L'altra faccia del tennis; si ritirano Lionel Noviski e Karen Castiblanco. Lui perché non aveva più motivazioni e ha messo su famiglia, lei perché è rimasta senza soldi. 
Lionel Noviski e Karen Castiblanco hanno detto addio al tennis giocato
  
Di Riccardo Bisti – 18 luglio 2012

 
Non esiste un modo giusto per ritirarsi. Qualcuno non ce la fa e va avanti oltre ogni limite, altri prendono l’addio come una liberazione. I più forti convocano una conferenza stampa, altri preferiscono non fare alcun annuncio. Thomas Muster ha salutato tutti nel 1999 e poi è tornato 11 anni dopo per giocare qualche challenger. “Non mi sono mai ritirato, mi sono solo preso una vacanza” ha scherzato prima di incassare una sconfitta dopo l’altra. E poi sono ritiri che non interessano a nessuno. Ma spesso ci sono storie interessanti alle spalle, le stesse che si propone di raccontare il film “The Tour” se riuscirà a trovare i fondi per essere pubblicato. A poche ore di distanza, abbiamo appreso del ritiro di due giocatori di seconda fascia. Lionel Noviski, argentino, 29 anni, best ranking al numero 329. E Karen Castiblanco, colombiana, 24 anni, mai oltre il numero 414 WTA. Storie che meritano di essere raccontate.
 
Noviski ha giocato l'ultimo torneo al Queen’s Club di Londra. In tutta la carriera, non aveva giocato un solo match sull’erba. “Mi piace l’erba, ho pensato che un torneo storico e prestigioso fosse l’ideale per chiudere”. Mentre viaggiava a Londra, gli chiedevano via Twitter: “Ma che diavolo vai a fare sull’erba?”. Qualcuno pensava che avrebbe provato le qualificazioni a Wimbledon, in realtà era un curioso modo di dire addio. Noviski è sposato con una ragazza inglese di nome Camilla, da cui ha avuto una bimba, Indiana, che oggi ha otto mesi. Non voleva ritirarsi senza che sua figlia vedesse una sua partita, anche senza saperlo. Lo stesso ragionamento di Davide Sanguinetti, che ha prolungato la sua carriera affinchè la piccola Alice si rendesse conto di avere un papà campione. Nel giorno in cui Nadal e Djokovic si sfidavano al Roland Garros, Noviski ha messo piede al Queen’s Club senza alcuna preparazione. Proveniva da Ibiza (fa la spola tra la Spagna e Londra), non si allenava da un po’ e aveva giocato l’ultimo torneo nell’aprile 2011. A Londra ha potuto giocare le qualificazioni grazie al ranking protetto. In condizioni pietose, ha battuto 6-1 6-2 il locale Jamie Whiteford. L’ultima partita l’ha giocata contro Kenny De Schepper: un 6-3 7-6 con qualche rimpianto: “Nel primo game ho avuto due palle break. Sulla prima gli hanno dato buono un rovescio che era fuori, sulla seconda ha tirato un ace”. L’argentino è rimasto a Londra fino all’ultimo, nella speranza di entrare come lucky loser. Era il terzo della lista, ma non ci sono stati ritiri. Ha pensato di andare a Eastbourne quando è arrivato il formicolio definitivo. “No, basta, non voglio più pensare come giocatore”. Noviski è stato una grande promessa: di un anno più giovane di Coria e Nalbandian, è stato tra i top 10 a livello Under 18 ma da professionista non ha mai sfondato. Mai entrato tra i top 300, ha vinto la miseria di sette partite a livello challenger. Sette come i titoli Futures. E’ andato avanti grazie ai proventi delle gare a squadre e qualche torneo non ufficiale. Come fanno in tanti. Non arrivava ai livelli di Daniel Koellerer, ma era uno che sul campo si arrabbiava spesso. La gente lo sapeva, si divertiva, e spesso andava a seguirlo. A volte mancava la motivazione, a volte il desiderio di allenarsi. “Avrei potuto fare cose migliori – racconta a Jorge Viale – ma forse non era il meglio per me. Adesso ho una bella famiglia, non ho rimpianti. Avrei potuto giocare a calcio, ma quello che ho fatto mi ha permesso di vivere tra Londra, Ibiza e Buenos Aires”. Adesso farà il manager di calciatori e tennisti e spera di formare qualche campione. Magari diventerà famoso per questo.
  
Karen Castiblanco, invece, aveva un mucchio di motivazioni e saluta tra mille rimpianti.
Qualche mese fa abbiamo parlato della sua storia. Numero 3 di Colombia, ha dovuto interrompere l’attività perché non aveva più soldi. L’ultima partita l’ha giocata a marzo, contro Yaroslava Shvedova, la stessa che qualche mese dopo avrebbe raggiunto i quarti al Roland Garros e gli ottavi a Wimbledon. Sul suo account Twitter, la Castiblanco scrisse: “Ho giocato la mia ultima partita contro la Shvedova. Adesso lei fa i quarti a Parigi, mentre io sono ferma perché non ho soldi”. Una storia triste, in cui Twitter ha un ruolo fondamentale. A fine marzo ha deciso di giocarsi le ultime carte. Ha scritto a centinaia di persone: politici, sportivi, aziende, potenziali sponsor. Chiedeva 50.000 dollari, il minimo sindacale per pagarsi una dignitosa attività internazionale e magari cercare di sfondare. La sua storia ha avuto una forte risonanza in tutto il Sudamerica. Giornali, siti web, persino alcune TV si sono occupate del suo caso. Ma a parte qualche colloquio non è successo niente. E così, dopo quattro mesi di agonia, Karen ha deciso di alzare bandiera bianca. Per comunicarlo ha scelto Twitter, l’ultimo canale che le aveva dato l’illusione della speranza. "Tristemente hago oficial mi retiro del tenis profesional. No conseguí ningún apoyo económico para continuar. Muy triste y desilucionada" ("Con grande tristezza, rendo ufficiale il mio ritiro dal tennis professionistico. Non ho trovato alcun sostegno economico per continuare. Sono molto triste e delusa"). In questi mesi ha continuato a sperare. Si è distratta giocando a calcetto con le amiche (“Forse avrei potuto cambiare sport”), e qualcuno gli ha anche proposto di posare nuda per trovare qualche soldo. Era una boutade. Oggi, da numero 471 WTA, ha deciso di lasciar perdere. La sua bacheca è piena di messaggi di commiato. Qualcuno le ha chiesto se il ritiro è solo temporaneo. Lei è sicura: “E’ definitivo. Giocherò qualche torneo a Bogotà, ma nient’altro. E’ stata una grande esperienza, che spero di poter trasmettere a qualcuno nella nuova tappa della mia vita”. Non è ancora chiaro cosa farà, forse si dedicherà all’insegnamento. Ma l’adrenalina dei tornei era un’altra cosa.