L’avventura della britannica si è interrotta con la sconfitta subita contro Ekaterina Alexandrova in due set

Foto Ray Giubilo

DOHA – Emma non ride più. Lo splendido sorriso che aveva accompagnato l’incredibile cavalcata di Raducanu negli Us Open del 2021 – vinto, è bene ricordarlo, da numero 150 della classifica, partendo dalle qualificazioni, e senza perdere un set – si è via via affievolito, tra continui cambi di allenatori e una serie impressionante di infortuni (il più importante l’ha costretta ad operarsi nel 2023 a entrambi i polsi, cosa che l’ha costretta a uno stop di otto mesi). In tabellone a Doha grazie a una wild card – attualmente è numero 60 del ranking – ieri ha perso contro la russa Alexandrova, reduce dal successo di Linz, per 6-3 7-5. In vantaggio per 3-1 in entrambi i set, la prima britannica a vincere uno Slam dai tempi di Virginia Wade (era il 1977, il fatidico anno del centenario di Wimbledon) si è persa rapidamente tra errori da fondo campo e un servizio – diventato ormai il suo punto debole – poco incisivo e facilmente aggredibile dall’avversaria, inanellando così la quarta sconfitta di fila – dopo il terzo turno raggiunto agli Open d’Australia aveva già perso all’esordio nei tornei di Singapore e Abu Dhabi – cosa mai successa nella sua ancora breve carriera.

Sui giornali inglesi è ripartito così il conto dei tanti allenatori cambiati in pochi anni, da Andrew Richardson, con cui aveva ottenuto la vittoria a New York, a Torben Beltz, da Jez Green a Sebastian Sachs, da Dmitry Tursunov a Nick Cavaday, che prima dell’Open d’Australia ha dovuto però rinunciare per problemi fisici. In Qatar ha cercato di darle una mano l’ex professionista Jane O’Donoghue, forse più un’amica di famiglia che un coach («E’ come una sorella maggiore per me», parole di Emma), che ha affiancato il nuovo preparatore atletico, Yutaka Nakamura, che ha lavorato in passato con Sharapova e Osaka e che sta cercando di aiutare la tennista britannica nella gestione di un fisico fin troppo fragile.

Enzo Ferrari diceva che gli italiani perdonano tutto ma non il successo, anche in Gran Bretagna però non scherzano. La ragazza che aveva affascinato il mondo del tennis – e non solo – con la sua improvvisa ascesa tra le grandi e il suo melting pot genealogico (Emma è cresciuta a Londra ma è nata a Toronto da padre romeno e madre cinese) non ha più giocato ai livelli di quel fantastico Us Open – nel 2022 era già scesa in 75ª posizione – ed è accusata di essersi persa troppo presto tra lustrini e sfilate, senza dedicarsi al tennis con la dovuta costanza, di chiedere troppe wild card invece di soffrire nelle qualificazioni dei tornei più importanti, anche di guadagnare troppo. I vari accordi con British Airways, Tiffany and Co, Porsche, Dior, Evian, HSBC, Nike e Wilson garantiscono a Raducanu una decina di milioni all’anno e nel 2023 Forbes l’aveva classificata al quarto posto tra le atlete più pagate malgrado nella stagione avesse disputato appena dieci incontri. E poi c’è lo sgarbo inflitto a Murray a Wimbledon 2024, con Andy (all’ultima partita in carriera) e Raducanu iscritti nel tabellone di doppio misto, con la successiva decisione della britannica di non giocare per “concentrarsi sul suo incontro di singolare”, cosa che le ha inviso tutta la Gran Bretagna.

A 22 anni compiuti il 13 novembre e dopo un 2024 comunque discreto, mentre qualche pseudo tifoso arriva a chiederle addirittura di ritirarsi, Raducanu avrebbe bisogno probabilmente soltanto di un po’ di tranquillità e qualche risultato positivo. «Credo ancora nelle mie capacità – aveva detto in Australia – e quando sto bene fisicamente so di essere un avversario temibile per tutte le giocatrici». Provaci ancora, Emma, la tua favola non può essere già arrivata alle pagine finali.