Alessandro Colella e Riccardo Bonadio sono due giovani professionisti, aspiranti top-100. Le giornate sono sempre uguali: sveglia, circolo, allenamento per tutto il giorno tra tennis e preparazione atletica. E poi, quando c’è l’occasione di portare a casa un po’ di punti ATP, si viaggia. Per adesso, più Futures che Challenger: Turchia, Egitto, Sardegna. Le giornate sono sempre uguali fino a quando non ci si alza un giorno e ci si sente domandare: “Ti va di giocare due ore domani con Roger Federer?”
Sì, proprio con queste parole!
Entrambi, infatti, nella settimana antecedente al Monte-Carlo Rolex Masters, sono scesi in campo al fianco di King Roger e si sono allenati con lui.
Un insieme di emozioni hanno attraversato entrambi, ma lo scherzo è stata la prima ipotesi presa in considerazione.
“Stavo giocando l’Open BNL di Genova e quel giorno avevo perso, non sapevo se tornare a casa o rimanere lì – racconta il torinese Alessandro Colella – al mio maestro, Gianluca Luddi, è arrivato un messaggio da parte di Riccardo Piatti con scritto: “Domani Colella vuole venire a Montecarlo a giocare con Roger dalle 16.00 alle 18.00?” Lui mi ha guardato e mi ha chiesto: “Allora cosa vuoi fare? Vuoi andare o no?” Io ero sorpreso, avevo appena perso, ero giù di morale, mi sembrava uno scherzo. Poi era anche il primo aprile, ho pensato “sarà un pesce d’aprile”. Gli ho chiesto: “Ma sei sicuro che non sia uno scherzo?”, mi ha risposto: “Secondo te Piatti scherza?” “Allora certo che ci vado, non devo neanche pensarci!””
Anche per Riccardo Bonadio, pordenonese, la richiesta è stata simile: “E’ iniziato tutto con una telefonata del mio maestro Fabio Colangelo. Ero appena uscito dal Tennis Club Milano, il club in cui mi alleno. Mi ha detto che avrei potuto fare da sparring a Roger Federer, aggiungendo di non illudermi perché non era ancora nulla di certo. Dovevo però iniziare a pensare se andare o no a Napoli per giocare il Challenger. Inizialmente pensavo stesse scherzando, poi ha aggiunto che Riccardo Piatti sarebbe venuto il giorno dopo al Tennis Club Milano e ci avrebbe dato indicazioni più precise. Ovviamente ero molto contento, ma allo stesso tempo non volevo illudermi. Il giorno seguente ho visto Piatti e mi ha confermato tutto. Ho rinunciato, senza pensarci troppo, al Challenger di Napoli. Giocare con Roger Federer, anche solo per due ore, sarebbe stata un’emozione unica. Così io e Fabio siamo partiti il giorno dopo per Montecarlo.”
Per entrambi, l’immagine di Roger è la stessa; Federer rappresenta “la perfezione”. Sempre elegante, impeccabile, preciso, mai un gesto di stizza, mai una smorfia. Insomma, il marito dei sogni, l’allievo perfetto, e l’idolo da prendere come esempio. Un punto di riferimento per tutti.
: “In televisione dà l’idea di essere sempre molto serio, simpatico ma serio. In realtà in quelle due ore non mi è sembrato così: è una persona solare, che scherza. Con me e Bonadio si è comportato benissimo, è stato molto gentile ed educato. Non tutti i giocatori sono così cordiali, io ne ho conosciuti diversi. Lui ti mette a tuo agio, si è interessato sulle nostre attività, sui tornei che facciamo, sulla nostra provenienza. Anche se io come tipo di gioco preferisco Nadal, giocare con Roger è stata un’emozione grandissima. Nessuno è come lui. Lui rappresenta “il tennis”. Io giocavo e pensavo “quello dall’altra parte della rete ha vinto 17 Slam.”
: “Quando siamo entrati in campo ha appoggiato le borse ed è venuto a presentarsi. Come se ce ne fosse bisogno! Non lo avevo mai visto da così vicino, ero un po’ teso ma lui ci ha messo subito a nostro agio. Abbiamo iniziato a palleggiare, ero attento a guardare lui piuttosto che pensare a me stesso e cercare di essere all’altezza. Tira sempre palle diverse. Non arretrava mai di un passo. Variava moltissimo, più degli altri con cui ho giocato, cambiava traiettorie, velocità, effetti, angoli, insomma tutto. La cosa impressionante era la naturalezza con cui lo faceva e la velocità di braccio sempre molto elevata. Inoltre non ti permetteva di “leggere” la palla, né la direzione, né la traiettoria. Terminato l’allenamento ci ha ringraziato per essere venuti. Gli ho chiesto una foto perché un’esperienza così va ricordata per sempre. Quest’uomo ha cambiato e dominato non solo il tennis contemporaneo ma tutta la storia dello sport. Penso che pochi atleti possano essere paragonati a lui, forse Jordan, Rossi, Phelps e Bolt. Aver avuto l’onore di conoscerlo rappresenta per me qualcosa di unico.”
Alessandro racconta ciò che lo ha colpito maggiormente delle due ore di allenamento: “Non tanto la potenza, quanto la semplicità con cui gioca, e poi l’imprevedibilità: fino all’ultimo può cambiare idea e fare qualcosa che non ti aspetteresti mai. Nasconde bene la palla, ad esempio quando fa il dritto a sventaglio fino all’ultimo non capisci dove tira. E poi il servizio: fa sempre lo stesso lancio di palla ma può tirare in tutte le direzioni”
“La cosa che mi ha impressionato è stato il modo con cui si è comportato con noi e con i fan, quasi non si rendesse conto di cosa rappresenta per tutti gli amanti di questo sport. Inoltre era tranquillo e sicuro allo stesso tempo, anche se era appena rientrato da un infortunio e da lì a pochi giorni avrebbe iniziato un torneo” racconta Riccardo.
Alessandro, infine, ci tiene a raccontare un momento che difficilmente dimenticherà: “C’è stato un episodio in cui lui si è messo a servire da sinistra su di me, senza dover più giocare il colpo dopo, allora io ho fatto qualche risposta, alcune vincenti. Dopo tre belle risposte lui mi ha guardato e mi ha detto “Well played”. Roger che dice a me “ben giocato” !! Il punto dopo, ha servito, mi ha fatto ace e si è messo a ridere come a dire “ma dove vuoi andare?” Sicuramente di quest’esperienza mi rimane l’onore di aver giocato con uno dei più forti giocatori della storia del tennis, se non il più forte.”
“Credo che il suo gioco non si possa prendere come esempio, necessita di un bagaglio tecnico che fino ad ora solo lui possiede. La sua personalità, però, deve essere un esempio per tutti, me per primo” conclude Riccardo.