In conferenza stampa “Sarita” ha spiegato l’importanza di raggiungere la finale a Parigi. Nell’ultimo atto sarà sfida con Andreeva/Shnaider

Foto Ray Giubilo

La gioia negli occhi, nel cuore, nella testa. Sara Errani dopo il match con cui si è conquistata insieme con Jasmine Paolini la certezza di una medaglia olimpica – al quinto tentativo – è un concentrato di felicità. In campo una delizia per tempismo, lucidità, tocco. Fuori un’atleta di 37 anni che fatica a nascondere la gioia della ragazzina che, da piccola, sognava questo momento.
«Non so perché, ed è strano per un tennista, visto che in tanti non lo considerano un torneo importante, io ho sempre avuto il pallino delle Olimpiadi. Era un mio sogno partecipare, poi è diventato un sogno vincere una medaglia. Ci ho provato tante volte, finalmente ci sono riuscita. E se me lo chiedete, sì, per me vincere una medaglia qui è più importante che in uno Slam». E di Slam Sara ne ha vinti 5 in doppio, a fianco di Roberta Vinci.
Jas è quasi d’accordo: «Non so dire se uno Slam conta di più o di meno, sicuramente le Olimpiadi sono al top. Anche per me è incredibile sapere di aver già vinto una medaglia. E nessuna di noi due vuole accontentarsi».
Un anno fa, quando è iniziata l’avventura con Jasmine, non c’erano certezze. «Se mi chiedete se me lo sarei aspettato, vi risponderei che me lo aspettavo e non me lo aspettavo. Alla fine ci ho lavorato tanto, ho fatto grandi sforzi, ho dato tutto quello che avevo. Ora mi sento fortunata ma anche orgogliosa di quello che ho fatto. E dovrò sempre ringraziare Jasmine, che ho un po’ contagiato con questo mio desiderio. Specie dopo la fatica che ha fatto il giorno in cui dopo aver perso in singolare è scesa in campo per darmi questa chance (contro Garcia e Parry, ndr)».
La coppia è nata ufficialmente proprio a Parigi, al ristorante, durante il Roland Garros. «Io gliel’ho proposto, e lei mi ha detto: be’, ti farò sapere…», scherza Sara. «Ma no, non è vero, ho detto subito di sì – si ribella Jasmine – Anche il mio coach Furlan era entusiasta, soprattutto perché c’era un obiettivo, un progetto». Un percorso di crescita. Con Sara che ha ribaltato il suo ruolo: con la Vinci era lei a tenere in piedi gli scambi da fondo, con Roberta che si esaltava sotto rete. Accanto a Jasmine è invece spesso lei a chiudere con tocco e impressionante intuito.
«Nel corso del tempo siamo migliorate tanto. All’inizio non giocavamo così, poi abbiamo trovato la soluzione migliore per noi, e quella è stata la svolta. Io credo di essere migliorata anche a rete, prima non entravo tanto, ci abbiamo lavorato e questo è il risultato».
Oggi poi è tornata la soluzione del servizio da sotto, proprio sul matchpoint. «Sul 5-2 ho avvertito Jasmine che lo avrei fatto. E le ho anche detto che loro probabilmente avrebbero tentato la smorzata…». Anticipare, prevedere, intuire. Le doti di una grande doppista. Forse la più grande del nostro tennis, maschi compresi.
«Be’, a queste cose non ci bado. Io penso a fare il mio». Regola aurea.

Nella seconda semifinale Andreeva/Shnaider hanno avuto la meglio di Tormo/Bucsa per 6-2 6-1. Sarà dunque finale con le russe che però gareggiano senza bandiera.