campo non ci vanno né i numeri, né le statistiche. E allora Fabio è stato bravo a rimettere in sesto testa e muscoli dopo le fatiche e le delusioni della scorsa settimana. Per la prima è stata importante Flavia Pennetta, con lui sia a Pesaro che a Umago. Per i secondi, il lavoro del fisioterapista Max Tosello ha dato i suoi frutti. E poi c’è tanto merito di Fabio: non ha mai dato l’idea di poter perdere, nemmeno quando Dzumhur gli ha scippato il primo set, venerdì sera nei quarti. Gli è bastato ingranare la marcia successiva e gli ha rifilato un netto 6-1 6-1. C’è un dato che trasmette la portata del dominio di Fognini: in tutta la settimana è rimasto in campo poco più di quattro ore e mezzo, sostanzialmente la metà di quanto aveva giocato in Davis. Se non è un indennizzo questo…


La finale non ha raccontato molto. Implacabile al servizio, l’azzurro ha avuto bisogno di qualche game per prendere le misure al servizio di Martin. Lo slovacco ha iniziato bene, spingendo con il dritto piatto e un tennis di classica scuola cecoslovacca. Tuttavia, quando è andato a servire sul 4-5, ha ceduto e sostanzialmente si è arreso. La pietra tombale è arrivata nel secondo game del secondo set. Con Fabio avanti 1-0 e 15-30 sul servizio di Martin, ha tirato un passante di dritto, in corsa, da posizione impossibile. Era almeno quattro metri dietro la linea e ha recuperato la palla dal bidone della spazzatura, infilando una traiettoria incredibile. Talmente bella da essere anche un po’ casuale. Perdere quel punto ha tagliato le gambe a Martin, che si è trascinato fino al 5-0 prima di cedere al settimo game, dopo aver evitato il cappotto. Dopo appena 68 minuti, Fabio non ha neanche esultato salvo poi correre ad abbracciare i membri del suo clan, compreso padre e sorella che si sono fatti 700 km per assistere a semifinale e finale. Durante la premiazione ha voluto parlare in italiano e ha ringraziato tutti, lasciando per ultima Flavia Pennetta, anche se ha mostrato tutta la non abitudine a usare il sostantivo “moglie”. Ma quella arriverà col tempo. Intanto sarà importante ritrovare la giusta confidenza con la vittoria.

Il 25 luglio, Fognini avrà 1375 punti contro i 1145 di Lorenzi. Tuttavia, lunedì prossimo gli scadranno i 300 della finale ad Amburgo, che saranno sostituiti da quelli che intascherà a Toronto, nel Masters 1000 al via oggi. Sarà dura, molto dura. Il sorteggio gli ha messo di fronte Steve Johnson, giocatore forte, in forma, che lo ha già battuto ed è più abituato di lui al cemento. La finale di Umago alle 20 di domenica sera non gli darà una mano, poiché dovrà giocare a sei fusi orari di distanza dopo appena due giorni. Dovesse perdere, il suo bottino scenderà a 1085 punti, inesorabilmente alle spalle di Lorenzi. Tra l’altro, il senese è impegnato a Biella e potrebbe migliorare ulteriormente il suo bottino in caso di finale (1165) o vittoria (1210). Al primo turno, Paolino se la vedrà con Filippo Volandri. Va detto che Fognini è clamorosamente svantaggiato dal meccanismo del ranking, poiché è costretto a inserire nel suo Best 18 tutti i Masters 1000. I forfait a Indian Wells e Miami gli sono costati due “zero”, il che significa che la sua classifica si basa su appena 16 tornei. Da parte sua, senza gli obblighi di giocare i tornei più importanti (obblighi che arriveranno con il nuovo ranking), Lorenzi ha potuto mettere dentro una montagna di tornei minori. Non a caso, il 50% esatto del suo bottino arriva dai tornei challenger (585 punti). Per tutto quello che ha dato, Lorenzi merita qualche settimana di leadership, ma non ci sono dubbi su chi sia il tennista italiano più forte. Ma Fabio Fognini è di più: non è il numero 1 di oggi. E’ il numero 1 degli ultimi 35 anni.


Fabio Fognini (ITA) b. Andrej Martin (SVK) 6-4 6-1