L’americano, la cui squalifica è stata ridotta, compare nei documenti di una clinica che avrebbe somministrato sostanze dopanti. Lui nega. Passaporto biologico: rinvio. 
Il documento in possesso del Miami New Times in cui viene citato Wayne Odesnik
 
Di Riccardo Bisti – 26 febbraio 2013

 
Uno dei più grandi misteri degli ultimi anni riguarda Wayne Odesnik, tennista americano squalificato tre anni fa per violato le norme antidoping. Riavvolgiamo il nastro. Nel gennaio 2010, Odesnik è stato trovato in possesso di alcune fiale di ormone della crescita (HGH) dalla polizia australiana presso l’aeroporto di Brisbane. Dichiarò che le possedeva per utilizzo medico e aveva un’esenzione medica, ma non fu in grado di provare le sue dichiarazioni. Un paio di mesi dopo, la vicenda divenne di dominio pubblico e Odesnik fu preso di mira dai colleghi. Durante la semifinale di Houston, Sam Querrey lo trattò con disprezzo mentre discuteva con l’arbitro su una palla contestata. “Stai zitto tu, il tuo parere non ci interessa” gli disse. Resosi conto dell’aria che tirava, Odesnik si auto-sospese in attesa di sentenza. La condanna fu esemplare: due anni, perchè il codice antidoping punisce in egual misura sia l’utilizzo che il possesso delle sostanze dopanti. Qualche mese dopo, una piccola agenzia passò quasi inosservata tra gli addetti ai lavori. La sospensione di Odesnik fu ridotta da due a un anno, in virtù di una “sostanziale assistenza” fornita dall’americano alle autorità antidoping. Da allora sono passati due anni, ma nessuno ha ancora capito quale fosse la “sostanziale assistenza” fornita da Odesnik. Da quando è tornato a giocare, non sono emersi particolari scandali doping (a parte l’infinito ed eterno sottobosco delle illazioni). I protagonisti non parlano, ma ci si continua a domandare come mai sia tornato a giocare con un anno d’anticipo.
 
Nelle scorse settimane, mentre il dibattito tennistico si focalizzava sul passaporto biologico e sull’auspicabile aumento dei test sul sangue (quelli che consentono di individuare l’ormone della crescita), è emersa una notizia interessante. A quanto pare, anche gli Stati Uniti avevano il loro Fuentes o il loro Del Moral. Si tratta di un 49enne di nome Anthony Bosch, che in passato ha gestito una clinica in Florida, a Miami, in cui avrebbe somministrato sostanze dopanti a diversi sportivi. Tra loro, soprattutto giocatori della Major League di Baseball, tra cui due volti noti come Alex Rodriguez e Melky Cabrera. Secondo i documenti scoperti dal Miami New Times, tra i clienti di Bosch c’era anche Wayne Odesnik. Il tennista compare sotto il titolo “tennis” in cinque liste di clienti, scritte a mano. Secondo il documento, Odesnik avrebbe versato 500 dollari al mese alla clinica. E’ legittimo domandarsi se il “sostanziale aiuto” di Odesnik fosse la citazione della clinica di Bosch. Appena è uscito il nome del figlio, la madre di Odesnik ha scritto ad Associated Press: “La notizia sulla relazione tra Wayne e Mr. Bosch è completamente falsa. Mio figlio ha già contattato il reporter e il manager per una smentita”. Poche ore dopo, ha parlato il diretto interessato: “Non conosco Tony Bosch (perchè chiamarlo Tony e non Anthony? Ndr), non ho mai avuto rapporti con lui, non sono mai stato nel suo ufficio e non so perchè il mio nome sia stato collegato al suo. Dire che io sono stato un cliente di questa persona è totalmente e assolutamente falso. La mia sospensione per doping è una storia vecchia, non la voglio certo negare. Ma tutto il resto non è vero. Quando c’è stato il mio caso, ho fornito all’ITF la lista di tutti i miei medici e Bosch non era tra loro. Non sono mai stato suo paziente o cliente, e adesso il mio nome è stato infangato per questa storia”.
 
Quando la vicenda è diventata di dominio pubblico, Odesnik ha chiesto una copia delle informazioni che proverebbero il suo coinvolgimento. “Mi hanno inviato un pezzo di carta in cui c’era scritto il mio nome e un mucchio di altre cose. Tutto qui. Non si parlava di pagamenti o cosse del genere. C’era soltanto il nome “Wayne Odesnik” su un foglio di carta”. Ci si potrebbe domandare quale fosse il “mucchio di altre cose” scritte nel foglio pervenuto a Odesnik. Forse i nomi di altri tennisti? “Le copie che sono state mostrato non mostrano alcun importo pagato al signor Bosch o alla sua clinica. Sono accuse totalmente false – continua Odesnik – non ho mai pagato un soldo, nè tantomeno un canone mensile, al signor Bosch. Non ho mai acquistato ormone della crescita o altre sostanze illegali da chicchessia, signor Bosch compreso”. Peccato che qualche anno fa, Odesnik avesse ammesso di aver acquistato l’HGH via internet. Il Miami New Times ha poi pubblicato alcune copie dei documenti di cui è venuto in possesso. Il nome di Odesnik compare in fogli relativi al triennio 2009-2011. Sarebbe dunque stato cliente della clinica anche nel periodo in cui era squalificato.
 
Qursta storia dai mille punti oscuri ha una grande utilità: fa capire, ancora una volta, quanto i controlli antidoping siano fallaci. Odesnik non è mai risultato positivo a un controllo antidoping. Attualmente, il doping è ancora molto avanti all’antidoping ed è facile eludere i controlli. La stessa vicenda di Odesnik è esplosa per una totale casualità (un banale controllo doganale). Alla luce di questo, un buon passo avanti sarebbe l’istituzione del passaporto biologico, di cui si è molto parlato nelle scorse settimane. Non serve a scoprire direttamente il doping, ma è utile per tenere sotto controllo le variazioni dell’organismo. In altre parole, fa capire se c’è qualcosa che non quadra. Da questo fronte, tuttavia, arrivano brutte notizie: in questi giorni ha parlato Francesco Ricci Bitti, presidente ITF. Il varo del passaporto biologico era inizialmente previsto per il Masters 1000 di Miami, ma è stato rinviato. “Dobbiamo mettere a posto ancora alcune cose – ha detto Ricci Bitti – non so se saremo pronti in tempo per Miami”. Tuttavia, il prossimo mese dovrebbe essere stabilita una data per il varo definitivo del progetto: “Il passaporto biologico è strettamente correlato a una crescita degli esami sul sangue” ha continuato Ricci Bitti, che la scorsa settimana aveva pesantemente criticato la WADA per l’atteggiamento fortemente critico verso le istituzioni sportive. A Ricci Bitti non sono andate giù le critiche indirizzate all’UCI (l’Unione Ciclistica Internazionale) per la vicenda di Lance Armstrong. “Potremmo fare di più, ma abbiamo bisogno dell’aiuto delle istituzioni. Stiamo facendo più di tanti governi, ma ci criticano perchè attaccare lo sport è più facile. I test antidoping costano un sacco di soldi, e servono soldi anche per sviluppare lo sport. Ci vuole più attenzione dai governi, che però non stanno facendo quello che ci si aspettava”. Il prossimo mese di novembre, a Johannesburg, si terrà la conferenza mondiale contro il doping. Nel frattempo Odesnik è numero 155 ATP e si è qualificato per il torneo di Acapulco…