US OPEN – Camila incanta il mondo intero, batte la Wozniacki sull’Arthur Ashe e garantisce all’Italia un posto nei quarti. Adesso pesca Roberta Vinci. Arriverà davvero in alto?
Camila Giorgi ha retto alla grande l'impatto con l'immenso Arthur Ashe Stadium
Di Riccardo Bisti – 1 settembre 2013
La bomba è esplosa. Per deflagrare, Camila Giorgi ha scelto lo scenario più importante. Non ce ne voglia Flavia Pennetta, che quattro anni fa giocò uno splendido match nella sessione serale dell’Arthur Ashe (battè Vera Zvonareva dopo aver annullato sei matchpoint), ma l’impresa di Camila vale di più. O meglio, ha un significato maggiore. Nel 2009, tutti sapevano chi fosse Flavia Pennetta. Era appena entrata tra le prime 10 e stava vivendo il suo miglior momento. Quanti, dei 22.547 spettatori che hanno gremito l’Arthur Ashe in attesa di Federer, avevano già visto giocare Camila? Pochi, pochissimi. Normale, perché è la numero 136 WTA e si era fermata dopo Wimbledon per un problema alla spalla destra che negli Stati Uniti non le era stato curato a dovere. Allora, la scelta di spostarsi in Italia con tutta la famiglia dopo un lungo girovagare tra Spagna, Francia e Stati Uniti. Camila ha scelto Tirrenia (dove si è allenata) e Montecatini (dove si è curata), e da lì è volata direttamente a New York: tre vittorie nelle qualificazioni, tre in tabellone, con un pirotecnico 4-6 6-4 6-3 a Caroline Wozniacki, numero 8 del mondo, ex numero 1 e finalista su questo stesso campo nel 2009, quando su Camila pesavano ancora i ricordi di una famosa intervista di papà Sergio alla Gazzetta dello Sport, quando disse che la figlia avrebbe potuto diventare numero 1 del mondo. Un visionario? Forse, ma alzi la mano chi non ha sgranato gli occhi nel vederla tenere il campo con così tanta personalità. E, soprattutto, chi si permetterà di non prendere più sul serio le uscite di Giorgi Senior, membro dell’esercito argentino nella drammatica (e inutile) guerra della Falkland-Malvinas, ultimo atto del regime militare argentino, allora guidato dal generale Leopoldo Galtieri?
Prima della sfida alla Wozniacki, Sergio Giorgi (molto più loquace della figlia, le cui risposte sono sussurrate a monosillabi), disse che Camila aveva il 60% di chance di farcela. Onestamente, non ci credevamo. E invece aveva ragione lui. Col suo tennis “totale”, che avrebbe fatto felice l’Olanda degli anni 70 (il cui motto era sfruttare ogni centimetro del campo), ha tirato una montagna di colpi vincenti. Alla fine saranno 46 contro i 13 della Wozniacki. Che fosse dura fare un punto alla danese si sapeva, giacchè ha due gambe come motorini, e lo aveva implicitamente confermato Flavia Pennetta parlando della sua prossima avversaria, Simona Halep. “E’ una a cui è difficilissimo fare un vincente: mi ricorda la Wozniacki”. La partita è stata bella fino al 6-4 4-4, poi è diventata esaltante. La Wozniacki è andata a servire sul 4-5 ed è stata brekkata a zero. Così, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Nel terzo la Giorgi si è scatenata, ricordando quell’Andre Agassi che su questo campo ha realizzato alcune delle sue imprese più memorabili. Il paragone può apparire blasfemo, ma il senso dell’anticipo della Giorgi è qualcosa di spettacolare. Ancor di più se arriva da una ragazza alta 168 centimetri per 54 chili, tanto che qualcuno l’ha paragonata a Justine Henin. Dopo aver avuto un matchpoint sul 5-2, ha chiuso nel game successivo, senza tremare. E ha confermato il suo personaggio, biascicando poche parole nell’intervista-show in mezzo al campo. “E’ stato un match spettacolare, la mia prima volta su questo campo. E anche il pubblico è stato eccezionale. Ringrazio il mio team, mi supportano molto”. La vittoria di Camila ha un piacevole effetto collaterale: l’Italia è certa di avere una giocatrice nei quarti, poiché negli ottavi troverà Roberta Vinci, brava a superare Karin Knapp in un match che inevitabilmente passa in secondo piano. “Non ho mai affrontato la Vinci: di sicuro sarà una partita interessante e divertente”. Ci spingiamo oltre: in quello spot ci sono tre italiane, vista la presenza di Flavia Pennetta. In altre parole, se Flavia dovesse superare la Halep, siamo certi di avere un’azzurra in semifinale per il secondo anno consecutivo, peraltro dopo che la Errani aveva messo fine a un’attesa di 72 anni.
Scesa al numero 136 WTA, la Giorgi aveva ottenuto un risultato del genere anche l’anno scorso a Wimbledon. Ma c’è la sensazione che oggi sia tutto diverso. I tempi sono maturi per il salto di qualità. Molte aziende se ne sono accorte, ma papà Sergio continua a proteggerla. Lei veste gli abiti che le disegna la madre. “E se un’azienda ti offrisse 100.000 dollari?” “Chiedete a mio padre”. Detto, fatto. “Non so quanto valga mia figlia. Ma di sicuro vale di più”. Tuttavia, a casa Giorgi, le regole sono diverse. Hanno trovato la forza di non sottostare a quello che stabilisce il mercato. Anche per questo, la FIT ha ottenuto un successo diplomatico mica male nel trovare un accordo con Camila e il suo entourage dopo un lungo rincorrersi. Lo scorso anno, dopo l’exploit di Wimbledon, è arrivata la prima firma: hanno sottoscritto un contratto con Octagon per rappresentarla. “Ma è durata un mese: non hanno fatto nulla di quello che avevano promesso – dice Giorgi Senior – e non volevano risolvere il contratto. Abbiamo dovuto chiedere aiuto alla WTA”. Da allora, gli agenti non si azzardano ad avvicinarlo. E lui non nasconde il suo fastidio: “Non fanni niente per le giocatrici, che poi sono quelle che si ammazzano di fatica. Sono in combutta con le imprese, in modo da accaparrarsi una commissione. Perché nessuna azienda offre nulla? Perché hanno a che fare con questa gente”. Una linea di pensiero semplice, che corrisponde con quella della figlia. “La mia strategia? Cerco sempre di essere aggressiva e tirare un colpo vincente. E non è vero che gioco i punti in modo differente. Li gioco tutti allo stesso modo”. Lo dice con orgoglio, come se fosse un punto forte. Senza esagerare, lo può essere. E poi, dimenticare cosa è successo nel punto precedente è sempre una buona cosa. Nel frattempo, è negli ottavi allo Us Open. Ma è solol’inizio. Dove può arrivare Camila? “Ha un potenziale da top-5” sentenzia Sergio. Dopo averla vista, come dargli torto? Adesso è tempo di trovare continuità. Tutto passerà da lì.
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