AUSTRALIAN OPEN – Favola Cibulkova: spazza via la Radwanska e vola in finale. Come la Errani, pure lei gode di una racchetta più potente. E a Bratislava sognano come nel 1988.. 
La gioia incontenibile di Dominika Cibulkova

Di Riccardo Bisti – 23 gennaio 2014

 
Ci piace pensare che la grande impresa di Dominika Cibulkova abbia preso forma un paio d’anni fa, mentre osservava Sara Errani cogliere una storica finale al Roland Garros. L’azzurra è la giocatrice che più di tutte la ricorda. Fatica a generare potenza, ed è piccolina (164 centimetri contri 161 di Dominika). Sono entrambe talentuose, per carità, ma il braccio di Justine Henin era un’altra cosa. Però, chissà, guardando la Errani si sarà convinta che poteva riuscirci anche lei. In fondo la grinta non le è mai mancata. E, come Sara, ha trovato la sua "Excalibur", una racchetta più efficace per chi ha bisogno di potenza. La Cibulkova ha adottato un nuovo telaio Dunlop (la M 4.0), che ha dato maggior potenza e pesantezza ai suoi colpi. Sprigiona voglia di vincere da tutti i pori, magari non accende la fantasia dei guardoni perchè non incarna lo stereotipo di bellezza dell’est, però è una finalista più che meritata. Dal primo turno contro la Schiavone, è diventata un rullo compressore, perdendo l’unico set contro Maria Sharapova. E adesso, nell’anno in cui dovrebbe sposarsi, giocherà la sua prima finale Slam. Non ci credeva nessuno, probabilmente neanche lei. Nemmeno quando era piccola e cresceva (per modo di dire…) nella sua amata Slovacchia. Si era preparata a una dura battaglia, invece le sono bastati 70 minuti per schiantare il fantasma di Agnieszka Radwanska, autrice del peggior match in carriera. Una finale contro Na Li, dopo aver steso la Azarenka, sembrava una chance irripetibile. Ma non aveva fatto i conti con la grinta di “cipolletta”, vincitrice 6-1 6-2 in un match che è durato lo spazio di quattro game. Fino al 3-1, la Radwanska ha provato a fare partita, poi si è sciolta come neve al sole. E' una frase fatta, ma bastava guardarla. Vestita di bianco, neanche troppo abbronzata, si è liquefatta sul plexicushion.
 
In meno di un’ora, la Cibulkova è salita sul 6-1 4-0, aggiudicandosi tutti i punti importanti. Leggi il punteggio e pensi che sia stata una sparatoria. In realtà, le due hanno avuto lo stesso numero di palle break: nove. Con la differenza che “Domi” ne ha trasformate sei, mentre la Radwanska una soltanto, peraltro a match compromesso. E così, dopo l’ennesimo errore (alla fine saranno 24), la Cibulkova si è sdraiata per terra, muovendo le gambe come una tarantolata, una bambina a cui hanno appena regalato una bella bambola. Esultanza forse eccessiva, ma bisogna capirla. Quasi 25 anni di fatiche vissuti in un attimo, e il dolce sapore della vendetta, di aver lavato via il 6-0 6-0 della finale di Sydney 2013. A saperlo oggi, avrebbe vissuto molto meglio quello che all’epoca fu un piccolo dramma. Nel match più importante, invece, è stata perfetta. “Non mi aspettavo di vincere così facilmente – ha detto – ero pronta a un match duro, lei è una giocatrice fantastica. Avevo studiato un piano tattico molto aggressivo. Dovevo rischiare molto e continuare a farlo anche se sarebbe arrivato qualche errore”. Doveva tenere vivo il match contro una giocatrice che ama addormentare le partite, come fosse un serpente a sonagli. Ma stavolta “Aga” si è auto-avvelenata, restando senza energie. Come se la sfida contro la Azarenka l’abbia completamente svuotata. Nel secondo set ha avuto una mini-reazione, salendo da 0-4 a 2-4. “Avevo un mucchio di pensieri per la testa – ha confessato la Cibulkova – ho cercato solo di restare concentrata sul mio gioco. E’ stato molto importante tenere il servizio sul 4-2”.
 
A prescindere dall’esito della finale, non sappiamo se Dominika sia una giocatrice tutta nuova, oppure se questo torneo resterà il picco della sua carriera. A naso, la seconda ipotesi sembra più probabile. Tuttavia può provare a giocarsela contro Na Li, e di certo non avrà paura dei precedenti. Se ha ribaltato la Radwanska, nulla può spaventarla. Chissà cosa avrà pensato Daniela Hantuchova, sua più illustre connazionale (lei si, che rispetta i canoni estetici sopra citati), che sei anni fa si divorò la chance di giocare la finale a Melbourne. Contro Ana Ivanovic, bruciò un vantaggio di 6-0 2-0. Non avrebbe più avuto occasioni. E chissà cosa ha pensato Dominik Hrbaty, l’uomo che ha portato la Slovacchia tennistica a un passo dalla gloria, sotto forma di successo in Coppa Davis. In 20 anni di indipendenza, il tennis slovacco ha già vissuto grosse emozioni. Ma è sempre mancato l’acuto, quel risultato che mandasse in visibilio l’intera nazione. Hanno vissuto qualcosa del genere soltanto 25 anni fa, quando Miloslav Mecir vinse l’oro olimpico a Seul. Nella mattina del 30 settembre 1988, gli operai tardarono ad andare a lavorare perchè volevano assistere all’impresa di Gattone. E alle 6.50 poterono alzare le braccia al cielo. Ma allora si parlava ancora di Cecoslovacchia. Il godimento vero, dalle parti di Bratislava, non ce l’hanno mai avuto. Quasi senza aspettarselo, adesso hanno un’altra chance, alta appena 161 centimetri. Ma non si dice che il vino buono sia nella botti piccole?
 
AUSTRALIAN OPEN 2014 – SEMIFINALI FEMMINILI
Na Li (CHN) b. Eugenie Bouchard (CAN) 6-2 6-4
Dominika Cibulkova (SVK) b. Agnieszka Radwanska (POL) 6-1 6-2