L’affascinante scontro generazionale Vinci-Burnett va alla tarantina, splendida e “poetica” nei punti importanti. La Burnett gioca senza paura, ma pecca ancora di immaturità.
La delusione di Nastassja Burnett
(Foto Costantini – FIT / E' di Costantini anche la foto in home page)
Da Roma, Riccardo Bisti – 15 maggio 2013
Anni fa, il tennista-zen Michael Chang si consolava così dopo ogni sconfitta. “In fondo si impara di più dalle sconfitte che dalle vittorie”. Nastassja Burnett dovrà ricordarselo e, appena smaltita la delusione, trovare un sorriso e gioire per l’esperienza. La romana ha perso 6-1 6-4 contro Roberta Vinci nell’atteso derby di secondo turno, in un Campo Pietrangeli gremito in ogni ordine di posti…e oltre. C’era grande curiosità per entrambe: la Vinci, perché aveva l'occasione di giocare un buon torneo a Roma, dove in tanti anni ha raccolto soprattutto delusioni; la Burnett perché il volto fresco (e bello) del tennis azzurro in gonnella. Poi è romana doc…E il Campo Pietrangeli, con il suo accesso libero e le statue, era il palcoscenico ideale “per emozionare la gente”, come aveva detto la bella “Asia” alla vigilia. E’ stata la partita che ci aspettavamo, vinta dalla più forte ma utile alla più giovane. L’inizio è stato traumatico. La Burnett era chiaramente annichilita dalle trame della Vinci. Per mezzora, non ha quasi mai giocato in corretta posizione di piedi. Roberta la costringeva a giocare fuori posizione, costringendola a commettere un gran numero di errori. A tratti si è avuta la sensazione che la “scherzasse”. Una risposta di rovescio in rete ha sancito il 6-1 finale. C’è molto da raccontare sul secondo set. I terreni inesplorati del primo set sono rapidamente diventati familiari alla Burnett, che ha avanzato il baricentro del suo gioco. Da parte sua, Roberta si distraeva un po’. Nel tennis non puoi permettertelo. La Burnett vinceva otto dei primi nove punti e volava 2-0 nel secondo, sigillato da una bordata in risposta.
Era la prova del nove, il momento in cui Asia doveva dimostrare di essere matura, pronta per giocare a questi livelli. E battere una campionessa (perché la Vinci la è). Le manca ancora qualcosa. Roby riprendeva a muovere il gioco come le si addice e – aiutata da un doppio fallo – saliva sul 2-2. Qui iniziava la fase calda del match, in cui la Burnett ha mostrato vizi e virtù. Aveva il giusto atteggiamento, non mollava e continuava a giocare bene con le sue armi. Spingeva duro e volava 0-40 sia nel sesto che nell'ottavo game. Sei palle break fondamentali, delicate, che avrebbero potuto rovesciare il peso psicologico del match. Anche perché la Vinci soffre questo torneo. Lo soffre più di ogni altro. Ma le palle break sono scivolate via come acqua tra le dita. Sulla prima c’era un dritto vincente della Vinci; sulla seconda un dritto sparacchiato fuori dalla Burnett; sulla terza un velenoso attacco in slice impediva di giocare il passante a una Burnett fuori posizione; sulla quarta, un altro slice radente rendeva ingiocabile il colpo alla romana; sulla quinta, la Vinci giocava un gran dritto (quasi) vincente; l’ultima era lo specchio della differenza attuale tra le due. Scambio durissimo, pieno di paure e speranze, chiuso da una poetica smorzata della Vinci. Un capolavoro degno di una pittrice. Era scritto che il match finisse lì. La Burnett non ha scollegato i fili dal carrarmato, nel game successivo è salita 40-15 ma Roberta ha capito che era il momento di rompere gli indugi. E’ venuta a rete, si è presa la palla break e l’ha trasformata con uno splendido passante in corsa. La Burnett ha suonato l’SOS, chiamando coach Tathiana Garbin al cambio di campo. E’ salita 0-30 ma non è riuscita a chiudere, pur avendo annullato il primo matchpoint con un dritto a occhi chiusi. Sul secondo, ha clamorosamente sbagliato direzione di un facile colpo da metà campo (lo ha colpito al volo quando forse avrebbe potuto giocarlo di rimbalzo) e il pallonetto di Roberta l’ha punita, mettendone a nudo i difetti sotto rete. Ed eliminandola.
Per Roberta è una grande, grandissima occasione. Negli ottavi non troverà la Radwanska (peraltro battuta allo Us Open), ma la rumena Simona Halep, famosa più per l’operazione di riduzione del seno che per i risultati. I precedenti dicono 2-1 per Roberta, ma l’unico match su terra è stato vinto dalla rumena, peraltro piuttosto nettamente (6-1 6-3 al defunto torneo di Barcellona). Ma è una grande opportunità per arrivare nei quarti. Laddove non si era mai nemmeno avvicinata.
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