Nella prima semifinale il pubblico è clamorosamente a favore di Wawrinka, ma alle mie spalle un tifoso indiano fa un tifo indiavolato per Nishikori, “Orgoglio d’Asia”, salvo poi mettersi a incoraggiare lo svizzero e fare il tifo per la partita, quando il secondo set si invola velocemente nelle mani di Nishikori (e nel frattempo inneggiando anche ai grandi assenti Federer e Nadal, in ugual misura): una perfetta rappresentazione dello spirito canadese, di grande accettazione e rispetto del prossimo, di qualunque colore sia. La seconda semifinale scorre via senza eventi particolari, Nole ha fretta e il povero Monfils nulla può davanti al suo cospetto, così nel fresco della sera, dopo un solo set combattuto in due partite, raccolgo le mie cose e lascio l’impianto, sperando che Nishikori almeno dia un po’ di filo da torcere alla macchina serba in finale.
Domenica però il tempo promette malissimo: cielo completamente coperto e pioggia insistente, neanche uno spiraglietto di sole fino alle due e mezza passate, con la finale che dovrebbe cominciare alle quattro e soltanto pochi game già giocati della finale di doppio. Giove Pluvio però, come spesso accade a Toronto, ci ripensa, fa spuntare il sole giusto in tempo. Il campo viene asciugato velocemente, il doppio viene spostato sul Grandstand e la finale può cominciare in orario. Nole prende subito il largo e Nishikori appare scoraggiato, ma comunque fa trasparire poche emozioni. Dagli spalti intanto alcuni spettatori gridano incoraggiamenti nei momenti sbagliati, venendo ripresi da Carlos Bernardes. A un certo punto si sente anche una voce (maschile!) che grida “Nole vuoi sposarmi?”, lui scuote la testa e poi indica l’anello sulla mano sinistra. Innervosito però dalle continue interruzioni, alla fine si volta e chiede di persona agli spettatori di stare zitti, quando Nishikori prende coraggio e recupera il break nel secondo set, l’unico momento in cui il serbo sembra effettivamente un po’ nervoso. Alla fine comunque il giapponese si scioglie sul più bello e Nole può alzare le braccia al cielo per la trentesima volta alla fine di un Masters 1000, mandando baci e inchini alla folla ai quattro angoli dello stadio, e durante la premiazione è così contento che chiede agli spettatori di abbracciare i loro vicini a nome suo, che a sua volta abbraccia il presentatore della cerimonia.
Si conclude così, in modo inusuale, questo ennesimo trionfo per il numero uno sempre più lontano dai suoi inseguitori. Poi sui social network ringrazia ancora gli organizzatori e dichiara il suo amore per la città di Toronto, in cui si sente a casa e ben accetto, e i suoi abitanti, la sua atmosfera ed energia positiva. E quando si fa il balzo di qua dell’Atlantico, e si scopre questo tesoro canadese dalle mille facce e mille culture che convivono pacificamente, come si fa a non restarne innamorati?
(Foto Francesca Sarzetto)