Ripercorriamo le giustificazioni più “colorite” usate dai tennisti per giustificare la positività ai test antidoping. Dalle gravidanze interrotte ai baci alla cocaina, ce n’è per tutti i gusti.
Sesil Karatantcheva ai tempi della squalifica per doping
Di Riccardo Bisti – 1 marzo 2012
Pur senza essere travolto da una bufera-doping come il ciclismo, anche il tennis ha avuto le sue grane. Lasciando perdere Andre Agassi, risultato positivo nel 1997 alle metanfetamine e clamorosamente coperto dall’ATP, il caso più eclatante riguarda l’argentino Mariano Puerta, “beccato” quando era trai primi 10 al mondo nell’anno in cui aveva fatto finale al Roland Garros. Era già stato squalificato, gli diedero otto anni poi ridotti a due. Fece in tempo a tornare a giocare ma non si avvicinò più ai top 100. Sono poi finiti nell’occhio dell’antidoping altri giocatori di buon livello, ma nessun “pesce” veramente grosso. Richard Gasquet, Sesil Karatantcheva, una Martina Hingis a fine carriera, persino Korda e Wilander…ma mai nessuno che giustificasse le prime pagine dei giornali. Per il resto, tanti giocatori di secondo (o terzo) piano. Se diamo un’occhiata ai giocatori attualmente sospesi, troviamo i nomi di quattro carneadi: il serbo Dejan Katic (2 anni di squalifica, potrà tornare a luglio), l’iraniano Mohammes Mohazebnia (pronto a rientrare il 14 giugno), l’americano Ryan Newport e l’azzurro Gianluca Mager, il cui stop è stato imposto dal CONI per essere risultato positivo a un test durante lo scorso challenger di Genova. Nel 2010, sono stati effettuati 2075 test antidoping, di cui 1846 durante i tornei e 229 “fuori”, di cui appena 10 sul sangue. Il tennis si è uniformato alle norme WADA, causando il malumore di diversi giocatori perché devono essere reperibili almeno un’ora al giorno per 365 giorni l’anno. Dando un’occhiata alle statistiche, tuttavia, non sembra che i test siano così pressanti, e soprattutto si svolgono quasi sempre durante le competizioni. In attesa dei dati sul 2011, va detto che i controlli sono leggermente calati nel 2010 rispetto all’anno prima, quando ne furono effettuati 2126, peraltro indicando i giocatori testati. Dal 2010, per un discorso di privacy, non sono più resi pubblici i nomi dei giocatori testati.
Ciò che stupisce (e preoccupa) è l’atteggiamento dei tennisti “beccati”. Nessuno ha mai ammesso apertamente di essersi dopato. Agassi ha ammesso di aver scritto una lettera piena di menzogne all’ATP, ma ha chiaramente detto che la sua positività era frutto di una serata di “sballo” in un momento di depressione. Allora vale la pena riportare le 10 motivazioni più “curiose” addotte dai giocatori finiti nella trappola dell’antidoping. Alcune giustificazioni, francamente, fanno sorridere. Buona lettura.
SESIL KARATANTCHEVA: “Ero incinta”
A 15 anni di età, aveva raggiunto i quarti al Roland Garros. A 16 anni, positiva al nandrolone, disse che la sostanza era stata prodotta naturalmente dal suo corpo a seguito di una gravidanza interrotta. Non le hanno creduto e l’hanno squalificata per due anni. Quando è tornata (e ha scelto di giocare per il Kazakistan), USA Today le ha chiesto se la gravidanza interrotta fosse ancora la sua spiegazione. Lei ha risposto di si. “Ho avuto una pubertà difficile, davvero”.
MARIANO HOOD e la perdita dei capelli
Il tribunale ha accettato la versione dell’argentino, il quale sosteneva che la sostanza proibita fosse in un prodotto per prevenire la perdita dei capelli. La Finasteride, tuttavia, è nella lista delle sostanze vietate perché è considerata un agente mascherante. Per questo è arrivata ugualmente la squalifica di un anno. Hood, ormai a fine carriera, lasciò perdere e si ritirò.
MARTINA HINGIS: “Cocaina? Ma quando mai!”
A Wimbledon 2007, nel corpo della ex numero 1 del mondo furono trovati 42 nanogrammi di cocaina. Lei ha sempre detto di essere estranea alla vicenda: qualche tempo dopo si sottopose a un test del capello che dimostrò che non c’erano tracce di cocaina nei 90 giorni successivi al torneo. Ma c’è un piccolo dettaglio: e durante? Martina non ci sta: “Non ho mai preso cocaina, mai, nemmeno come prodotto ‘ricreativo’”.
ANDRE AGASSI e la bevanda contaminata
Il Crystal Meth è uno stimolante più adatto al sottoproletariato americano che a un grande campione come Andre Agassi. Il suo assistente di allora, un certo “Slim”, gli disse che la polvere sul tavolino lo avrebbe fatto sentire come Superman. Dopo aver sniffato, Agassi si è sentito strapieno di energie e ha pulito da cima a fondo la sua casa. Tempo dopo, risultò positivo e scrisse una lettera dicendo di aver preso il Crystal Meth sorseggiando una bevanda che era stata “arricchita” dal suo assistente. L’ATP ha accettato la sua versione dei fatti e ha insabbiato la vicenda senza comminargli alcuna squalifica.
RICHARD GASQUET e il bacio alla cocaina
In un locale notturno di Miami, Gasquet avrebbe conosciuto una ragazza di nome Pamela. Una serata di baci alla francese avrebbero poi causato la sua positività alla cocaina. Il CAS di Losanna ha accettato la sua versione dei fatti. Ufficialmente, Gasquet ha ingerito involontariamente la cocaina baciando la ragazza in un ristorante, in un bar e in uno strip club. “Penso che avessi più chance di fare il Grande Slam che di risultare positivo alla cocaina. E’ stato un periodo terribile” ha poi ricordato Gasquet.
WAYNE ODESNIK e la farmacia ambulante
L’americano non è mai risultato positivo a un test antidoping, ma il personale dell’aeroporto di Brisbane ha trovato nella sua valigia diverse fiale di ormone della crescita. Le sue scuse non hanno retto, ed è stato squalificato per due anni. Poi però gli hanno ridotto la sanzione perché ha fornito “una sostanziale assistenza in relazione alle norme professionali e di condotta”. Non si è mai capito bene cosa significasse questa riduzione: intanto ha ripreso a giocare ed è già a ridosso dei primi 100.
MARIANO PUERTA: “Era un medicinale per mia moglie, l’ho preso per sbaglio”
Nel 2003 lo avevano squalificato per due anni, poi ridotti a 9 mesi, per il clembuterolo. Nel 2005 risultò positivo all’etilefrina proprio durante il Roland Garros. Gli diedero otto anni, la più lunga squalifica mai comminata a un tennista. La sanzione venne poi ridotta a due perché il CAS di Losanna ha creduto alla sua versione dei fatti: Puerta avrebbe inavvertitamente bevuto da un bicchiere precedentemente usato dalla moglie, che in quel periodo stava prendendo un farmaco contenente la sostanza illecita.
ROBERT KENDRICK e il jet-lag
Il jet-lag è un nemico per ogni tennista. Robert Kendrick voleva qualcosa che lo aiutasse a dormire. L’ITF ha accettato la sua versione dei fatti (“La sostanza si trovava in un prodotto per combattere il jet-lag, non volevo certo migliorare le mie prestazioni”), ma lo ha ugualmente squalificato perché il giocatore è responsabile di qualsiasi sostanza entri nel suo corpo, e deve evitare di assumere qualsiasi prodotto proibito.
GREG RUSEDSKI e gli integratori contaminati
L’anglocanadese fu scagionato dopo che il tribunale ha accertato che il nandrolone trovato nel suo corpo si trovava proprio negli integratori (contaminati) consegnati dall’ATP. “E’ stato molto doloroso essere considerato un imbroglione, soprattutto quando non hai fatto niente di male” disse Rusedski.
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