L’INTERVISTA – L’Avvocato Massimo Rossi ha pubblicamente manifestato la disponibilità a candidarsi Presidente FIT. “Mi hanno spinto a provarci i criteri con cui è stata convocata l’Assemblea. Raccogliere 300 firme in così poco tempo è quasi impossibile, ma avevo voglia di tastare il polso ai circoli italiani”. Le sue idee sugli sbarramenti, le deleghe e l’iniziativa tardiva. 

. Nel 2004, Angelo Binaghi vinse molto nettamente su Luigi Tronchetti Provera, poi ha corso da solo nel 2008 e nel 2012. L’Assemblea per il rinnovo delle cariche federali per il quadriennio 2017-2020 è stata indetta per il prossimo 11 settembre (giorno della finale dello Us Open) a Fiumicino, presso l’Hotel Hilton Rome Airport, stessa sede di quattro anni fa. Con una missiva pubblica, indirizzata al sito Ubitennis, l’avvocato Massimo Rossi (in alto a destra nella foto, ndr) ha manifestato l’intenzione di provare a candidarsi, pur consapevole delle oggettive difficoltà per ottenere la candidabilità. Lo Statuto FIT, infatti, impone che la candidatura a Presidente sia sottoscritta da 300 circoli, 200 atleti e 20 tecnici, in rappresentanza di almeno cinque regioni (Articolo 55, Comma 3-a dello Statuto FIT). A tre settimane dalla scadenza dei termini, sembra una missione quasi impossibile. Rossi ne è consapevole e lo dice apertamente “ma avevo voglia di tastare il polso ai circoli italiani, visto che da più parti mi arrivano notizie di malumori. Ho avuto buoni riscontri, ma per ora in numero assolutamente insufficiente. Se riuscirò a candidarmi? Ora non so, sono curioso di vedere cosa succederà”

Avvocato Rossi, come è nata l’idea di provare a candidarsi?
Come spesso mi succede, mi sono risentito (un po’ provocatoriamente) per il modo con cui è stata aperta la partecipazione all’Assemblea Elettiva: mi è parso poco democratico. Stiamo parlando di un movimento, quello del tennis, che si rivolge a centinaia di migliaia di appassionati. Hanno indetto il 16 luglio un’Assemblea che si terrà l’11 settembre. Dieci giorni prima bisogna depositare le candidature, accompagnate da 300 firme per la carica di Presidente e 30 per quella di Consigliere. Mi è sembrato un modo per scoraggiare qualsiasi iniziativa e ho cercato di capire perché, ma non ho trovato una spiegazione. Non c’era un motivo di dare un’accelerazione del genere. Immagino che gli attuali dirigenti siano in Brasile per le Olimpiadi, i Giochi termineranno il 21 agosto, le Paralimpiadi addirittura il 18 settembre, ad Assemblea già celebrata…mi sembrano elementi poco condivisibili. Visto che l’attuale regola andrebbe (secondo me) rivista, ho pensato di provarci. So già che al 99% non ci riuscirò, ma almeno emergerà con chiarezza che è quasi impossibile mettere insieme due elementi: l’urgenza e la quantità di firme da raccogliere. Candidarsi è pressoché impossibile per chiunque non sia già al potere.

Lei si è già candidato due volte e mezzo: nel 1997 e nel 1998, poi nel 2004 lasciò spazio a Tronchetti Provera prima dell’Assemblea di Castellaneta Marina…
Nonostante quello che ho appena detto, ovvero la pressoché impossibilità di formalizzare la candidatura, quest’anno ci avrei provato seriamente, mentre in passato le mie candidature era puramente provocatorie. All’epoca bastava una raccomandata per candidarsi a Presidente FIT. Il candidato aveva la possibilità di prendere il microfono e parlare quanto voleva, mentre tutti gli altri dovevano rispettare un limite di 5 minuti. Visto che avevo molto da dire e mi piaceva parlare, mi candidavo presidente per discutere, aprire un dibattito. Tuttavia ricordo che a Bellaria, pur senza aver fatto uno straccio di campagna elettorale, ottenni dei buoni riscontri. Quest’anno mi era venuta voglia di candidarmi sul serio, ma con queste modalità sarà molto difficile.

Il tema è proprio questo: non pensa che in così poco tempo sia quasi impossibile raccogliere 300 adesioni dai club? Gli atleti e i tecnici si possono anche radunare, ma con i circoli deve essere ben più complicato…
Sì, ma il mio intervento iniziale serviva proprio a questo. Volevo tastare il polso ai circoli italiani. Molti dicono che i circoli italiani sono stufi di questa gestione, che sono stufi di essere tartassati economicamente dai costi delle cosiddette tasse federali, che sono stufi di vedersi arrivare la Procura Federale a contare il numero dei soci, col rischio di sanzioni disciplinari, ecc ecc…Molto vagamente e genericamente, mi sembra di aver raccolto un’onda di malcontento proveniente da molti. Allora sto cercando di capire se i circoli lanciano dei segnali. Se i circoli mi dovessero dire: “Che bello, per fortuna qualcuno si candida”, io sono pronto a sottoscrivere la candidatura. Ma visto che, temo, non sarà così, i circoli italiani dovranno anche smetterla di lamentarsi di una situazione che loro stessi hanno contribuito a favorire. Poi non so se ci siano altri motivi che li inducono a non mettersi contro questa federazione, come altre voci mi dicono, con frasi del tipo: “Eh, ma se ti metti contro la FIT la tua vita diventa difficile, non ti assegnano i campionati, ti mandano a giocare lontano…”. Sono sciocchezze, ma girano anche queste voci. Allora vorrei verificare, nel rispetto del meccanismo previsto dallo Statuto, se qualcuno avesse la volontà di voltare pagina. Poi un conto è raccogliere le 300 firme, un conto è vincere le elezioni. Per vincere le elezioni ci vogliono migliaia di voti, però già raccogliere un buon numero di adesioni sarebbe un piccolo segnale. Una fetta dei circoli italiani non sono soddisfatti di questa gestione.

La domanda più importante: in questi giorni ha avuto dei riscontri?
Mah, sì, i riscontri li ho avuti ma in numero ancora assolutamente insufficiente. Inoltre non amo attaccarmi al telefono e chiamare a destra e a manca. Però mi arrivano segnali abbastanza confortanti.

Oggi è l’11 agosto, quindi lei ha tre settimane di tempo per raggiungere le fatidiche 300 firme. Ragionevolmente, pensa di raggiungere perlomeno l’obiettivo della candidabilità? Dell’Assemblea, poi, se ne parlerebbe in un secondo momento…
In tutta sincerità non so rispondere. Dipende molto dal polso della situazione dei circoli italiani, se c’è o non c’è questa voglia di cambiare. Non glielo so dire. Di sicuro sono curioso di vedere come andrà a finire.

Quattro anni fa, dopo l’ultima elezione di Angelo Binaghi, parlammo con lui proprio dello sbarramento per le eventuali candidature, in particolare del “quorum” di 300 firme per potersi candidare. Il Presidente FIT disse testualmente: “La storia è fatta di personaggi che si sono presentati alle cariche elettive dicendo che non avrebbero mai vinto, che avrebbero preso l’1% ma che avrebbero parlato e discusso per 20 minuti in più. Trovo che siano scelte dovute a una sorta di narcisismo, alla necessità di mettersi in primo piano e farsi un po’ di pubblicità gratuita. (i candidati a Presidente non hanno limiti di durata al loro discorso, mentre tutti gli altri devono restare nei 5 minuti previsti dai regolamenti, ndr). Stiamo parlando di candidature con fini “patologici”, differenti dalle ragioni di una giusta candidatura. Quindi dobbiamo trovare il miglior sistema possibile, rispettando i tanti vincoli imposti dal CONI. Il miglior sistema possibile è quello che garantisce a chi vuole fare il Presidente, e che quindi si candida per quello e non per puro esibizionismo, di potersi candidare. Se uno si candida davvero per ottenere il 51% dei consensi può pensare che la dinamica assembleare, e quindi un discorso convincente, possa fargli ottenere un certo consenso. Ma quanto può raccogliere? Il 20%? Il 30%? Tra l’altro oggi ci sono strumenti come internet che permettono di superare un problema esistente anni fa, quando era difficile dialogare con i circoli. Ma se non ha nemmeno una base del 10%, di cosa stiamo parlando?”. Qual’è il suo pensiero in proposito?
Probabilmente alludeva al sottoscritto. Detto questo, il mio pensiero è semplice: Binaghi potrebbe anche avere ragione. E’ una norma che ci sta, ma non si può abbinare a questa fretta. Se si inserisce uno sbarramento, deve essere compensato con tempistiche previste dallo Statuto. Se si fissa l’Assemblea subito dopo la chiusura dei Giochi Olimpici estivi, e nemmeno a Giochi Paralimpici conclusi, con il termine del 30 agosto per depositare 300 firme…il combinato disposto delle due situazioni rende pressoché impossibile la candidatura. Mi sta bene la selezione del numero di firme per accompagnarla, ma dovrebbe esserci una tempistica diversa.

Però già quattro anni fa l’Assemblea si era tenuta il 9 settembre, e nel 2008 l’11 settembre. Insomma, si sapeva o almeno si poteva prevedere. Volendo, un ipotetico candidato avrebbe avuto quattro anni per agire e raccogliere un buon consenso. Insomma: non le pare di essere partito un po’ troppo tardi?
Sicuramente, ma non si può parlare di queste cose con un circolo con 2, 3, 4 anni d’anticipo. Nessuno è interessato a questo discorso e comunque non si concretizza un bel niente. Credo che persino operare con 6 mesi d’anticipo sia prematuro. E’ inutile. Si può fare solo quando la cosa è “calda”. Ipotizziamo un appuntamento elettorale fissato a fine ottobre, o ancora meglio in gennaio. In quel caso, si può ragionare, inviare un programma e mostrare cosa è stato fatto nel quadriennio precedente. Non posso andare quattro anni prima a dire che la FIT si comporterà male e che quindi, quattro anni dopo, devono votare per me. Insomma, un programma si basa su un ragionamento consuntivo e si può fare solo nell’imminenza dell’appuntamento elettorale.

Comprendo la sua posizione, ma ritengo che una campagna elettorale di un certo peso debba essere più lunga, specie se l’obiettivo è raggiungere un consenso maggiore rispetto a un gruppo dirigente in carica da 16 anni. Nel 2004, per esempio, la campagna elettorale di Tronchetti Provera fu piuttosto lunga e vivace.
Non sono sicuro che Tronchetti sia partito con così grande anticipo. Ricordo bene che ebbi un incontro con lui a Forte dei Marmi, in agosto, in vista di un’Assemblea che si sarebbe tenuta il 14 novembre a Castellaneta Marina.

Cosa pensa del fenomeno delle deleghe, che peraltro quattro anni fa sono state aumentate da 3 a 4?
Bisogna mettere i circoli in condizione di esprimersi. Lo si può fare tramite l’espressione diretta, che ovviamente è il modo migliore. Per farlo bisogna fissare le assemblee in luoghi ragionevoli, come peraltro accadrà quest’anno. Oggi Roma si raggiunge in fretta con i treni veloci, si parte al mattino e si torna alla sera senza chissà quale sacrificio economico. Diversamente, deve essere prevedibile la possibilità di delegare. Io ridurrei il numero deleghe, ma lo farei in modo corretto. Se ricordo bene quel che accadeva in passato, vedevo girare pacchi di deleghe che all’ultimo momento venivano più o meno intestate a qualcuno. Se io sono un presidente di circolo, so che l’11 settembre c’è l’Assemblea Elettiva e sono impossibilitato a partecipare, firmo la mia delega con coscienza dopo aver parlato con il mio delegato e aver trovato un accordo sul chi votare, come e perché. Solo a quel punto, è corretto firmare la propria delega. Non parlo di adesso, ma ai tempi di Paolo Galgani il gioco delle deleghe veniva interpretato in modo ben noto…

Avevano una certa importanza i presidenti dei Comitati Regionali, giusto?
Sì, come raccoglitori e collettori di voti. Tuttavia, credo che gli attuali dirigenti non applichino questo sistema. Non credo siano loro a sfruttare le deleghe in senso negativo, anche perché non ne hanno bisogno. Non mi risulta che dopo Tronchetti Provera ci siano state Assemblee con candidati in opposizione. In effetti la partecipazione è stata limitata, e il risultato elettorale è stato molto elevato. Impropriamente si citano sempre i poveri “bulgari”, perché non c’era confronto. Insomma, non vedo la necessità di un cattivo utilizzo dello strumento della delega. Credo che Binaghi e i suoi consiglieri non l’abbiano mai fatto, proprio perché non ce n’era bisogno. E’ più storia dei tempi andati, quando c’erano lotte e conflitti. All’epoca i colpi bassi si sprecavano.

Avvocato Rossi, tenendo conto delle sue precedenti candidature, tutti si domandano due cose: 1) Chi glielo fa fare? 2) Non teme che un ulteriore risultato negativo possa minare la sua immagine, non certo in ambito professionale, ma quantomeno dirigenziale?
Ma no…forse sbagliando, continuo a interpretare la dirigenza sportiva come un incarico dilettantistico, che si fa per passione e amore per il tennis. Non è che una sconfitta o una vittoria possano incidere sulla valutazione dell’uomo. E poi, tramite questo strumento della raccolta delle firme, mi piacerebbe scoprire se si può considerare modificabile una norma, oppure no. Se la compensiamo con un discorso sui tempi può andare, altrimenti è complicato. Diciamo che mi piacerebbe aprire un dibattito sull’onda di una sperimentazione.

CHI E’ MASSIMO ROSSI? 68 anni, di professione fa l’avvocato e spesso si è occupato di vicende legate al tennis. Nel nostro mondo, uno dei suoi risultati più brillanti fu la totale assoluzione ottenuta per Filippo Volandri dal “doping al Ventolin” nel 2008, quando il livornese risultò positivo per aver preso in misura leggermente maggiore una sostanza per cui aveva speciale esenzione medica. Rossi ha anche rappresentato il Capri Sports Academy ai tempi della diatriba tra la FIT e il club campano (che però da lì a poco si sarebbe sciolto). In ambito dirigenziale, è stato a lungo presidente della Pro Patria di Milano, con il quale ha organizzato tanti Simposi Internazionali. Si è già candidato a Presidente FIT per due volte, nel 1997 e nel 1998, ottenendo il suo miglior risultato nel 1998 (anno dell’elezione di Francesco Ricci Bitti), raggiungendo circa il 5%. Era tra i candidati anche nel 2004, ma si ritirò per unire le forze con l’altro candidato Luigi Tronchetti Provera (che però fu sconfitto piuttosto nettamente da Binaghi).