CoCo Vandeweghe è un bel tipo. Non ha peli sulla lingua e ha la parlantina sciolta. Un paio di mesi fa ha detto di poter diventare numero 1 del mondo: affermazione un tantino coraggiosa se chi la pronuncia è fuori dalle top 30. Inoltre non ha paura di parlare delle colleghe, anche in termini negativi. Dopo averci perso a Wimbledon, disse senza mezzi termini che Maria Sharapova è “antisportiva” e si è goduta la recente rivincita nei confronti di Yulia Putintseva dopo aver covato vendetta per due anni. Ma quando abbiamo visto Pam Shriver, "armata" di microfono griffato ESPN, avvicinarla durante il match contro Sloane Stephens, non volevamo crederci. Invece era tutto vero: l'americana ha rilasciato un'intervista durante il match! Non è una novità assoluta, giacché una quarantina d'anni fa Giampiero Galeazzi e Gianni Minà importunavano Adriano Panatta al Foro Italico (scene poi riproposte da RAI Sport e SuperTennis). Ma erano altri tempi, in cui la dimensione umana era ancora prevalente. E non è un caso che Guillermo Vilas, iper-professionale avversario di Adriano, per poco non li prendeva a schiaffoni. Oggi, francamente, sembrava inimmaginabile. Spesso i giocatori vengono “placcati” subito dopo la stretta di mano, a volte devono addirittura parlare appena prima di scendere in campo (vedi le WTA Finals), ma il match sembrava un tempio inviolabile anche per i più impiccioni. Ma la forza di ESPN, e gli 825 milioni di dollari versati nelle casse USTA per trasmettere lo Us Open fino al 2025, hanno sfatato l'ultimo tabù. E che poteva accettare, se non una chiacchierona come CoCo Vandeweghe? La Shriver sembrava intimidita, quasi a disagio, e le ha chiesto cosa l'aveva soddisfatta maggiormente nel primo set e cosa avrebbe dovuto fare nel secondo per chiudere la pratica. Domanda banale, risposta banale, ma tanto è bastato per accendere un vivo dibattito. Tra spogliatoi e sala stampa non si parla d'altro. Ma com'è andata? La sera prima del match, i responsabili di ESPN hanno avvicinato la newyorkese (che oggi risiede in California) e le hanno proposto l'idea. Lei ha accettato, sapendo che non c'era alcun obbligo (a differenza di tanti protocolli che impongono ai tennisti di concedersi alla stampa) e che avrebbe potuto declinare in qualsiasi momento, anche pochi secondi prima.
Invece è andato tutto liscio. “Penso che qualsiasi innovazione sia positiva – ha detto la Vandeweghe – non ci vedo nulla di male. Prima di effettuare l'intervista, pensavo che avrei potuto perdere un po' di concentrazione. Ma durante un match di tennis hai moltissime distrazioni: se non riesci a metterle da parte, significa che devi lavorare molto su questo aspetto”. In tanti hanno detto la loro, a partire da Chris Evert. Detto che la sua opinione è condizionata dal ruolo di commentatrice per ESPN, ha espresso un concetto che condividiamo: Coco era la persona migliore possibile per questo esperimento. “Formula pensieri molto articolati e lo ha fatto perché è una vera appassionata di sport. Le piace cercare di capire cosa passa per la testa di un'atleta, quindi era la figura ideale”. Jamie Reynolds, vicepresidente della produzione ESPN, ha detto che altre giocatrici sono state interpellate sull'argomento e hanno manifestato interesse. “Il nostro obiettivo è aumentare questo tipo di interviste nei prossimi anni, soprattutto per i quattro campi principali”. Vedremo. Per il 2015, ad ogni modo, non aspettiamoci rivoluzioni. Djokovic: “Per questo torneo no, di sicuro”. Serena Williams: “Non mi andrebbe di dover rispondere su tutto…spero che non diventino obbligatorie”. Più pragmatica Caroline Wozniacki: “Durante una partita preferiremmo concentrarci sul match”. Su questo punto, Chris Evert non è d'accordo. A suo dire, alcune giocatrici sono talmente esposte che un paio di domande durante un match non dovrebbero costituire un problema. “Tramite i social network sappiamo persino cosa mangiano a cena…quindi esprimere come si sentono durante un match non dovrebbe essere un problema. Ai miei tempi eravamo più consapevoli della necessità di promuovere il tour”. In linea di principio ha ragione, ma negli anni 70 e 80 non c'era quel gran mostro di nome internet. L'avesse vissuto sulla sua pelle, la penserebbe ancora così?
MA SERVE PER DAVVERO?
Siamo ancora nel campo degli esperimenti. Persino la Vandeweghe non è sicura se andare avanti. “Magari la prossima volta dirò a Pam di tornare a sedersi al suo posto, sarebbe altrettanto divertente”. La “prossima volta” sarà oggi, sul Louis Armstrong Stadium contro Bethanie Mattek Sands. Sarebbe ancor più interessante in un eventuale terzo turno contro Serena Williams. Chissà. La novità, ad ogni modo, non ha lasciato indifferente lo spogliatoio. “Credo che sia interessante, anche se dipende da giocatore a giocatore – ha aggiunto Djokovic – stanno provando a portare nel tennis qualcosa che vediamo già negli altri sport, come le interviste tra il primo e il secondo tempo di una partita di basket. Ma non so quanto possa funzionare nel tennis”. Il fatto è che gli sport di squadra – in generale – sono meno stressanti sul piano mentale e quindi per un giocatore è più facile rispondere durante una pausa. Accade anche da noi, con il calcio e le interviste fine a primo tempo. Nel tennis, tra un set e l'altro ci sono appena 120 secondi, 30 in più rispetto ai normali cambi campo. “In questo momento non sono interessato, ma so che diversi giocatori sono incuriositi nel vedere cosa faranno gli altri” ha concluso Djokovic. Anche Eugenie Bouchard non ha chiuso all'esperimento. “Non so, non ci ho pensato bene. Forse solo se hai vinto il primo set. Da un certo punto di vista potrebbe essere 'cool', avvicinare il pubblico e rendere il match più interessante”. Sarà. Il problema è che tali interviste non offrono niente di davvero importante: vengono ripetute le solite quattro banalità e lo spettatore non viene certo arricchito da un “devo essere più aggressivo” oppure “devo commettere meno errori”. Non si tratta di vere interviste, quanto piuttosto un estremo tentativo – quasi pornografico – di spettacolarizzazione del gioco. Può piacere a qualcuno, magari può anche funzionare per lo share, ma non renderà mai un match più interessante. Noi siamo convinti che i rapporti tra giocatori e media debbano essere riconsiderati, ma non è questo il modo. Se poi servirà ad avvicinare qualche ragazzino in più al tennis…ok. Ma che non ci parlino di arricchimento.