Vi spieghiamo la regola che potrebbe escludere Andy Murray (o comunque il numero 8 ATP) dal Masters. E' frutto di un vecchio accordo tra ATP ed ITF ed è già stata applicata tre volte.

Di Riccardo Bisti – 10 ottobre 2014

 

Andy Murray aveva appena 12 anni. Viveva a Dunblane e mamma Judy non aveva ancora deciso di portarlo a Barcellona, da Emilio Sanchez, dove avrebbero costruito le basi del campione di oggi. Nel 2000, il nuovo millennio portò anche un gesto distensivo tra ATP e ITF, entità storicamente contrapposte. Quel gesto è l'origine dei timori odierni dello scozzese, che rischia di saltare le ATP World Tour Finals a causa di un cavillo regolamentare. Se anche dovesse chiudere l'anno al numero 8 ATP, lo scozzese potrebbe non giocare a Londra a beneficio di Marin Cilic. Motivo? Il croato ha vinto un torneo del Grande Slam. Non tutti sanno che nel 2000 sono cambiati i criteri di ammissione al Masters di fine anno. Non più i primi otto del ranking ATP, ma i primi sette più il vincitore Slam meglio piazzato, compreso tra l'ottava e la ventesima posizione. Negli ultimi 10 anni, con gli Slam vinti quasi sempre dai soliti, la situazione non si è mai presentata. Ma il 2014 è stato un anno particolare, con due vincitori Slam a sorpresa: Stan Wawrinka a Melbourne e Marin Cilic a New York. Ma se lo svizzero è pressochè certo di chiudere l'anno tra i primi sette (attualmente è quarto, con oltre mille punti di vantaggio sull'ottavo), il croato sta sgomitando. Fa parte di un gruppo di sei giocatori, racchiusi in 500 punti, che stanno lottando per tre posti. Ma il successo allo Us Open lo mette al riparo da eventuali sorprese. Con Wawrinka così avanti, e la certezza di chiudere tra i top-20 (e ci mancherebbe!), Marin è certo di andare a Londra. Può dunque succedere che Berdych, Raonic, Ferrer, Dimitrov e lo stesso Murray lo superino. Ma lui è comunque sicuro di giocare il Masters, a discapito di chiuderà l'anno al numero 8 ATP. Sconfitto da David Ferrer a Shanghai, lo scozzese si è lamentato del regolamento. Non prima di aver chiesto (e ottenuto) una wild card per Valencia, ha detto la sua sulla norma.


L'IMPORTANZA DEGLI SLAM

“Se l'ATP vuole che i propri tornei siano i più importanti, e credo che sia così – ha detto Murray – si spera che al Masters giochino i tennisti che hanno accumulato più punti ATP. Dare la priorità ai vincitori Slam è come ammettere che i Major siano più importanti”. Quella di Murray è una critica morbida, nemmeno troppo convinta. “Non sto dicendo che sia sbagliato. Io stesso ho dedicato tempo e sforzi per preparare i tornei del Grande Slam, dove si gioca al meglio dei cinque set. Significano molto per tutti i giocatori. Se Marin chiuderà l'anno in nona posizione, si meriterà di andare a Londra. Vincere lo Us Open è un grande risultato. Tuttavia, se vuoi proteggere il tuo circuito, devi fare in modo che tutti i tornei abbiano la stessa importanza”. Non fa una grinza, anche perchè l'importanza degli Slam è tutelata dagli stessi punti ATP: vincere un Major fa intascare 2.000 punti, un Masters 1000 ne offre la metà. Dovrebbe bastare questo. Ma Murray non ricorda, o forse non gli hanno raccontato, l'origine di questo regolamento. L'ATP ha inserito questa postilla (che si trova a pagina 41 del Rulebook ATP) per togliersi di torno un evento che negli anni 90 aveva provato, con alterne fortune, a oscurare l'importanza del Masters: la Grand Slam Cup. Ma andiamo con ordine.


TUTTO NASCE DA UN DISPETTO

Nel 1990, quando l'ATP prese in mano il circuito mondiale, cambiò nome al Masters. Divenne “ATP Tour World Championship” e si trasferì da New York a Francoforte. Vi accedevano i primi otto del ranking ATP. Ma l'ITF, che all'epoca gestiva direttamente i tornei del Grande Slam, si inventò la Grand Slam Cup di Monaco di Baviera, torneo a 16 giocatori, con eliminazione diretta e un montepremi da favola (la sola partecipazione garantiva 100.000 dollari, il vincitore intascava 2 milioni). Criteri di ammissione? I soli punti ottenuti nei tornei del Grande Slam. Le prime edizioni furono memorabili, con semifinali e finale che si giocavano al meglio dei cinque set. Si ricordano un paio di match incredibili come Lendl-Chang del 1991 e Sampras-Korda del 1993. I giocatori lo prendevano molto sul serio, anche senza punti ATP in palio. La crisi iniziò nella seconda metà del decennio, con lo spostamento in settembre e una riduzione del montepremi. Nemmeno l'istituzione del torneo femminile nelle ultime due edizioni bastò a salvarlo. Il 9 dicembre 1999, infine, fu annunciata la fusione che oggi fa disperare Andy Murray. Dal 2000, dunque, i vincitori dei tornei del Grande Slam hanno una forte “tutela” in chiave Masters (in realtà oggi l'ITF conta sempre meno negli Slam, ma questa è un'altra storia). L'ATP accettò, forse pensando che una situazione del genere non si sarebbe mai verificata. Invece è successo ben quattro volte (e si è concretizzata tre). Ve le raccontiamo.

 

2001 – Goran Ivanisevic corona il sogno di vincere Wimbledon. Chiude la stagione al numero 13 ATP, ma il regolamento gli consente di giocare il Masters a Sydney a dispetto di Marat Safin, ottavo. Il croato batte Kuerten ma perde da Ferrero e Kafelnikov, uscendo nel girone.

 

2002 – L'annus horribilis del tennis moderno. Tre dei quattro vincitori Slam non chiusero tra i primi otto. Fu premiato il campione di Parigi Albert Costa (n.11), che vinse una partita contro Safin ma uscì ugualmente nel girone. Nell'altro gruppo, Thomas Johansson (vincitore dell'Australian Open e n. 14 ATP) sostituì Agassi dopo la prima giornata e perse entrambe le partite. Pete Sampras, 13esimo, aveva già deciso di ritirarsi ma non l'aveva ancora annunciato.

 

2004 – Gaston Gaudio vinse una clamorosa edizione di Roland Garros e andò a Houston da numero dieci, scippando il posto nientemeno che ad Andre Agassi. Non vinse neanche un set, chiudendo con un bilancio di 17 game vinti e 37 persi.

 

2005 – Marat Safin, undicesimo, avrebbe potuto riprendersi il posto che quattro anni prima gli aveva scippato Goran Ivanisevic, ma fu costretto al forfait per un infortunio (aveva giocato un solo torneo dopo Wimbledon). Nell'edizione delle rinunce, pescarono David Nalbandian, 12esimo, che vinse il torneo al termine di una grande finale contro Roger Federer.

 

Dopo un paio di lustri, la regola può tornare a colpire. E la vittima può essere proprio Andy Murray, possibile idolo di casa alla 02 Arena proprio come lo sarebbe stato Andre Agassi nel 2004. Le rimostranze di Andy, dunque, annegano in un passato di cui, ancora oggi, portiamo i segni. Per evitare polemiche c'è un'unica soluzione, anzi due: che chiuda l'anno tra i primi sette o che Marin Cilic riesca a chiudere almeno in ottava posizione. Lo scopriremo soltanto tra una ventina di giorni, quando si sarà delineato il tabellone di Parigi Bercy.