Alla Miami Tennis Cup si doveva giocare per la prima volta su un campo bianco, rosso e blu, ma a Key Biscane si sono visti i i soliti colori. E il pubblico ha disertato in massa… di DANIELE ROSSI

di Daniele Rossi

Se alla Grande Sfida abbiamo visto tanto pubblico e poco spettacolo, è successo il contrario alla Miami Tennis Cup, esibizione che si è giocata dal 30 novembre al 2 dicembre al Crandon Park Tennis Center di Key Biscane.

Vi avevamo anticipato due interessanti novità per questo mini-torneo amichevole: il campo bianco e le “spicy-ball girls”. Il primo non si è visto. Doveva essere una festa americana e un tributo al tennis statunitense, con il nuovo giocatore di punta – John Isner – l'icona appena ritirata – Andy Roddick – e il campione degli Us Open – Andy Murray. Per questo gli organizzatori avevano deciso per una novità assoluta: dipingere il campo di bianco, con linee rosse e contorno blu per omaggiare la bandiera Usa.
C'era curiosità per questo trovata, ma la delusione è stata grossa quando a Miami si è visto il classico rettangolo viola, contornato di verde. E il campo bianco? Mistero. Forse si sono resi conto che vedere una piccola palla gialla su fondo bianco era impossibile.
Di bianco però si sono vestite le raccattapalle, o le “spicy ball-girls” come sono state ribattezzate. 18 modelle si sono convertite al tennis per solleticare ancora di più il pubblico.

Peccato che l'operazione sia stato un totale fallimento dal punto di vista dell'affluenza. Dalle immagini si può chiaramente intuire come l'impianto di Crandon Park fosse praticamente deserto. E così è stato per tutta la durata del mini-torneo, tanto che Roddick ha commentato sarcasticamente “Forse era meglio se portavo qualche amico”.
Il risultato finale è stata un'ulteriore beffa per gli organizzatori a stelle e striscie, visto che ha finito per vincere Nicolas Almagro su Andy Roddick, dopo che lo spagnolo aveva battuto Isner e l'americano aveva sconfitto Murray.
E dire che i giocatori per divertire si sono dati da fare. Nella semifinale, i due Andy si erano messi “a dormire” sui divanetti a bordo campo e nella finale, Nico e A-Rod avevano lasciato le racchette a due spicy ball-girls che si sono ritagliate il loro momento di gloria. Ma si sa, Roddick è un enterainer nato e, nonostante qualche chilo di troppo, rimane una garanzia.

Difficile spiegare questo fallimento di pubblico, se non nella location. Miami ha un Master 1000 di altissimo livello che si gioca praticamente da sempre; Murray, Roddick, Isner, Almagro, sono giocatori che la gente di Miami ha visto decine di volte in un contesto agonistico. Perchè avrebbe dovuto andare a vederli in esibizione?

Ma del resto, dopo un ventennio di oblio, le esibizioni sembrano tornate in auge. Non solo in Italia e Stati Uniti, ma anche in Sud America. Novak Djokovic ha fatto la sua parte, giocando con Kuerten sia sul campo da tennis che da quello da calcio, ma adesso è il turno di Roger Federer.

Il campione svizzero, nella sua lunga carriera non aveva mai giocato in Sud America e ha voluto colmare questa lacuna con tre lucrosissime esibizioni, denominate “Federer Gillette Tour Exhibition”.

A San Paolo del Brasile, al Ginasio do Ibirapuera (dove si è appena giocato il Masters dei Challenger) giocherà per tre giorni, dal 6 al 9 dicembre: giovedì contro Bellucci, sabato contro Tsonga e domenica contro Ferrer. Ma in Brasile non hanno badato a spese – del resto è uno dei pochi paese del mondo ad essere in crescita – e oltre agli uomini, ci saranno anche due incontri femminili di spessore: Maria Sharapova (non si ferma un momento!) contro Caroline Wozniacki e Serena Williams contro Victoria Azarenka.

Federer poi giocherà in Argentina, a Buenos Aires, per due giorni consecutivi – 12 e 13 dicembre – contro Juan Martin Del Potro e chiuderà il tour a Bogotà, in Colombia, con un match contro Tsonga.
Per Roger si parla di un cachet di 2 milioni di euro a partita (si dice che la Sharapova per la Grande Sfida ne abbia presi 300.000), ma il problema di pubblico qui non si pone. Si annuncia il tutto esaurito in ogni impianto, in particolare a Buenos Aires, dove i 20.000 posti del “Tigre” sono stati venduti in un lampo.