Le tante sconfitte di favoriti “minori” a Cincinnati fanno pensare a un'inversione di tendenza: forse non c'è più un divario così grande tra i top-15 e il resto del gruppo. I top-5, ancora indenni, sapranno mantenere lo status o cadranno anche loro? 

E' presto per parlare di novità, ma forse qualcosa sta cambiando. A Montreal, soltanto quattro delle prime otto teste di serie hanno raggiunto i quarti di finale. Un dato quasi clamoroso per un circuito maschile che negli ultimi anni aveva consolidato il proprio establishment. I top-10 non perdevano quasi mai e si spartivano buona parte della torta. Adesso qualche crepa si avverte e capita che un Jeremy Chardy acciuffi un posto in semifinale. Per carità, siamo lontanissimi dalla rivoluzione, anche perché la vittoria finale è ancora proprietà privata dei soliti noti. Però la tendenza – almeno quella – sembra cambiata. In linea di massima è una buona notizia. Dopo anni di oligarchia, il tennis potrebbe lentamente cambiare regime. Sembra che stia succedendo qualcosa del genere anche a Cincinnati, dove è iniziato il Western & Southern Open, settimo Masters 1000 stagionale. L'unico che manca a Novak Djokovic per centrare un clamoroso “Career Masters 1000”. Il serbo cercherà di non parlarne troppo, poiché lo scorso anno gli portò una gran sfortuna. Nole esordirà mercoledì, proprio come Andy Murray. Nel frattempo, le prime due giornate confermano la tendenza di cui sopra. Non è una sorpresa clamorosa la sconfitta di Jo Wilfried Tsonga (peraltro uscito dalle teste di serie), ma oltre a lui hanno perso alcuni giocatori di rilievo. Per ora, la sorpresa più clamorosa è la sconfitta di John Isner per mano dell'amico Sam Querrey. Un 6-3 7-6 maturato a tempo di record, appena 76 minuti. E' clamoroso che Isner abbia perso per due volte il servizio nel primo set. “Non è divertente giocare contro un amico, ma fa parte del gioco e può succedere – ha detto Querrey – dopo la partita, nello spogliatoio, abbiamo parlato come se niente fosse. Nessun problema”. Isner ha sempre giocato bene a Cincinnati, tanto da raggiungere la finale nel 2013. E' un'uscita che fa rumore, anche perché si tratta della testa di serie numero 11.


I BIG FOUR RESTERANNO INDENNI?

E' ancora meglio piazzato Milos Raonic, numero 9 del draw, battuto in due set da Feliciano Lopez. Da quando si allena con Riccardo Piatti, per il canadese è la prima vera crisi. Milos è noto per la sua affidabilità, la capacità di vincere quasi sempre quando parte favorito. Invece è franato all'esordio sia nel torneo di casa che a Cincinnati. Il problema al piede che l'ha costretto anche a un piccolo intervento gli ha fatto perdere il ritmo. Da quando è tornato, i risultati non sono così positivi e anche la qualificazione al Masters sembra decisamente a rischio. A pochi giorni dal 34esimo compleanno se la ride lo spagnolo, che continua a veleggiare su livelli più che dignitosi. Lunedì era arrivata la sconfitta di Gael Monfils, battuto dal redivivo Janowicz. Un 6-4 7-5 che ha destato più di una perplessità: secondo Tracy Austin sarebbe addirittura caduto nel “tanking”, ovvero nello scarso impegno. “In effetti sto giocando davvero male. Mi manca tutto, non ho fiducia e non riesco a tirare un solo colpo corretto. Ho provato a fare qualcosa di diverso alla fine, ma proprio non andava”. A questa serie di mini-sorprese, si aggiunge il netto 6-2 6-1 con cui Richard Gasquet ha battuto Nick Kyrgios. Sul piano tecnico non è clamoroso, anche perché ci aveva già perso a Wimbledon. Ma un punteggio del genere, dopo i fatti della scorsa settimana, e con la possibilità di un secondo turno contro Kokkinakis, desta certamente qualche perplessità. Insomma, l'inizio un po' sonnolento (oltre che bagnato, visto che lunedì ha piovuto) del Masters 1000 di Cincinnati potrebbe anche segnare l'inizio di una nuova era, in cui alcune gerarchie possono cadere, scardinate dal peso dell'età. I pericoli arriveranno anche per i primi quattro?
 

 

ATP MASTERS 1000 CINCINNATI – IL TABELLONE