Mentre il recupero di Nole Djokovic dopo l’operazione al menisco procede, arriva anche la consulenza del collega americano, che in passato aveva subito una sorte simile

foto Ray Giubilo

Giocare o non giocare a Wimbledon? Rischiare sull’erba per difendere la finale dello scorso anno e attaccare il record di 8 centri a Church Road di Federer, o risparmiarsi in vista delle Olimpiadi visto che il ginocchio operato dopo il ritiro in corso d’opera prima dei quarti a Parigi ancora non è del tutto recuperato?
Un amletico Novak Djokovic atterra domani a Londra – lo sostiene la BBC – con ancora la testa piena di dubbi. L’intervento al menisco risale a meno di tre settimane fa, e quando Nole ha deciso di affidarsi al chirurgo pareva scontato che si fosse messo l’anima in pace per i Championships. «E’ improbabile che possa essere al 100 per cento nel giro delle prossime tre settimane», aveva dichiarato il professor Antoine Gerometta, il chirurgo che lo ha operato alla Clinique du Sport, aggiungendo però che nel caso dei fuoriclasse di tutti gli sport nulla è sicuro, niente può essere escluso. Il Djoker poi è l’uomo delle sfide impossibili, il campione che non molla mai, quindi bisognerà pazientare ancora qualche giorno, il tempo dei primi allenamenti sui praticelli inglesi, per capire se riuscirà a stupirci anche stavolta.

Intanto il numero 2 del mondo ha già ripreso ad allenarsi, come documentato dai suoi profili social, e si è rivolto per un… consulto al collega Taylor Fritz, che tre anni fa se ne andò in sedia a rotelle da Parigi ma dopo un intervento analogo si presentò regolarmente a Church Road. «Gli ho raccontato come ha funzionato per me, ha spiegato al Queen’s l’americano. «Dipende soprattutto dall’infiammazione e da come si reagisce. Ciascuno è diverso. Si riacquista in fretta la maggior parte della forza, quindi è più l’infiammazione che conta. Se si riesce a ridurla e a iniziare a giocare senza che si gonfi di nuovo, si può giocare».