Le palline sono tanto importanti quanto sottovalutate. Eppure definiscono le condizioni di gioco ancor di più che superfici e racchette. Scopriamo quante sono omologate, dove vengono prodotte e le loro caratteristiche. 

Pochi ne parlano, pochissimi hanno il coraggio di esprimersi negativamente. Eppure il tennis è sempre più una questione…di palle. Ok, le superfici e gli attrezzi hanno contribuito a rivoluzionare il gioco. Ma il fattore che più di ogni altro fissa le condizioni di gioco, beh, sono proprio le palline. "Hanno un enorme impatto sul torneo e sul giocatore, ed è curioso che non se ne parli quasi per niente – dice David Taylor, coach di Samantha Stosur – alcuni giocatori trovano molto difficile l'adattamento da torneo a torneo. Appena arriviamo, la prima cosa da fare è cercare di capire quale tensione utilizzare con quel tipo di palla”. Nei circuiti internazionali possono essere utilizzate soltanto le palline approvate dall'ITF. Ogni palla da tennis deve avere un certo diametro (tra i 6,54 e i 6,86 centimetri) e restare in un range di peso (tra i 56 e i 59,4 grammi). Restando nei parametri imposti dalla federazione internazionale, le varie aziende possono sbizzarrirsi. Esistono tre tipi di palline: le più veloci (tipo 1) vengono utilizzate sui campi lenti, mentre quelle lente (tipo 3) sono quelle scelte per i campi più rapidi (e possono avere un diametro superiore, tra i 7,00 e i 7,30 centimetri). Ad oggi, circa 200 tipi di palline sono utilizzabili nel tour e sono quasi tutte prodotte in Cina e nel sud-est asiatico (soprattutto Thailandia, Indonesia e Filippine). Soltanto due modelli vengono prodotti in Italia, almeno tra quelli approvati dall'ITF: le Artengo TB 700 Foam Yellow e le Karakal Mini Red. Tutte le aziende più importanti (Dunlop, Wilson, Babolat, Slazenger) producono le loro palline in Asia. Se chiedete a qualsiasi giocatore, scoprirete che ognuno ha le sue preferenze. Parlando con Sports Illustrated, Taylor ha rivelato che la Stosur si trova bene con le Penn e le Dunlop Fort, considerate le palline più consistenti al mondo. In Italia, Dunlop ingloba più del 50% del mercato.

 


PALLE DA ALTITUDINE
Per tanti anni Dunlop ha fornito le palline al Roland Garros, ma da qualche anno sono passati a Babolat. All'Australian Open e allo Us Open si gioca con Wilson, mentre a Wimbledon sono utilizzate le storiche Slazenger, unico marchio che compare (piccolo piccolo) sui teloni a bordo campo. Le Slazenger sono le palle più pesanti del tour, che peraltro tendono a ingrossarsi in caso di umidità. Quindi sì, hanno rallentato i prati, ma anche le palline fanno la loro parte. Più la palla diventa grande, più diventa lenta, più il rimbalzo è alto. E' un bel vantaggio per chi adotta un tennis difensivo. Ben diversa la situazione in casa Wilson: le palline sono più grandi come diametro, ma con meno feltro sembrano addirittura più piccole. Tali differenze creano una serie di problemi ai giocatori. Negli ultimi anni, i più attivi nella lamentela sono stati Gilles Simon e Rafael Nadal: non apprezzavano il fatto che in tornei ravvicinati tra loro utilizzassero palle diverse. Inoltre, abituati a condizioni sempre più omogenee, non amano le palline troppo veloci e dai rimbalzi “impazziti”. Le stesse caratteristiche dei giocatori influiscono sulla durata delle palline: chi utilizza tante rotazioni le rovina più rapidamente. Ci sono poi un tipo di palle speciali: quelle pensate per giocare in altitudine. L'ITF ha approvato 11 modelli e ogni marchio importante ne ha almeno uno. La loro caratteristica è un rimbalzo leggermente più basso rispetto alle palle tradizionali, ovvia esigenza quando l'aria è rarefatta e la palla incontra meno resistenza. Per verificare l'altezza del rimbalzo, le palle vengono lasciate cadere da un'altezza di 254 centimetri: la palla tradizionale deve rimbalzare in un'altezza compresa tra i 135 e i 147 centimetri, mentre quella per l'altitudine va oscillerà tra i 122 e i 135. Si tratta di palle più pesanti, che restano più tempo sul piatto corde. Possono creare qualche problema a polso, spalla e avambraccio. Per questo, in certe occasioni, i giocatori si allenano un po' meno.


LA PALLINA DA TENNIS, UNA SCIENZA ESATTA

C'è poi il fattore meteorologico. Semplificando: sotto il sole la palla rimbalza molto di più, mentre di sera e con il brutto tempo accade il contrario. L'ITF effettua periodicamente test sempre più accurati, in condizioni ideali (circa 20 gradi di temperatura e 60% di umidità), in cui sono comprse anche operazioni curiose come la deformazione della palla stessa. Possiamo dire con ragionevole certezza che la palla da tennis sia diventata una scienza esatta. Non era così in passato, quando le palline da tennis erano fatte di lana, o addirittura con capelli. Nel 18esimo secolo siamo passati al sughero, fino a quando sul finire del 19esimo secolo è arrivata la gomma vulcanizzata riempita di aria compressa. Il feltro (attualmente viene utilizzata una miscela di lana e nylon) consente di rendere più controllabile la palla e migliorare effetti, tagli e rotazioni (a questo link, un'accurata spiegazione su come vengono realizzate le palline di oggi). Per anni, le palline sono state bianche (nere in rarissime occasioni), prima che nel 1968 comparissero le palline gialle (la cui resa visiva è migliore in TV). Wimbledon è stato l'ultimo torneo ad adattarsi al nuovo colore, passando al giallo solo nel 1986, ma poi ha fatto un passo in più chiedendo a Slazenger un feltro ancora più fosforescente per migliorarne la visibilità. Insomma, dietro ogni singola pallina c'è una storia. Una storia che può essere decisiva nella disputa di un match, forse ancor più della superficie, delle racchette e di tanti fattori più visibili. Come dicevano i maestri di un tempo: “La palla. Guarda solo la palla”. Forse dovremmo farlo anche noi…