I tanti infortuni che ormai da anni colpiscono il circuito non hanno una natura esclusivamente fisica. La componente psicologica interviene pesantemente, come ci ha mostrato Alcaraz nella partita con Djokovic a Parigi. Per Nole, invece, il discorso è diverso…
Si parla tanto di infortuni, ed è giusto, ma l’episodio che a me interessa di più, anche se ormai un po’ datato, è quello che riguarda il match fra Alcaraz e Djokovic a Parigi. Carlos è il nuovo, il futuro che arriva, in teoria dovrebbe essere il più «libero» di testa. Invece è stata proprio la testa a condizionarlo. Certo, qualcosa potrebbe essere stato sbagliato dal team nell’alimentazione, nei tempi (e mi sembrerebbe strano), ma il fattore scatenante è stata la tensione, perché il problema è stato concentrato in alcuni game. A tratti, e almeno per un set, lui e Nole hanno giocato un tennis incredibile, che non avevo mai visto produrre né da Nadal né da Federer contro Djokovic: un tennista in grado di esprimersi a quei livelli dovrebbe essere tranquillo, invece ha pagato la pressione di ‘dover’ vincere per forza.
In realtà all’interno dell’argomento infortuni i temi sono due. Il tennis ormai è cambiato, di conseguenza gli atleti vanno gestiti in modo diverso, questo lo abbiamo capito. I tennisti molto più esposti mediaticamente, hanno più pressioni addosso e meno possibilità di recuperare perché giocano tutto l’anno. Sono due situazioni molto collegate. In futuro bisognerà gestire diversamente anche i periodi di infortunio, altrimenti molti rischieranno di bruciarsi in fretta. Oggi fin da giovanissimi i tennisti sono appetibili per molti sponsor, si ritrovano con mille impegni contrattuali; e lo capisco, perché la visibilità è importante. Attenti però ai tempi di costruzione di un atleta, alla sua esigenza di vivere una vita normale, con spazi che è sempre più difficile ritagliarsi in una stagione che finisce quasi a dicembre e riprende a gennaio.
Ben vengano dunque nuovi mercati e opportunità, ma con giudizio e rispetto della tradizione. Aspettiamoci molti alti e bassi da parte dei giovani campioni. Un problema, questo, che Djokovic non ha. Non è giovane, Novak, ormai sa come relazionarsi con il pubblico e tutto ciò che è attorno al campo. Ha vissuto tanti successi, non deve dimostrare più nulla a nessuno, quindi può concentrarsi su quello che interessa a lui. Alcuni tornei li vive come preparazione agli Slam, i suoi veri obiettivi. La sua vera paura è di trovarsi a corto di motivazioni. A Parigi ha vinto il 23esimo Slam, poi si è concentrato su Wimbledon, dove però è stato stoppato nel suo sogno di eguagliare gli 8 titoli di Federer da un Alcaraz strepitoso, che si è preso la rivincita.
Tuttavia, il problema di Novak non sono gli altri, ma se stesso: finché ha il fuoco, è il numero uno.
Le situazioni più complicate da affrontare sono quelle che non ti aspetti, magari il giorno prima di giocare dormi male e non puoi rendere al massimo. Djokovic però è di gran lunga quello che conosce meglio tutti i meccanismi del tennis, sin nei minimi dettagli. Quindi è meno facile che a lui capitino quegli imprevisti che possono disturbare gli altri. Giovani e non giovani che siano.