L’INTERVISTA – Viktor Galovic ha una potenziale enorme. E la forza di chi è emigrato a 5 anni, è figlio di un camionista e vive in affitto. E quella coincidenza con Balotelli…
Viktor Galovic è nato a Nova Gradiska il 19 settembre 1990. E’ numero 422 ATP
Di Riccardo Bisti – 6 febbraio 2013
Qualche anno fa, Marco Crugnola si è qualificato per il Masters 1000 di Madrid. Vedendolo disegnare tennis per qualche game contro Stanislas Wawrinka, il compianto Roberto Lombardi disse: “Ma da dove sbuca questo qui?”. La stessa sensazione, ancor più vigorosa, è arrivata vedendo giocare Viktor Galovic. Ok, il palcoscenico non è lo stesso e la qualità degli avversari neanche, ma quando mai si era visto un italiano tirare così forte? Viktor tira bordate impressionanti, che mettono a repentaglio l’incolumità di raccattapalle e giudici di linea. Ha un fisico eccezionale e non gli manca certo la voglia di arrivare: non potrebbe essere altrimenti per un ragazzo che ha lasciato la madre patria Croazia quando aveva appena 6 anni. Un ragazzo che non naviga nell’oro ma vive la situazione nel modo giusto, trasformando la rabbia in voglia di emergere. Parlando con uno sconosciuto, Galovic non ha problemi a usare termini coloriti. Si vede che non è stato ancora contaminato da manager, agenti e addetti stampa. Si fida dell’interlocutore, così come si è fidato del suo istinto Massimo Puci, che lo ha messo sotto la sua ala protettrice subito dopo averlo visto. “Ricordo che chiamai Renzo Furlan per dirgli che secondo me era buono – ricorda Puci – e lui mi rispose di essere d’accordo, che con un buon progetto può entrare tra i top 100. Il futuro? Ho parlato di lui con Sergio Pamieri: mi ha detto che in questo momento non rientra tra i ragazzi supportati dalla FIT, ma che se dovesse emergere non sarebbe lasciato solo. Credo che sia importante”. In attesa di capire se la svolta sia davvero arrivata, conosciamo meglio il (potenziale) Bum-Bum del tennis italiano.
Viktor, nato in Croazia ma italiano a tutti gli effetti…
Sono nato a Nova Gradiska, in Croazia. Dopo la guerra nei Balcani il Paese era distrutto, andava ricostruito. Allora io e mia mamma abbiamo raggiunto mio padre, che era già venuto a lavorare a Milano da qualche anno. Appena sono arrivato ho subito iniziato a frequentare le elementari, ma dopo un po’ ho dovuto smettere perché non conoscevo la lingua e mi sono dedicato a studiarla. Proprio in quel periodo ho iniziato a giocare a tennis perché aveva una funzione “sociale”: mi avrebbe aiutato a conoscere altri bambini e fare nuove conoscenze.
E’ rimasto qualche legame con la Croazia? Parli ancora il croato?
A casa, con i miei genitori, parlo in croato. Facciamo così soprattutto per non perderlo. Tuttavia non ho più legami con il mio paese natale. Mi sono rimasti pochissimi parenti e non ci torno da nove anni.
Ma lo scorso weekend per chi tifavi durante Italia-Croazia di Davis?
Non tifavo!…No, scherzo, tifavo per l’Italia.
Chi ti vede per la prima volta resta impressionato. Dice: “Da dove sbuca questo qui?”. Ce lo spieghi tu?
Ho iniziato a giocare seriamente soltanto all’età di 17 anni. Prima di allora andavo a scuola normalmente, facevo le mie lezioni al pomeriggio…non mi conosceva nessuno. Non ho fatto competizioni giovanili, nessuno mi ha visto. Poi ho iniziato a giocare qualche futures, e nei primi tre tornei che ho giocato ho subito conquistato altrettanti punti ATP. Allora ho capito che potevo fare qualcosa.
Allenatore?
Mi sono sempre allenato presso il Tennis Club Ambrosiano di Milano. Mi hanno cresciuto e seguito i maestri Fabio Menati, Marco Danelli e Giorgio Tacconi. Poi, tre anni fa, ho avuto la fortuna di conoscere coach Massimo Puci e sono stato spesso a Bra da lui. Poi, visto che Massimo doveva seguire altri giocatori mi ha affidato a Stefano Orso (che già aveva allenato Kukushkin). Devo ringraziare di cuore Puci e Orso: mi hanno aiutato tanto, anche sotto il profilo economico. Posso tranquillamente dire che senza di loro non sarei qui.
E la federazione?
Non ho mai avuto rapporti con la FIT, ma credo sia normale. Non mi hanno mai visto quando ero junior, semplicemente perché non facevo attività di un certo tipo. Adesso ho 22 anni e sono abbondantemente fuori dal range d’età dei giocatori che prendono i contributi. Lo capisco, è giusto così.
Sappiamo che hai preso la maturità insieme a Mario Balotelli. Lui è arrivato al Milan, ha giocato la prima partita e ha fatto due gol. Tu la mattina dopo ottieni il miglior risultato in carriera. Credi alle coincidenze?
Non ci credo, ma ammetto che la coincidenza è divertente. Speriamo che sia di un buon auspicio! Con Mario abbiamo fatto insieme l’ultimo anno di liceo. E poi sono milanista…
Dove ti vedi tra 5 anni? E tra 15, a carriera finita?
Tra cinque anni vorrei essere stabile tra i top 100. A fine carriera vorrei essere in vacanza, in un posto meraviglioso, a riposarmi dopo le fatiche da professionista. Credetemi, mi sono sempre allenato con grande impegno, non mi sono mai tirato indietro e non ho mai “sciolto”. Credo di meritarmi un sano riposo a fine carriera.
Come mai sei ancora numero 400 ATP? Cosa ti manca per fare il salto di qualità?
Fisicamente ho sempre lavorato tanto, da quel punto di vista credo di essere al top. Anzi, potrei lavorare anche meno. Tecnicamente credo di avere qualche lacuna con il dritto. E' un colpo che va a intermittenza. Per esempio, la scorsa estate lo giocavo molto bene. In realtà, non mi crea grossi problemi perché imposto le mie partite su due-tre scambi. Devo migliorare tanto sotto l’aspetto mentale. Mi capita spesso di innervosirmi, andare in tensione…va meglio rispetto a qualche tempo fa, ma devo crescere ancora tanto.
Quali obiettivi ti sei posto per il 2013? E per la carriera?
Se sarà possibile, quest’anno vorrei costruirmi una classifica sufficiente per giocare con continuità nei tornei challenger. Carriera? Vorrei entrare tra i primi 50 e restarci per due-tre anni, in modo da guadagnare abbastanza per sistemarmi da quel punto di vista.
A proposito, come va economicamente?
Male. I miei genitori fanno fatica ad arrivare a fine mese. Io vivo ancora con i miei genitori, mio padre fa il camionista per una ditta lussemburghese. Lo stipendio non è male perché è rapportato al Lussemburgo, però viviamo ancora in affitto. L’attività costa, lo sanno tutti. Per questo devo ringraziare Massimo Puci che mi ha trovato uno sponsor e mi ha aiutato in prima persona. Ripeto: se sono qui è grazie a lui, altrimenti avrei anche potuto smettere. Quest’anno giocherò la Serie B con il Club Ambrosiano per pagarmi l’attività, ma il problema è trovare uno sponsor. Anzi, se qualcuno fosse interessato…
PUCI: “Può arrivare tra i primi 100”
Massimo Puci è uno scopritore di talenti. Una vhs galeotta gli fece intuire le qualità di un piccolo Andrey Golubev, poi condotto a ridosso dei top 30. Anche con Galovic è nato tutto per caso. “Avevo fatto un simposio a Milano, e il mio amico Carlo Rossi mi disse che c’era un ragazzo meritevole di attenzione. Gli dissi di portarlo a Bra: mi colpì subito, tanto che gli feci fare la pre-season insieme a Golubev. Allora si è trasferito da noi, è stato a casa mia e ha condiviso l’appartamento con altri giocatori. Lo scorso inverno ha condiviso l’appartamento con Donati, lo stesso che ha incontrato a Bergamo. Quest’anno resterà più tempo a Milano anche perché ha una grande disponibilità dal circolo, ma resterà attaccato al gruppo, anche perché allenarsi con Golubev, Donati ed Eremin è una bella possibilità”. Puci tiene il basso profilo quanto gli riferiamo le belle parole spese da Galovic, ma tiene a precisare una cosa. “Posso dire di aver creduto in lui quando nessuno lo conosceva. Ci credo ancora, sono convinto che possa entrare tra i top 100. Ma ci vuole tempo perché è ancora immaturo. Ad esempio, gli dico sempre che con il suo servizio dovrebbe giocare sull’erba. Lui dice che ha bisogno di ritmo per entrare in palla, e se non ha ritmo non sente il servizio. Ma credo che Bergamo posso fargli capire tante cose. Non ci sono tanti giocatori come lui”.
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