A un mese da Italia-Gran Bretagna, salgono le quotazioni di Potito Starace. E se fosse lui il più adatto a fare il secondo singolarista al fianco di Fognini? Noi crediamo di si. E vi spieghiamo perchè.
Potito Starace, attualmente numero 152 ATP
Di Riccardo Bisti – 27 febbraio 2014
La suggestione nasce dando uno sguardo al palestrone di San Paolo, dove Potito Starace ha fatto un'ottima figura. Ok, ha perso 7-6 6-3 contro Tommy Haas, ma ci poteva stare, anche perchè al Ginasio Ibirapuera si gioca indoor. Potito ha giocato alla pari, dettando (quando possibile) lo scambio con il suo drittone. Nonostante i 32 anni (che diventeranno 33 a luglio), si conferma ancora competitivo. Risolti i problemi alla schiena, forse non sarà più quello del 2007 (anno del best ranking) ma è molto simile quello di un paio d’anni fa, quando restava tranquillamente tra i top-50. Dando un’occhiata ai risultati degli altri azzurri, è giusto porsi una domanda: e se fosse lui il secondo singolarista contro la Gran Bretagna? Le argomentazioni sono diverse. Partiamo dalle condizioni di forma degli altri azzurri. Ad oggi, il titolare è Andreas Seppi. Non c’è dubbio che l’altoatesino abbia qualità ed esperienza sufficienti per reggere l’urto, ma sta attraversando un momento difficile. Nel 2014 ha vinto appena due partite, ed è uscito dai top-30. Adesso arrivano i tornei di Indian Wells e Miami, dove non ha mai combinato granchè. Insomma, c’è il rischio che arrivi a fine marzo senza particolare fiducia. A quel punto, con la zavorra della brutta sconfitta a Mar Del Plata contro Berlocq, sarebbe davvero il caso di immolarlo contro Murray e farlo giocare sul 2-2 contro il secondo singolarista british? Scorrendo la classifica, la prima alternativa sarebbe Filippo Volandri. Il livornese viene da un ottimo 2013, ma l’anno nuovo non sembra altrettanto positivo. Ha vinto solo una partita, a Buenos Aires, e a San Paolo ha raccolto tre giochi all'esordio contro Delbonis. Non si può neanche dire che non gli piacciano le condizioni, visto che nel 2012 giunse in finale. Filippo ha un discreto passato in Coppa Davis (vittoria su Robredo fuori casa, un set scippato a Nadal), ma sono passati tanti anni. Da allora, non ha combinato granchè sulla lunga distanza. Inoltre, anche lui rischia di arrivare al weekend di Davis con poco tennis e fiducia nelle gambe: salvo imprevisti, giocherà a Indian Wells e Miami, dove non è esattamente tra i favoriti.
Dopo Volandri c’è Paolo Lorenzi. Il senese è ammirevole, continua a veleggiare intorno alla 100esima posizione e vince le partite che deve. Ma in Davis non ha esperienza. In un match così delicato, è un fattore. Con tutta l’ammirazione e la simpatia per Paolino, gli sarebbero preferibili sia Seppi che Volandri. Due parole su Simone Bolelli: il bolognese è pronto a tornare su buoni livelli e a Napoli giocherà il doppio. Ma un match tre su cinque, sulla terra, sembra troppo. Il “Bole” andrà a Miami per le qualificazioni e il doppio con Fognini, quindi non avrà molto tempo per allenarsi sul rosso. Schierarlo in singolare sembra francamente un’utopia. Ed ecco che entra in ballo Potito Starace. Dodici mesi fa era sull’orlo del ritiro. Lui dice di no, ma la schiena aveva alimentato cattivi pensieri. Poi è arrivata la vittoria al challenger di Napoli (guarda un po’, Napoli…) ed ha ripreso per i capelli una carriera che sembrava finita. In Australia ha sfiorato il main draw, poi nei tornei della Gira Sudamericana non ha fatto granchè, almeno fino a San Paolo. Lì abbiamo visto il Potito che conosciamo. Autoritario, completo, grintoso. Contro Haas gli sono girati male un paio di punti, e il break nel secondo set è arrivato a causa di un nastro iper-sfortunato. Per il resto, il gioco funziona. E la testa sembra ben focalizzata sul tennis. Quando Haas ha preso il largo, “Poto” ha scagliato una pallina sul tetto del palazzetto e ha lanciato la racchetta contro il borsone. Era furioso. Significa che ha tanta voglia di giocare, spaccare il mondo. I 32 punti raccolti a San Paolo non gli faranno fare chissà quale balzo (guadagnerà 5-6 posizioni, entrando tra i top-150), ma il livello sta tornando, come peraltro si era già visto nella seconda metà del 2013. Ed è probabile che a inizio aprile sarà l’azzurro con più terra rossa nelle gambe (Fognini a parte, obviously).
Dopo San Paolo, effettuerà qualche giorno di preparazione e poi parteciperà al challenger di Panama, su terra, dal 17 al 23 marzo. Un torneo in cui potrebbe anche arrivare in fondo. La settimana successiva, quella delle convocazioni, c’è un altro challenger a Barranquilla, in Colombia. Insomma, ha la possibilità di prendere fiducia. Ma oltre ai motivi tecnici ci sono quelli psicologici. Per giocare in Davis bisogna essere temprati. Potito ha cuore, testa, coraggio. Tutti conoscono il suo palmares, fatto di sole vittorie ad eccezione del match contro Roger Federer. Non ha battuto fenomeni, ok, ma in caso di 2-2, un Potito al 100% sarebbe capace di sbranare James Ward, Daniel Evans o chicchessia. E poi si gioca a Napoli, nella sua Napoli. Potito è di Cervinara, ma il Vesuvio è la sua seconda casa. Al challenger di Villa Comunale è quasi imbattibile, avendo centrato quattro vittorie (2006, 2007, 2008 e 2013) e due finali (2006 e 2009). Guarda caso, Italia-Gran Bretagna si giocherà in un’arena a pochi passi da lì, la stessa dove nel 2012 affrontammo il Cile. Ma Potito non c’era, e per lui fu una grande amarezza. Insomma, l’ambiente sarebbe perfetto e le motivazioni a mille. C’è poi un precedente con Andy Murray che incoraggia. Nel 2009, l’ha affrontato al Roland Garros e perse in quattro set lottati, uscendo dal Campo Chatrier con qualche rimpianto. La delusione di quella sconfitta può essere un ricordo positivo contro un giocatore che avrà pochissima terra sulle gambe, essendo reduce dal Masters 1000 di Miami (dove è campione in carica). E sul 2-2, francamente, non vediamo giocatori più adatti. Nessuno lo meriterebbe come lui. Fossimo in Corrado Barazzutti, che non è famoso per il coraggio nelle decisioni, ci penseremmo bene. Potito c’è.
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