Alla vigilia della finale Slam in Australia, pubblichiamo il nostro incontro con Sara Errani e Roberta Vinci, la coppia numero uno al mondo. Da loro ci siamo fatti raccontare il segreto di questi successi, dalla splendida amicizia agli schemi di gioco … di ROBERTA LAMAGNI

di Roberta Lamagni

editing Max Grassi – foto Getty Images

PRIMA PARTE

Fossero sorelle, litigherebbero più spesso. Fossero semplici amiche, non godrebbero di quella complicità istintiva che pare tenerle annodate. “Roberta e Sara – giura chi le conosce bene – sono sempre in contatto, se non fisicamente con il cellulare”.

Un’intesa a tutto campo, granitica e che ha prodotto per il tennis italiano la coppia più prolifica della storia. Vinci ed Errani – o Cichi e Cichi, come si chiamano tra loro – sono la prima ‘squadra’ interamente azzurra ad aver conquistato un titolo dello Slam, quest’anno a Parigi. In poco più di due stagioni, da quando questi metalli di valore si sono fusi in una pregiatissima lega, 12 tacche di specialità si sono aggiunte al ‘calcio’ delle loro racchette, 7 nel solo 2012. E quel che più conta, senza compromettere il ruolino da singolariste.

Anzi. In classifica come nella vita si cercano e si rincorrono, inanellano trofei, scalano posizioni. Il 2011 è stato l’anno della tarantina, tre titoli e l’ingresso nel circolo delle migliori 20 al mondo. La stagione attuale, manco a dirlo, è prepotentemente dominata dalla romagnola, che con i ‘quarti’ agli Australian Open e la prodigiosa finale del Roland Garros ha incantato l’Italia, demolendo il muro delle Top 10.

Coppia numero uno, le abbiamo incontrate nella cattedrale del tennis, a Wimbledon, poche settimane prima che gli stessi sacri prati ospitassero il torneo Olimpico.

Approfittando dello straziante sgocciolare del cielo che a Londra tutto regola, ci siamo fatti raccontare i segreti di un rapporto tanto armonioso e proficuo, a cominciare dagli esordi.

PARTE 2

Come e dove è nata la coppia?

Sara: “La prima partita insieme è stata in Francia, a Orleans, durante un match di Fed Cup. Corrado ha deciso di schierarci a risultato acquisito e poi è ricapitato altre volte, sempre in nazionale, sempre in punti non decisivi. La prima per ‘scelta nostra’ è stata invece in Australia, a Hobart (nel 2010, ndr) dove abbiamo raggiunto subito la semifinale. Da lì abbiamo giocato sempre più spesso…”.

Non avevate partner fisse all’epoca?

Roberta: “No, nessuna delle due. Prima del 2010 avevo anche chiesto a Sara di fare coppia ma lei si era già impegnata con altre giocatrici”.

Avete scelto da subito questa formazione:

Roberta a destra e Sara a sinistra?

R: “Subito questa, sì, perché io avevo sempre giocato da questo lato”.

S: “Per me invece era indifferente, avevo provato entrambi le parti ma siccome Robi era abituata a destra non è stato un problema”.

Cosa è cambiato col tempo? Quali sono stati i miglioramenti del gioco di squadra?

S: “All’inizio, non conoscendoci tanto, facevamo più che altro due singoli. Poi giocando sempre più spesso e a un livello più alto, abbiamo iniziato a cercare schemi diversi come l’australiana, che adesso usiamo molto”.

R: “Io per esempio ho sempre fatto servizio e volée in doppio e all’inizio Sara mi diceva ‘Ho un po’ difficoltà perché non sono abituata ad avere una che viene subito avanti sul servizio’. Poi tanti meccanismi, imparando a conoscerci, hanno cominciato ad ingranare”.

In campo chi sostiene di più l’altra?

S:“Ci compensiamo abbastanza, non c’è una che decide come impostare il gioco. Anche sul fatto di sostenerci, notiamo entrambe quando siamo nervose e cerchiamo di aiutarci”.

R: “Io sto più zitta, sono più pacata. Sara invece si incita, si carica di più, ma si accorge subito quando sono giù perché non dico più una parola, sparisco. Lei invece si arrabbia, si sfoga e poi le passa subito, a me a volte l’incazzatura dura troppo”.

In cosa siete diverse come giocatrici?

S: “A me piace avere l’opportunità di stare a fondo e gestire il gioco da dietro. A Robi piace molto di più stare avanti”.

R: “Lei mi dice sempre ‘prova a intervenire ma non ti preoccupare, se non ce la fai ci sono io dietro’. Lei è la saracinesca, io mi diverto con qualche tocco. Anche se in realtà Sara viene troppo poco a rete, potrebbe farlo di più, perché la palla la sente anche lei…”.

PARTE 3

Ahi ahi ahi… le pupille di Sara cominciano a roteare, il sorriso si schiude in una risata e, voltandosi verso un tavolo alle sue spalle, invoca: “Vorrei interpellare Francesco Cinà (il coach della Vinci che siede qualche fila dietro, ndr). Roberta ha detto che la sento anche io…” e di sottecchi osserva la compagna, per studiarne la reazione. Non occorre grande intuito per capire che il bugiardo tentativo di mettere in difficoltà l’amica è un gioco delle parti. La romagnola si attiene al ruolo di comprimaria ma la punzecchia con quell’aria da bimba dispettosa. Ma non distraiamoci…

Qual è stata l’emozione più bella provata in campo?

Silenzio, poi Roberta: “Parigi, di sicuro, ma sono state tante, anche Roma. Dovendo sceglierne una, lo Slam”.

S: “Io dico la finale di s’-Hertogenbosch contro Petrova-Kirilenko. A me è quella che è piaciuta di più, forse perché ero piùnervosa. Ci avevamo vinto a Parigi e volevamoriconfermarci sull’erba. Loro sonouna coppia olimpica e i Giochi sarannosull’erba, è stato un bel test”.

E fuori dal campo?

R: “Difficile da dire, perché siamo sempre insieme ma al circolo. Una sera volevamo andare a vedere un serale di ‘Amici’, perché siamo patite della trasmissione. A volte in camera, quando non sappiamo che fare, ci guardiamo dei video. Avevamo programmato tutto per una data poi però eravamo ancora in gara a Madrid e non ce l’abbiamo fatta”.

C’è una caratteristica che vorreste rubarvi a vicenda?

Sara, d’istinto: “Il servizio”.

R: “Io vorrei arrabbiarmi quanto lei. A lei dura cinque secondi, a me cinque anni, forse. Lei già se la prende poco, ma è anche brava a farsela passare subito. Io sono più tignosa”.

Cosa vi dite prima del punto?

S: “Che schema fare. Oppure ci incoraggiamo o ci avvertiamo di alcuni particolari ‘stai servendo più sul diritto, attenta’ o ‘attenta al lob’. Cerchiamo di aiutarci, se lei vede che sono troppo indietro ‘spingi di più o tienila, a seconda della situazione”.

Un allenamento specifico per il doppio?

R: “Mai dimenticare il pittino (il tennis giocato all’interno delle linee del servizio, che spesso i giocatori fanno per scaldarsi, ndr) – scherza – Esercizi particolari in realtà non li abbiamo mai fatti”. “Tu sei la maestra, dilli tu” incalza Sara furbetta.

R: “Non so, perché ci scaldiamo sempre allo stesso modo”.

S: “A me viene in mente uno schema. Due a rete e due a fondo, il giocatore a fondo tira la palla, la prima volée deve essere lunga, poi si inizia il punto”.

R: “Uno scambio di volée contro volée per i riflessi. Va be’, bocciate, non siamo pronte per la Scuola Maestri”.

SCHEMI DI GIOCO 1

Così giocano Sara e Roberta:

Qual è lo schema più collaudato?

Sara: “Robi serve e io mi metto sotto, all’australiana. Poi ovvio che dipende dalla superficie: sulla terra è più difficile perché il campo è più lento ed è più facile rispondere. Su un campo veloce invece è lo schema che porta più risultato”.

Quello che vi dà più soddisfazione?

S: “Quando siamo sulla terra, a me dà soddisfazione quando riesco a spingere e a girarmi di diritto, con l’altra a fondo, e a fare il lob”.

Roberta: “Sara sulla terra si diverte di più, perché stando dietro le piace manovrare, ha

più tempo e riesce a vedere meglio il gioco”.

Quali sono i trucchi per vincere contro avversarie più ‘fisicate’ e potenti di voi?

S: “Il nostro gioco non cambia, ma ovviamente le giocatrici più alte fanno sentire la loro presenza con il servizio e nella copertura della rete, specialmente su superfici rapide”.

R: “E comunque noi pensiamo più a fare il nostro. Perché con giocatrici di questo tipo dobbiamo aumentare ancora di più l’aggressività. Poi sì, a volte ti viene da dire ‘mamma quanto sono alte’, però non possiamo farci schiacciare”.

Qual è la difficoltà di giocare con un’avversaria mancina?

R: “La risposta. E’ ovvio che servendomi mancino sul rovescio faccio fatica. Mi difendo un po’ con il lob, ma già l’angolino è stretto per tirare quindi… In più se provo a colpirla di diritto la palla ha un effetto contrario. Proprio non mi piace”.

S: “A me non dà fastidio”.

SCHEMI DI GIOCO 2

Contro un doppio solido a fondocampo come ci si comporta?

R: “Io sono quella che va più spesso a rete. Se non danno fastidio a Sara e lei ci palleggia tranquillamente, si continua. Altrimenti o attacca anche lei o cerco di darle una mano tagliando a rete prima, per abbreviare gli scambi. Comunque Sara difficilmente ha problemi, pure lei è abbastanza solida” sghignazza.

Solitamente chi inizia a servire?

S: “Dipende dal vento. Io servo a favore, lei contro. E comunque scegliamo spesso la risposta. Il sole invece dà più fastidio a Roberta perché lei fa serve and volley” continuando a ridere.

Serve Roberta da destra, che succede?

S: “Serve sul rovescio, io mi metto sotto e poi vado a sinistra”.

Da sinistra?

S: “Serve sul diritto e io vado a destra”.

Lo stesso per Sara, da destra

S: “Ora abbiamo svoltato – ride – ma qui variamo un po’ di più. Sul rovescio e vado a sinistra e Robi a destra. Da sinistra, diritto o rovescio e vengo avanti. Sulla terra però mai: kick e inizia il punto”.

Come si sfruttano le rotazioni al servizio?

R: “Per me non c’è uno schema fisso, è più un fatto di tensione. Se vuoi mettere la prima non la rischi e allora dai rotazione”.

S: “Più che scegliere l’effetto si tratta di decidere dove servire. Sulla terra però preferisco il kick, su superfici veloci lo slice”.

Al corpo mai?

Roberta, candidamente: “Pochissimo. Capita alcune volte quando sbagliamo, invece di battere sul diritto la palla viene al centro, altrimenti mai”.

Come si risponde in doppio?

S: “Sempre incrociato basso, mentre il lungolinea lo rischi quando te la senti. Magari sulla seconda palla puoi avvisare la tua compagna dicendo ‘se ce l’ho buona vado in lungolinea”.

R: “In linea di massima, quando trovi due che entrano tanto, giochi il lungolinea per spaventarle, altrimenti solo raramente per cambiare un po’. Ma non te lo dici prima, è una scelta istintiva”.