Nonostante gli 87 titoli e i 14 anni che li separano, le somiglianze tra Djokovic e Sinner sono molte più di quanto ci si aspetterebbe
Sono alti 6 piedi cadauno e ambedue pesano 170 libbre. Amano entrambi il tennis e nell’anno in corso hanno fatto tanto bene da guadagnarsi un posto nel torneo dei campioni. E se il più attempato si è costruito la corteccia sfuggendo alle bombe su Belgrado, il più giovane ha fatto altrettanto inseguendo gli studi con ciaspole ai piedi e facendosi largo tra le nevi Alto Atesine.
Le analogie finirebbero qui giacché se Novak Djokovic ha messo insieme 36 primavere con un bulbo più scuro della pece, Jannik Sinner, beato lui, è ancora a quota 22 portate con una fiera criniera color del rame. A renderli diversi ci sarebbero anche i 97 titoli del serbo contro i 10 del nostro portabandiera e a dirla tutta peserebbero anche 24 slam vinti su ogni superficie. Ventiquattro macigni che da soli scoraggerebbero chiunque dal mettersi contro. Ma Jannik Sinner è un coraggioso e nella sua ancor breve carriera ha mostrato a tutti di poter competere da numero uno.
Guardando al gioco dei due, penso di non andare lontano se dico che l’emulazione ha fatto il suo corso spingendo l’italiano a riflettersi molto nel tennis del serbo. Tanto da assumerne simile gestualità e stessa visione di gioco. Ambedue prediligono la pressione da dietro e sia l’uno che l’altro fanno un uso perfetto della smorzata nonché di un eccellente controtempo per aprire la via della rete. Qualche diversità potrebbe affiorare da servizio e risposta ma non così tanto da determinare vittoria o sconfitta. Tornano in ballo invece la gestione dei punti di cui il serbo è maestro e l’uso di quelle pause che ad alti livelli fanno la differenza nel controllo emotivo.
Fin qui le ipotesi, ma conoscendo il tennis sappiamo di essere tutti a rischio figuraccia. Tutto fa pensare, invece, che, conoscendo i soggetti, quanto ne verrà fuori sarà uno scontro tra gente tosta, un confronto a mezza via tra il presente e futuro.