L'assenza delle teste di serie nei primi turni di Indian Wells e Miami toglie appeal alle prime giornate, dove si alternano giocatori di seconda fascia, lasciando stranito sia lo spettatore sul posto che in TV. Inoltre, un mese di tempo per due tornei sembra troppo. In teoria si potrebbe ridurli per fare spazio in calendario, ma non sarebbe semplice.

Fino a qualche anno fa, le prime giornate dei tornei di Indian Wells e Miami non avevano copertura televisiva. Si partiva al sabato della prima settimana, prendendo al volo i match di secondo turno. Da un po' di tempo, tutte le 12 giornate di gara di Miami (11 a Indian Wells, per i tornei maschili) godono di produzione televisiva. Agli onnivori di racchette e palline fa piacere. L'appassionato di tennis, ancor prima dei giocatori, ama la disciplina. E quindi un match come Zeballos-Elias, o magari King-Lacko, si assapora senza problemi. Ma l'esposizione televisiva delle prime giornate accende più di una riflessione. Ad esempio, sicuri che la formula a 96 giocatori faccia bene al tennis? I tabelloni sono completamente sfalsati, con ben 32 giocatori (trentadue!) esentati dal primo turno. La formula è stata pienamente sdoganata e non ci si pone più il problema, ma forse sarebbe il caso di pensarci. Intanto i primi turni non hanno quasi mai nomi di richiamo: senza i primi 32 ATP, molti incontri valgono un ATP 250 di basso livello. Ok, ci può essere il giovane, il nome caduto un po' in disgrazia, ma l'appeal complessivo delle prime due giornate è davvero basso. Figurarsi in TV. ATP Media, senza più i tornei WTA ad arricchire l'offerta dello streaming ufficiale, ha piazzato le telecamere su tutti i campi e offre in TV tutti i match, sia di singolare che doppio, per un totale di 126 incontri. Tutto bello, ma solo per il guardone incallito. Per il resto, il tennis non ci fa una gran figura. Pensate allo spettatore occasionale che si è recato a Crandon Park: magari avrà visto i migliori allenarsi, però in campo c'erano i rincalzi. E si sarà domandato perché non ha visto Federer o Nadal. Un altro aspetto importante è l'ottimizzazione del calendario: con 96 giocatori in campo, sia Indian Wells che Miami occupano due settimane. Quest'anno, le qualificazioni in California sono scattate lunedì 6 marzo, mentre la finale di Miami si giocherà domenica 2 aprile. Quasi un mese, in cui un tennista di medio livello, eliminato per due volte al primo turno, è costretto ad aumentare le spese e i disagi logistici per stare dietro alle parvenze di grandezza (peraltro legittime, soprattutto nel caso di Indian Wells) di questi due tornei. Il Challenger di Irving (collocato nella seconda settimana del BNP Paribas Open) serve ad ammortizzare la trasferta (buon montepremi, possibilità di iscrizione per i top-50), ma il mese di marzo continua ad essere troppo impegnativo. E il prize money per gli sconfitti al primo turno 13.690 dollari) diventa insufficiente.

EQUILIBRI DELICATI
Si parla tanto di possibili cambiamenti in calendario, magari della possibilità di accorciarlo, ma forse sarebbe sufficiente comprimere in meno settimane i tornei di Indian Wells e Miami. Basterebbe ridurre i tabelloni a 64 giocatori (dunque resterebbe lo stacco con gli altri Masters 1000, i cui tabelloni sono a 56) e i tennisti non sarebbero costretti a trasferte troppo lunghe e costose, peraltro con l'effetto benefico di avere i top-players in campo sin dal primo turno. A quel punto, con una o due settimane di spazio in più, il calendario si potrebbe modellare. La Davis sarebbe vista come meno impegnativa, e magari l'ipotetica formula in sede unica potrebbe ulteriormente ridurre la durata del calendario. Fantatennis, ci mancherebbe, ma assistere a quattro giornate senza grosso appeal non è il massimo. Con l'accorciamento di Indian Wells e Miami, intorno al 20 marzo i due tornei sarebbero già terminati e ci sarebbe spazio per iniziare la stagione sul rosso, o comunque anticipare il secondo turno di Coppa Davis. Tenendo conto del clima primaverile, poi, si potrebbe gestire la collocazione di alcuni tornei su terra, tenendo comunque in considerazione la possibilità di accorciare il calendario. Allo stesso tempo, tuttavia, ci sono due ragioni che rendono difficile un cambiamento: da una parte, Indian Wells e Miami non sarebbero contenti di avere meno giorni di gara (e dunque meno spettatori e incassi). E poi sarebbe complicato spostare tornei storici come Monte Carlo, Roma e Parigi. Le tradizioni ultra-secolari sono dure a morire. Se il torneo di Bucarest passa da settembre ad aprile non se ne accorge nessuno, ma spostare Monte Carlo a inizio aprile potrebbe rappresentare un problema. Gli incastri sono tanti, gli interessi sono diversi…ed è possibile che molto resterà così. A meno che il calendario del 2019, l'anno “promesso” delle rivoluzioni, non ci riservi qualche sorpresa.