Ce l'aveva scritto in un braccialetto: “Don't stop fighting”. In questi giorni, Denis Shapovalov non lo sta indossando. Ma lo spirito gli è rimasto, come se ormai fosse parte di lui. Nella sua incredibile corsa alla Rogers Cup di Montreal, il baby canadese non ha mai smesso di lottare, neanche per un minuto. La sua tenacia, ancor più di un tennis che fa strabuzzare gli occhi ai puristi della tecnica, gli ha permesso di centrare un'incredibile semifinale che lo farà salire – come minimo – al numero 67 ATP, traguardo insperato qualche giorno fa, quando ha cancellato quattro matchpoint a Rogerio Dutra Silva dopo essere stato ammesso in tabellone con una wild card. Poi è entrato “in the zone” e ha battuto prima Del Potro e poi Nadal. Non poteva rovinare la favola contro l'ostico Adrian Mannarino, n.42 ATP. Non l'ha rovinata, sia pure perdendo (male) il primo set. Sarà stata fatica, o forse le improvvise aspettative di un paese, il Canada, che vede in lui il potenziale erede di Wayne Gretzky come personaggio da elevare a icona. Nei primi 20 minuti non ha messo una palla in campo. Gli ululati di delusione dell'Uniprix Stadium sembravano un dazio da pagare per il delirio della sera prima. Ma certe qualità o le hai o non le hai. Pochi giorni dopo lo sfogo di Eugenie Bouchard, che si è verbalmente arresa alle pressioni dei connazionali, il 18enne di Richmond Hill si è caricato sulle spalle tutto quello che gli hanno buttato addosso, e ha tenuto la scena con il piglio dello showman. Perché non solo gioca benissimo, ma le sue manifestazioni di entusiasmo dopo un aver vinto un punto importante trasudano energia e passione.
I MERITI DI MAMMA TESSA
Shapovalov possiede una gestualità che ricorda il primo Nadal. Autoincitamenti, saltelli, grida, coinvolgimento del pubblico…e i canadesi non si sono fatti pregare. E' venuto fuori il 2-6 6-3 6-4 che lo proietta in una semifinale tutta “Next Gen” contro Alexander Zverev, che nell'ultimo match di giornata ha domato Kevin Anderson. Con 18 anni e 4 mesi di età, era già il più giovane ad aver raggiunto i quarti in un Masters 1000 da quando sono stati istituiti, nel 1990. Aveva 18 anni un certo Bjorn Borg, nel 1974, quando si era spinto così avanti al Canadian Open. Che il match contro Mannarino fosse complicato, beh, era prevedibile. Le ultime 24 ore erano state folli: un piccolo contraccolpo era inevitabile. Ma quando ha brekkato per il 4-2 nel secondo, aiutato da un doppio fallo del francese, ha riacceso la miccia che covava sotto i seggiolini del pubblico. Montreal ha ripreso a essere una polveriera e Denis è stato protagonista assoluto nel terzo set, relegando Mannarino al ruolo di comparsa. Per quanto il punteggio sia stato in equilibrio fino al 4-4 (peraltro con uno scambio di break in avvio), non si è mai avuta la sensazione che il canadese potesse perdere. Contro Rafa era il contrario, ma aveva vinto lui. Stavolta non ha fallito: nell'ottavo gioco ha tirato il colpo più bello della partita, un passantino di rovescio quasi spalle alla rete, poi ha pescato il break risolutore e ha chiuso con un servizio al corpo. Per quello che si sa di lui, Shapovalov è un tipo abbastanza cerebrale: anni fa, scrisse una lettera al capitano di una rappresentativa giovanile dopo una gara a squadre, per ringraziarlo delle emozioni vissute. E allora è possibile che abbia rivissuto tante immagini del passato, non soltanto la pallata ad Arnaud Gabas che aveva rischiato di tranciare una carriera in rampa di lancio. L'episodio passerà alla storia, ma Denis lo sta seppellendo nel modo migliore: a suon di risultati. Il merito di un tennis così estetico, quasi anacronistico, è merito di Tessa Shapovalova, ex ragazza sovietica che si è spostata a Tel Aviv con il marito Viktor ai tempi dello sgretolamento dell'URSS. In Israele sono nati Evgeny (nel 1996) e Denis (nel 1999), “ma poi ci siamo resi conto che Israele era una paese pericoloso, dunque siamo andati in Canada”. Non conoscevano nessuno, nemmeno la lingua, ma il tennis propone un linguaggio universale che le ha permesso di trovare lavoro come maestra presso il Richmond Hill Tennis Club.
FEDERER NEL DESTINO…E MAGARI IN FINALE?
E' lì che Denis ha iniziato a giocare, ed è lì che la madre non ha messo catene al suo istinto. Si presentava a rete ogni tre palle, e i suoi coetanei lo beffavano con il pallonetto. “Non ti preoccupare, crescerai” gli diceva. Maestri più esperti le dicevano che assecondare il suo istinto sarebbe stato pericoloso, al giorno d'oggi. Lei non ha mai dubitato della scelta e l'ha mostrata a tutto il mondo quando il figlio aveva otto anni, mettendo online un filmato con la speranza di trovare qualche sponsor. Qualcuno l'ha notato, al punto da fargli fare qualche stage con Tennis Canada. “Ma adottavano un programma collettivo, mentre pensavo che lui avesse bisogno di qualcosa di più specifico” racconta la madre, che dunque lo ha riportato da sé quando aveva 11 anni. Ma Richmond Hill stava ormai stretta agli Shapovalov, così la scelta di aprire un'accademia tutta sua, la “Tessa Tennis” a Vaughan, sobborgo settentrionale di Toronto. Lì poteva stare in campo anche tutto il giorno, specie da quando ha iniziato a studiare a distanza. A un certo punto, la madre ha capito di dover scindere il ruolo di mamma da quello di allenatrice, così si è defilata. Per quattro anni, all'angolo di Denis c'è stato Adriano Fuorivia, coach d'esperienza (e di origine calabrese) che però non aveva background a livello internazionale. E così, sul finire dell'anno scorso, si sono resi conto che il suo ciclo si era esaurito. Adesso, al suo fianco, c'è il capitano di Davis Martin Laurendeau. Lo ha protetto ai tempi dell'incidente di Ottawa, adesso sta provando a gestire nel modo giusto un talento sconfinato, che non annoia mai. Perché Shapovalov può estrarre una gran giocata su qualsiasi colpo. Il suo tennis è imprevedibile e coraggioso. E' impossibile annoiarsi, un po' come quando si guarda Federer. Già, quel Federer che quando era piccolo non gli firmò un autografo. Mica per cattiveria: prima di un allenamento, a Toronto, era stato attorniato di ragazzini. Ne aveva accontentati un po', ma poi il campo lo chiamava. E così ha smesso di firmare proprio quando era il turno di Denis. Lui si mise a piangere, oggi ci ride sopra. Tre anni fa gli ha fatto da sparring, sempre a Toronto, mentre domenica potrebbe – udite udite – affrontarlo in una finale. Tra qualche anno ricorderemo questa settimana come la deflagrazione di una stella. Oggi, tuttavia, ha le dolci sembianze di una favola.
ATP MASTERS 1000 MONTREAL – Quarti di Finale
Denis Shapovalov (CAN) b. Adrian Mannarino (FRA) 2-6 6-3 6-4
Alexander Zverev (GER) b. Kevin Anderson (SAF) 7-5 6-4
Robin Haase (NED) b. Diego Schwartzman (ARG) 4-6 6-3 6-3
Roger Federer (SUI) b. Roberto Bautista Agut (SPA) 6-4 6-4