La rabbia di John Tomic dopo le dichiarazioni di Drouet: “Ha detto bugie al 90%. Mi pento amaramente di non averlo colpito già prima. Io lavoro nell’unico interesse dei miei figli”. 
John Tomic all'uscita dal tribunale di Madrid, dove si è svolto il processo a suo carico

Di Riccardo Bisti – 19 settembre 2013

 
“Avrei dovuto picchiarlo prima”. E’ la reazione, non proprio diplomatica, di John Tomic alla lettura delle memorie di Thomas Drouet, l’ex sparring partner del figlio a cui ha rotto il naso lo scorso maggio a Madrid. Un gesto che gli è costato otto mesi di reclusione, sospesi con la condizionale. Raggiunto da “The Age”, papà Tomic ha parlato in esclusiva con Linda Pearce, una delle firme “tennistiche” più note d’Australia. E oltre a contestare il 90% delle frasi pronunciate das Drouet, sgancia la bomba. “Ho un unico rimpianto: perché non gli ho tirato prima un pugno?”. Secondo Tomic Senior, le frasi di Droeut sono dettate dal desiderio di denaro e vendetta. Oggi come oggi, John Tomic non può entrare nelle sedi dei tornei ATP e del Grande Slam. Nonostante abbia la solidarietà del figlio, Parlando con la Pearce, ha negato le accuse più gravi rivolte da Drouet, tra cui il pugno che avrebbe rifilato al figlio durante una sessione di allenamento a Monte Carlo. Anzi, rilancia. John Tomic sostiene che il rapporto professionale con il figlio sia sano e produttivo. “E andrà avanti, a meno che mio figlio non mi chieda di farmi da parte”. In questi giorni, padre e figlio si alleneranno insieme in vista del trittico di tornei in Asia: Tomic giocherà a Bangkok, Pechino e Shanghai. Tomic non ha voluto confermare se presenterà ricorso contro la sentenza del tribunale spagnolo, ma continua a respingere le accuse: “Dovrei accettare le conseguenze della sentenza e della storia raccontata da Drouet, ma non è andata come dice lui. E’ stata una collisione”.
 
“So di non aver commesso quello di cui sono accusato, e oggi sono amaramente pentito per non avergli tirato un pugno. Quando ho visto la sua campagna contro di me e contro Bernard ho rimpianto di non avergli tirato un pugno perché se lo meriterebbe. Probabilmente mi creerebbe ancora più problemi in futuro, ma quando ho visto che ha mentito…”. Quando parte, John è un fiume in piena. “Le sue dichiarazioni sono malate e patetiche. Ha detto che non aveva lavoro e non poteva rassegnare le dimissioni…ma se non gli piaceva quella situazione, l’ambiente, che peraltro era molto buono, perché non se ne è andato? Se uno ha voglia di lavorare, può trovare posti di lavoro in tutto il mondo”. Tomic ha 49 anni e sta conducendo una battaglia a suon di testimonianze. La comunità tennistica di Gold Coast sembra confermare le tesi di Drouet, che lo etichettano come un personaggio scomodo e autoritario. Da parte sua, Tomic ha l’appoggio di alcuni amici e colleghi. Tra loro c’è Martin Clark, un medico che ha lavorato con il team Tomic per oltre un decennio, compresi due anni in giro per il mondo. Clark sostiene che John Tomic sia stato calunniato, ammettendo di aver visto soltanto un “duro amore”, ovvero un approccio schietto, senza compromessi, ma anche di totale rispetto reciproco. Da parte sua, papà John ha ammesso la veridicità di alcune dichiarazioni di Drouet, comprese le otto ore in cui lui e l’ex preparatore atletico Salvador Sosa sono stati lasciati a dormire presso l’aeroporto di New York. “Ma è stato così solo perché fisicamente non fu possibile cambiare il volo”. Al contrario, ha respinto con vigore le lamentele di Drouet sugli aspetti economici. Dice di averlo pagato 2.000 euro a settimana.
 
C’è poi stato l’episodio della pistola BB in Florida, che John avrebbe comprato per poi andare a caccia. Si affretta a smentire. “Ma è solo un oggetto di plastica, per bambini. Non sono andato in negozio quando l’hanno preso, ma comunque è solo plastica. E ovviamente non ho mai messo le mani addosso a mio figlio. Sono un padre molto orgoglioso dei miei figli e loro mi amano. Non è mai successo nulla del genere”. Tomic ha poi minimizzato il discorso sulla rottura delle racchette. Sarebbero stati, semplicemente, gesti di nervosismo di chi si sente un perfezionista. “Ci sono milioni di coach e giocatori che lo fanno. E’ vero, ma possono esserci momenti di particolare tensione. Ne avrò rotte 4-5 in tutta la mia vita e non me ne vergogno”. Scusi, signor Tomic, ma lei e suo figlio avete mai lottato? “Mai. Ma che significa lottare? Ad essere onesti, quando era un teenager e c’erano molti alti e bassi, non era facile comunicare. Non posso dire che fosse tutto perfetto al 100%, ma era tutto gestibile. Niente di serio. Non è semplice avere a che fare con un ragazzo della sua età, anche Pat Rafter ha avuto dei problemi con lui”. Quando la Pearce gli ha chiesto perché non si limita a fare il padre e a lasciare a qualcun altro il ruolo di coach, ha detto: “Il giorno che Bernard prenderà questa decsione, mi siederò insieme a lui e farò quello che vorrà. Se mi dirà: ‘John, puoi restare’, io resterò per sempre. Ho sempre lavorato nell’interesse dei miei figli e lo farò per sempre. Ma la gente che mette in mezzo altre storie è soltanto spazzatura. Parleremo con Bernard e decideremo quello che sarà meglio per la sua carriera”.