L’avversario di Berrettini è mancino solo nel tennis, fa anche il modello e viene da una famiglia supertennistica. E come Matteo si è ‘rotto’ mille volte

foto Ray Giubilo

L’avversario di Matteo Berrettini nella finale di Stoccarda a tempo perso fa il modello, ma sul campo picchia duro. Infortuni permettendo: proprio come Matteo. 

Sul futuro da top player di Jack Draper, 22 anni, un best ranking da numero 35 Atp, numero 1 inglese da lunedì prossimo comunque vada la finale, da sempre danno assicurazioni sia Andy Murray («non ha debolezze nel suo gioco») sia Tim Henman, sia il suo coach James Trotman. «Mi hanno sempre colpito diverse cose di lui – dice Trotman – il desiderio disperato di vincere, che non gli permetteva di essere sempre lucido nelle scelte e lo rendeva instabile emozionalmente, ma che gli consentiva di non mollare mai. E poi il modo di stare in campo. Era piccolo, non cresceva e così aveva sviluppato un tennis da contrattaccante. Adesso ha un fisico molto più potente (193 cm per 85 kg, ndr) e deve gestirlo». 

Jack è figlio dell’ex CEO della Federtennis inglese, tifa Manchester United, ha paura degli squali, ama il pop inglese degli anni ’90 e la cucina indiana, ma soprattutto viene da una famiglia tutta tennistica. Sua madre Nicky è stata una buona junior e anche il fratello Ben ha giocato a livello di college. Una cosa che non tutti sanno: impugna con la sinistra, ma è un destro naturale e questo lo aiuta sul lato del rovescio, specie in risposta. Il diritto è spesso carico, il servizio temibile e anche sottorete sa essere pericoloso. «Che ci crediate o no – ha raccontato tempo fa mamma Nicky, ex campionessa britannica in varie categorie giovanili – Jack ha preso in mano una racchetta per la prima volta quando aveva solo un anno. Si vedeva fin da piccolo che aveva un’incredibile coordinazione occhio-mano. Ha sempre giocato a tennis da mancino, ma scrive da destro e (a cricket, ndr) lanciava con la destra, ma ha sempre impugnato la racchetta con la mano sinistra. Spesso danno a me il merito di avergli fatto conoscere il tennis, in realtà è stata mia madre a ispirarlo: giocava a tennis per la contea dell’ Oxfordshire e del Dorset e anche mio fratello giocava ad un buon livello e ha rappresentato la Gran Bretagna, quindi il tennis era una parte importante della nostra famiglia quando ho avuto Ben e Jack. All’epoca allenavo al Sutton Tennis & Squash Club, e Jack veniva sempre a vedere, probabilmente a partire da quando aveva due anni e mezzo. Avevo iniziato a tenere corsi per bambini di tre anni e Jack si univa sempre a loro. Da bambino amava altri sport, ma il tennis è diventato molto presto il suo preferito».

Sull’erba Draper ha raggiunto la finale del torneo under 18 di Wimbledon nel 2018, quando nei quarti superò Musetti, nel torneo senior ha raggiunto al massimo il secondo turno. Non ha mai vinto un titolo Atp ma raggiunto due finali, entrambe sul cemento, a Sofia nel 2023 e quest’anno ad Adelaide. Ha 22 anni ma come Matteo ha già dovuto vedersela con diversi infortuni: anca, schiena, spalla (che gli è costata sei mesi di stop l’anno scorso), polso, addominali, legamenti della caviglia, un repertorio completo simile a quello di Berrettini che ha ritardato e spesso interrotto una scalata al ranking che poteva essere molto più rapida. «Quando sei junior pensi che il tennis sia solo cose bellissime, tipo Wimbledon e gli altri Slam», ha ammesso Jack, che come se non bastasse proprio nella transizione fra mondo giovanile e pro ha dovuto fermarsi, come tutta la sua generazione, per colpa del Covid. «Poi esci dalla categoria e ti ritrovi nel circuito pro e capisci che non è affatto così». Un impatto duro, fra avversari scafatissimi, tornei sperduti dove a guardarti «ci sono a malapena un cane e uno spettatore» e il fisico messo sotto stress da ritmi molto più esasperati. 

Dal 2018 allo scorso anno ha accumulato dodici ritiri durante il match, tanto che l’anno scorso a Indian Wells contro Alcaraz si era ribellato alla jella. «Nel primo set ho detto al mio coach: non mi ritiro un’altra volta, anche se devo servire da sotto per tre set. E’ troppo frustrante fare tanti sforzi, e poi vederli distrutti. Il tennis è uno sport brutale. Poi ovviamente ti rendi conto che non ha senso rischiare di rendere l’infortunio ancora più grave». 

Nel momento più difficile della sua giovanissima carriera, Draper ha anche pensato di lasciare il tennis per continuare gli studi. `«Odio avere la fama di ‘quello che si infortuna sempre’. Avevo un problema cronico all’anca, e ho pensato di mollare. Ho pensato a come sarebbe stata la mia vita senza il tennis, e da quel momento ho capito veramente quello che volevo e che potevo farcela. Ho faticato per rimettere a posto il fisico, e ora sono in grado di giocare ogni settimana. Ma tocco ferro nel dirlo». Non c’è collega al mondo, credo, che possa capirlo meglio di Matteo Berrettini, il suo prossimo avversario.